Questo è il piatto triestino per eccellenza, anche se in merito all’etimologia del nome abbia trovato, dopo molte ricerche, solo qualche ipotesia. c’è chi sostiene derivi dal tardo latino jutta, che sembra significhi “brodaglia” (ma io il latino non lo conosco), termine che, a sua volta, trarrebbe origine da una radice celtica, ipotesi tutt’altro che da trascurare visto che lo stesso significato di brodo o brodaglia (addirittura mangime) lo si ritrova nel termine cimbro yot, nell’irlandese it e nel gergo del Poitou jut, mentre in Cecoslovacchia con il termine jucba s’intende una minestra di cavoli.
Ma al di là di questioni meramente etimologiche rimane una zuppa che io adoro, che riscalda moltissimo e che non stanca mai, grazie al suo sapore acidulo, donati dalla presenza di crauti acidi che fanno da padroni nella lista degli ingredienti.
Chi vive al nord non dovrebbe avere eccessiva difficoltà nel reperirli in quanto vi sono alcune ditte del Sudtirolo e della mia zona che li smercia inscatolati, mentre nella mia città si trovano sfusi presso qualsiasi ortofrutticolo: si possono produrre da sè, ma i tempi sono lunghi, molto lunghi, e ci vuole un bel po’ di esperienza.
Si tratta di una zuppa antica, che andrebbe cotta a fuoco lento nel classico coccio, ma visti i ritmi devastanti della vita moderna qui posto la classica ricetta con la pentola a pressione: mettete i crauti (1 vasetto o a piacere) nella pentola assieme a 2 o 3 patate, a seconda della loro grandezza, pelate e, a propria scelta, intere (in tal caso le schiaccerete dopo la cottura con i rebbi di una forchetta) oppure a dadini, se preferite ritrovarvele nel piatto; qualche scarto di maiale (una cotica è perfetta, non si butta nulla), fate andare la cottura per trenta minuti dal sibilo e poi passate alla seconda fase.
Premetto che se utilizzerete dei fagioli essiccati e ammollati in precedenza, li dovrete inserire insieme ai crauti e alle patate già all’inizio della cottura, se invece utilizzate quelli inscatolati potete versarli ora con tutto il liquido di vegetazione, insieme ad un soffritto di cipolla (fatele diventare quasi bruciacchiate, il sapore migliorerà di molto) ed olio, cui alla fine avrete aggiunto un cucchiaio di farina, un po’ di sale, di pepe e un dado; se avete del dado fatto in casa utilizzatelo, ovviamente! I fagioli da usare sono i borlotti, ma io stavolta l’ho fatta con i cannellini perchè in casa non c’era altro: è risultata più delicata, ma buonissima!
A questo punto saranno sufficienti altri dieci minuti di cottura per avere una zuppa fumante e profumatissima: preparatene pure in grande quantità poichè il giorno seguente sarà ancora più buona, come tutte le preparazioni a base di crauti acidi!
Se ne avete la possibilità accompagnate il piatto con una buona Weissbier, possibilmente Hefe, cioè non filtrata: con i crauti è d’obbligo!
Riepilogo degli ingredienti:
una confezione di crauti acidi
2 o 3 patate (a seconda della loro grandezza)
una scatola di fagioli borlotti (oppure 3 manciate di fagioli secchi)
mezza cipolla, olio evo e un cucchiaio di farina
un dado (o un paio di cucchiaini di dado fatto in casa)
sale e pepe q.b.
Vi lascio uno scatto della mia città, un gioiellino incastonato tra mare e monti, terra di mare, ma intrisa di cultura austroungarica, nella mentalità dei nativi come nella cucina, dove si mangia un pesce delizioso, ma dove si vive di crauti in perfetta sintonia con la cultura tedesca: una città che è una contraddizione proprio perchè da qui nel corso della storia ci sono passati tutti, terra di confine e in preda a conflitti politici ed ideologici perenni, ma ferma nel proprio essere “triestina”.
Un soffio di mare a tutti….
2 Comments
accantoalcamino
12 Novembre 2012 at 5:42La adoro 🙂
cucinaincontroluce
12 Novembre 2012 at 7:39Squisita…. peccato che mio figlio da piccino la adorasse e ora me la tira dietro…ufffff!!!! Mai contenti questi ragazzini: la jota non è abbastanza “trendy” mi sa…. 🙂