Letture

“Tutta la vita che resta” di Roberta Recchia

Uno dei romanzi più acclamati dell’anno appena trascorso, una narrazione imperniata su un piano temporale “prima del dolore’ ed uno straziato da uno strappo impossibile da ricucire, segnato da un evento atrocemente attuale, una di quelle cose che mai dovrebbero accadere e che invece purtroppo funestano spesso la cronaca nera.

Marisa e Stelvio, nella Roma degli anni cinquanta, si incontrano nella bottega della famiglia di lei, si innamorano e creano una famiglia, arricchita dalla nascita di Betta e di un figlio maschio, che però nella narrazione, e forse anche nella loro vita, rimane sempre un po’ in disparte, a vantaggio di Betta, bellissima, vitale, piena di energia e di intraprendenza, di una voglia di libertà che la porterà a fare la scelta sbagliata. E poi c’è Miriam, la cui delicata e fragile personalità si svelerà solo nel piano temporale del “dopo”, quando Betta non ci sarà più, portata via in una notte che segnerà a vita l’anima di Miriam, testimone dell’efferata ferocia perpetrata su Betta.

Le pagine ad un certo punto si aprono su un mondo di omertà, di silenzi, di consapevolezze taciute che lasciano l’adolescenza in balia dei pregiudizi, lacerando di dolore una madre che non vede più una vita possibile, un padre che affronta il lutto a modo proprio e Miriam che cerca di farsi del male in ogni modo possibile, abbandonata anche dal perbenismo dilagante nella propria famiglia. L’unica speranza di togliersi di dosso il macigno del dolore e del silenzio, per lei, viene dall’incontro con Leo e dalla sua schiettezza; Leo vive nella miseria, in quel mondo lontano anni luce dalla realtà benestante di Miriam, eppure sarà lui, con la propria caparbietà e con i propri sentimenti, a portare alla luce tutte le verità celate e ad accompagnare Miriam fuori dal baratro della sofferenza.

È un romanzo dolcissimo, i personaggi sono molto ben delineati, permeato da tanto dolore ma anche pregno di speranza, in cui vengono toccate le relazioni familiari, la superficialità della classe borghese e il gran cuore di un borgataro che, nonostante tutto, rappresenterà la guarigione di Miriam; c’è la figura di Corallina, di una delicatezza meravigliosa e ricca di sentimento, ma soprattutto c’è la Scrittura, con l’iniziale volutamente al maiuscolo, perché potente, spietata e tenera.

Leggetelo, se ancora non l’avete fatto.

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