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Arte, storia ed architettura

Arte, storia ed architettura/ Viaggi

Refrontolo e il Molinetto della Croda

Già il viale d’ingresso preannuncia la cura per i particolari

Tra mille ricette ancora in archivio e pronte per la pubblicazione sono di nuovo in giro con Luca, Bubu e Margot sul nostro fedele Chewbecca a scoprire le bellezze del nostro paese. Siamo riusciti a scavare qualche giorno libero dal lavoro decisi ed investire questo breve periodo nella scoperta dei territori più vicini alla nostra regione, scegliendo ovviamente il Veneto (“ovviamente “ perché le alternative sono tutte da espatrio vista la collocazione della regione in cui vivo).

La ruota del mulino

Venerdì mattina carichiamo due borse di spesa e uno zaino a testa e saliamo sul camper: destinazione Refrontolo! Mai sentito vero? Nemmeno io ad essere onesta, ma mio marito riesce a scovare dei buchi incredibili che nemmeno Google Maps…

La macina

Dire bello è riduttivo, si tratta di una piccola chicca incastonata nella valle del Lierza, un angolo estremamente suggestivo della Marca Trevigiana, tra immense distese di vitigni che ogni anno regalano le più deliziose bottiglie di Prosecco e di Marzemino. Si tratta di un bellissimo esempio di architettura rurale del XVII secolo che ha subito una serie di periodiche fasi di costruzione: le fondazioni della primitiva costruzione poggiavano sulla nuda roccia, da qui il termine “croda”, poi in seguito vi furono degli ampliamenti che consentirono di ricavare i locali idonei a fornire una decorosa dimora alle famiglie dei mugnai che si sono avvicendati nel corso degli anni. L’ultima farina venne macinata nell’anno 1953, per venire successivamente abbandonato ed acquistato dal Comune di Refrontolo solo nel 1991, che ne ha curato un ammirevole restauro ridando lustro agli ambienti abitativi come della macina, oggi nuovamente funzionante per la produzione della cosiddetta “biava” (la farina di mais).

La croda, parte pietrosa negli anni utilizzata per la conservazione delle botti di vino

Vi lascio una carrellata di scatti: se doveste passare da queste parti non rinunciate a visitare questo gioiello, basta una mezz’oretta per visitarne ogni parte e poi sarete liberi di rilassarvi con un bel calice di vino del Valdobbiadene!

Salendo al piano superiore
La camera da letto sfruttava il calore degli animali ospitati nella stalla sottostante mentre il tetto permetteva un costante sgocciolamento di acqua piovana

A domani per un’altra tappa di questo breve viaggio che, inaspettatamente, si sta rivelando un concentrato di piccole bellezze inesplorate.

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Fortezza di Hohenwerfen, un gioiello tra i monti

Ritornando verso casa, quindi faccio un salto temporale all’ultimo giorno di questo bellissimo fine settimana, abbiamo optato per rifare una tappa già percorsa più di vent’anni fa, un po’ perché io non ricordavo nulla e un po’ per la curiosità di ritornarci.

A dire il vero abbiamo avuto l’occasione di poter godere di una visita completa ed approfondita, lontana anni luce da quella precedente, quindi ho pensato di condividerla con voi quale tappa da non perdere.

La fortezza venne edificata dall’arcivescovo Gebhard Graf von Helstein (1060-88) nel corso della lotta per le investiture tra Impero e Papato, insieme con le fortezze Hohensalzburg e Freisach: l’aspetto era molto semplice, si trattava di una costruzione non molto estesa e circondata da una semplice recinzione lignea.

Aspetto originario dell’attuale fortezza

Nel periodo tra il 15060 e il 1586 intervenne l’opera dell’arcivescovo Johann Jakob von Kuen-Belasy, considerato il secondo costruttore del complesso a seguito della ampie trasformazioni apportate, della costruzione del nuovo arsenale, della torre della cappella e della torre campanaria, gettando le basi per la vera fortezza con l’aspetto odierno, che è tale dal XVI secolo.

Le casematte, utilizzate quale deposito alimentare
Ricostruzioni nelle casematte

Successivi importanti cambiamenti sono riconducibili al periodo tra il 1125 e il 1145 quando l’arcivescovo Konrad von Abensberg ne fece ampliare il perimetro e fece erigere le mura fortificate. Successivamente tra il 1519 e il 1540 l’arcivescovo Mattäus Lang von Wellenburg provvide ad effettuare alcuni interventi riparativi ma in maniera alquanto sbrigativa.

Alloggio della guardia

Purtroppo nel corso degli anni un incendio provocò dei danni irreparabili, incendio originato quando Rupert Schweiger, custode del castello, mise in funzione l’affumicatoio generando accidentalmente una scintilla che appiccò le fiamme al pavimento in legno e, mancando l’acqua, il disastro avvenne in pochissimo tempo. Accorsero quindici unità di vigili del fuoco dei dintorni, trenta pionieri da Salisburgo e molti volontari per cercare di salvare qualcosa pompando l’acqua dalla Salzach, ma il palazzo, il campanile e la casa del cappellano andarono completamente a fuoco, con la conseguente perdita di molti pezzi d’antiquariato e di opere d’arte.

