Letture

“Orbital” di Samantha Harvey

Oggi vi parlo di un libro conosciuto esclusivamente grazie ad un gruppo di lettura, che personalmente non avevo votato nei sondaggi richiesti per la scelta del titolo ma che alla fine ho letto ed amato. La maggior parte dei membri del gruppo non lo ha apprezzato ma per me è stata pura poesia grazie ad una scrittura che è come un canto; è stata lamentata una trama inconsistente ma se amate i testi riflessivi, quelli che vi accompagnano come una carezza nei momenti di relax, che vi riscaldano il cuore come una copertina calda, allora probabilmente fa per voi.

I protagonisti del romanzo sono sei tra astronauti e cosmonauti (questi ultimi di nazionalità russa, da qui la differenza di terminologia, cosa che ho appreso strada facendo), i quali vengono dagli Stati Uniti, dalla Russia, dall’Italia, dalla Gran Bretagna e dal Giappone, le cui personalità non sono molto delineate singolarmente ma solo nel loro insieme in quanto i singoli caratteri si fondono in un unico che funziona benissimo senza scissioni tra di loro. I brevi tratti di caratterizzazione personale si esplicitano unicamente nei pochi momenti di intimità in cui ricevono notizie da casa, da coloro i quali li immaginano orbitare al di sopra delle proprie vite, nel mentre trascorrono la propria quotidianità cibandosi di cibi disidratati e lottando contro l’assenza di gravità per mantenere al meglio le proprie condizioni fisiche.

La loro missione a bordo della Stazione Spaziale Internazionale è l’ultima prevista prima dello smantellamento della stessa e grazie ad essa osservano il pianeta scorrere al di sotto di essi, mentre trascorrono il loro tempo dormendo, osservando ricordi, ma sempre quali spettatori distanti con uno sguardo rivolto verso i continenti che scorrono sotto i loro occhi, riflettendo sul significato delle loro esistenze con uno sguardo rivolto al passato e le aspettative nei confronti del futuro.

Qui c’è tutto il contrasto tra l’infinità dello spazio e la fragilità della vita terrena, tra la sensazione di onnipotenza che si può provare fluttuando nello spazio e quella di inutilità rispetto alla vita concreta che pulsa al di sotto della loro orbita. Infatti nonostante il pesante addestramento, lo studio richiesto, le capacità fisiche, alla fine essi sono irrilevanti nell’immensità dello spazio, così come lo sono i terrestri a confronto con l’immensità degli oceani, delle foreste, delle metropoli illuminate durante la notte, dei continenti che scorrono al di sotto. Di fronte a tutto ciò si percepisce la presenza dell’essere umano, tuttavia invisibile di fronte all’immensità di tutto il resto e dinanzi a ciò gli astronauti sono solo uomini lacerati dalla vita che prosegue anche in loro assenza e con la consapevolezza di trovarsi un una condizione di unicità rispetto alla maggior parte degli esseri umani.

La scrittura è incredibile, vi lascio qualche assaggio dei passaggi che più mi hanno affascinata.

“Nella fotografia l’avvicinamento del tifone. È straordinario riuscire a vedere la curva dell’aria che forma gli alisei, il loro flusso verso ovest lungo l’equatore, che raccoglie il calore della superficie dell’oceano. I banchi di nubi formano colonne che attingono forza dall’oceano; più caldo è l’oceano più violenta è la tempesta “.

“Ecco Cuba nel rosa del mattino. Il Sole rimbalza ovunque sulla superficie dell’oceano. I fondali turchesi dei Caraibi e l’orizzonte che fa apparire il mar dei Sargassi”.

“Dopo una settimana o poco più di stupore davanti alle città, i sensi cominciano a espandersi e si innamorano di nuovo della Terra di giorno. La semplicità della terra e del mare senza esseri umani. Il modo in cui sembra respirare, come un animale. L’indifferente ruotare del pianeta nello spazio indifferente e la perfezione della sfera che trascende ogni linguaggio. Il buco nero del Pacifico che diventa un campo d’oro o i puntini della Polinesia Francese , le isole come campioni dei cellule, gli atolli come losanghe di opale; poi la spirale del Centro America che ora si allontana sotto di loro per mostrare le Bahamas e la Florida e l’arco di volumi fumanti sulla placca caraibica. L’Uzbekistan in una distesa di ocra e marrone, la bellezza delle montagne innevate del Kirghizistan. L’Oceano Indiano, pulito e brillante, con i suoi blu indescrivibili. Il deserto albicocca del Taklamakan, inviso dalle deboli linee dei letti dei torrenti, confluenze e separazioni. È il percorso diagonale della galassia, un invito nel vuoto sfuggente”.

“…questa Terra priva di interruzioni. Vedrete la sua pienezza, l’assenza di confini se non la linea tra mare e terraferma, dicevano. Non vedrete paesi, solo una sfera rotante che non conosce possibilità di divisioni, e tantomeno di guerre”.

Non aggiungo altro… non è una meraviglia?

Nota: il romanzo é risultato essere il vincitore del Booker Prize 2024.

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