Ero reduce dalla lettura di “L’invenzione di noi due”, dello stesso autore, la cui scrittura delicata e tenue mi aveva colpito favorevolmente, pertanto alla prima occasione ho voluto approfondire con una lettura diversa ma della medesima penna.
Confesso si sia trattato, a mio parere, di una lettura faticosa, pur se sviluppata su relativamente poche pagine, pur se scritta benissimo e con la consueta grazia che caratterizza Bussola; si tratta di un libro sulla fragilità adolescenziale, fotografata in un periodo devastante quale quello del post Covid, quindi assolutamente attuale, periodo in cui se le persone dal carattere più forte sono state mosse da sentimenti di rabbia quelle più deboli ne sono uscite con le ossa rotte.
Queste pagine fotografano la psiche di un gruppo di ragazzi, affetti da disturbi alimentari e da incapacità di relazionarsi a causa della mancata gestione della rabbia, il tutto condito dalla necessaria presenza dei genitori, anch’essi sperduti tra atteggiamenti di negazione e problemi familiari, tra cui spesso l’incapacità di dialogare con il propri coniuge, specie alla luce del problema sul quale è centrato l’argomento della narrazione.
La voce narrante è quella di un padre stanco che ci accompagna a conoscere gli altri personaggi e la loro speranza di rivalsa o, almeno, di una via d’uscita, tra i quali spicca la figura di una madre, autrice di un disperato monologo nel quale ammette di provare dei sentimenti d’odio nei confronti della figlia, tant’è il limite della stanchezza e dell’impotenza nei confronti del disagio mentale. Ci sono le sconfitte di un padre o di una madre, quelle che si riassumono in una sola frase: “E’ che passo la vita a cercare di svuotare il mare con un ditale”. La totale disperazione di un genitore.
Non c’è un vero e proprio lieto fine, ma solo un inizio intriso di speranza, tant’è che è un romanzo che mi ha disturbata, forse per le lotte feroci che ho avuto con mio figlio in età scolare e che mi hanno devastata, lotte e incomprensioni che qui ho ritrovato e che mi hanno generato uno stato d’ansia. Ma è scritto bene, molto bene, nonostante dopo questo io abbia bisogno di una pausa dai libri introspettivi.
Posso dire che vale la lettura, forse a tratti un po’ rallentata e monotona, senza grandi colpi di scena, ma le pagine sono poche e la consueta delicatezza nella narrazione che contraddistingue questo autore è sempre gradevole; in questi mesi estivi le letture sono state tante, ad agosto ho divorato dieci libri, pertanto volevo proporvene qualcuno prima di iniziare con la carrellata descrittiva dell’ultimo viaggio che ho alle spalle, quindi rilassatevi con questo romanzo e poi tenete pronto lo zaino per ripartire!
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