Vi avevo parlato di “Domani, domani” della stessa autrice, libro che ho apprezzato anche più di questo, oggetto del post di oggi, tuttavia è grazie a “La portalettere” che ho avuto modo di conoscere Francesca Giannone, apprezzandone le doti narrative scorrevoli e piacevolissime per dei romanzi di evasione ma mai banali e scritti bene, motivo per il quale ho fatto un passo indietro recuperando anche questo volume.
Siamo nel 1934, a Lizzanello, una ipotetica località salentina, sede di quello che sarà un amore di due fratelli per la stessa donna: Carlo, figlio del sud che vi fa ritorno dopo alcuni anni trascorsi al nord portando con sè Anna, la moglie “del nord” che ha lasciato un posto di docente per seguire il marito, donna fiera e colta che farà la differenza nonostante la ristretta mentalità provinciale dell’epoca. Antonio, fratello di Carlo, si innamora all’istante di quella bellezza da statua greca e dal carattere fiero ed indomito, dal momento in cui ella entra in quella terra a lei sconosciuta e alle cui leggi non scritte rifiuterà di piegarsi.
Anna non si reca in chiesa e, udite udite, ha l’ardire di presentarsi (una donna!) al concorso delle poste di Lizzanello, concorso che vince sbaragliando altri potenziali concorrenti grazie alla propria cultura: la notizia arreca grande scompiglio in paese, ovviamente, ma Anna non si arrende e non fa una piega ignorando le voci che aleggiano sulla propria persona. Eppure sarà lei a fare la differenza unendo con una sorta di filo invisibile tutti gli abitanti del borgo, consegnando lettere e cartoline di emigranti, di amori segreti, sconfessando vili atteggiamenti di prepotenza, di violenza fisica e psicologica perpetrati da un portatore di immacolata reputazione nei confronti una reietta della società e cambiando il corso della vita ad un paese intero.
E’ un libro molto bello, criticato aspramente da molti gruppi letterari presenti sui social in quanto se non ci si dimostra dei fidi seguaci di Tolstoj non si è nessuno (che poi vorrei vederli con gli Harmony in mano 🙂 ), ma che ho divorato in pochi giorni perchè la trama prende moltissimo ed è scritto bene, senza errori ortografici nè sintattici, senza periodi banali da quinta elementare, e tutto ciò ultimamente non è scontato. E’ un romanzo di evasione? Sì. Ma se l’evasione è confezionata in maniera impeccabile per me è un buon libro. Senza scomodare i grandi russi.
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