Ricostruzione di un processo per stregoneria, che ci riporta alla mostra sulla magia

Nel 1898 la fortezza, oramai in rovina, venne rilevata dall’arciduca Eugenio d’Austria, che la fece rinnovare trasformandola in una residenza principesca, ricca di collezioni di opere d’arte e di armi. Nel periodo più difficile egli provvide a far ricostruire gli oggetti andati distrutti secondo antichi modelli, ma per finanziare l’impresa, dovette vendere molti pezzi d’antiquariato. Tale ricostruzione terminò nel 1932, anno in cui si ebbe una cerimonia inaugurale nel cortile della fortezza.

Mostra relativa alla farmacopea della magia bianca
Mandragola
Sezione dedicata ai riti voodoo
Tristi strumenti di tortura

Ad oggi il maniero è assolutamente stupendo, curato nei minimi particolari e visitabile sino alla campana della torre, inoltre ospita una bellissima mostra “Mythos Jackl”, dedicata alla contrapposizione tra magia bianca e magia nera, oltre ad una breve esposizione dedicata al lungometraggio “Là dove osano le aquile”, in quanto venne girato proprio alla fortezza, pur se con qualche lieve libertà espositiva.

Piccola esposizione cinematografica
Qui si evidenzia come nel film sia apparsa una funivia al posto della funicolare
Locandina
Oggetti utilizzati nel corso delle riprese
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Villerouge-Termenès… siamo agli sgoccioli! – giorno 18

La chiesa, purtroppo chiusa
Il castello

Oramai il nostro viaggio cataro volge al termine quindi, sulla strada del ritorno, abbiamo fatto una breve tappa per visitare un ultimo castello vicino alla piazza in cui abbiamo dormito.

L’ingresso

Il borgo è piccolissimo e delizioso e il castello del XIII secolo è un bel esempio di architettura militare medievale, proprietà degli arcivescovi di Narbonne fino alla Rivoluzione Francese ed interamente restaurato nel 1990 ad opera dell’amministrazione comunale.

Gli interni
Ricostruzione della vita del castello
Ancora ricostruzioni
Il cammino di ronda

Non ho molte notizie in merito, a parte la curiosità che nei pressi dell’edificio venne bruciata l’ultima resistenza catara, dando quindi anche un senso di compimento del nostro viaggio e dell’ultima tappa.

Vi lascio con un po’ di scatti del borgo, lontano dalle rotte turistiche e molto bello!

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Il Castello di Arques, tra catari e pipistrelli! – giorno 17

Nel corso delle nostre peregrinazioni da un castello cataro all’altro ci consigliano anche quello di Arques in quanto “non si cammina nulla” (deo gratias), quindi parcheggiamo il camper poco lontano e, vista la visita presumibilmente breve, lasciamo le pupette al fresco.

Il sentiero è breve ed assolato e ci accompagna ad una struttura risalente al 1284, quando Gilles de Voisins lo eresse dopo che il villaggio venne raso al suolo durante la crociata contro gli Albigesi. Esso venne completato nel 1316, a difesa della valle e delle vie della transumanza, infatti è il primo maniero, tra quelli visitati, non eretto in altura.

Esso è costruito su base quadrata, presenta una bella torre fiancheggiata da torrette e si sviluppa su quattro livelli, rappresentando un esempio di architettura militare gotica.

Ve lo consiglio? No. Perché, pur se ben restaurato, ospita una colonia di pipistrelli, particolare non specificato all’accesso, ovviamente qualsiasi angolo è coperto di guano e mi sono trovata non solo a camminare con i volatili appesi sopra la mia testa ma anche a vederli svolazzare intorno a me. Insomma non so voi ma a me ha disturbato molto.

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Rennes-le-Château e i misteri di Villa Bethania – giorno 16

Il castello, non visitabile

Oggi una piccola tappa densa di fascino e di mistero, ricca di simbolismo e che ha fatto sì che questo borgo abbia ispirato leggende gotiche e dicerie tra il sacro e il profano.

La villa Bethania è stata costruita nel villaggio di Rennes-le -Château tra il 1901 e il 1905 nella ex tenuta dell’abate Bérenger Saunière e intestata alla sua serva Marie Dénardau, ma il mistero legato alla cittadina iniziò il 6 novembre 1244, quando François Pierre d’Hautpoul, marchese di Blachefort e signore di Rennes-le-Château, fece testamento e in relazione ad esso si parlò di un segreto di stato. Oltre a ciò tra gli antenati del marchese vi era un membro dell’Ordine dei Templari, e ciò contribuì ad infittire il mistero. Nel 1781 il curato del borgo ricevette la confessione, in punto di morte della marchesa Marie de Nègri d’Ablès d’Hautpoul-Blanchefort, un segreto di famiglia che avrebbe dovuto essere tramandato, come del resto avvenne da un sacerdote del borgo all’altro.

La libreria della villa
La pavimentazione a scacchiera
Il particolare della piastrella rossa
La torre nera
La torre bianca
La sacrestia, luogo di incontri segreti

Quando l’abate François Bérenger Saunière, nel 1885, venne nominato parroco del paese, i misteri si infittirono in quanto egli ebbe accesso a grandi quantità di denaro, in merito alle quali egli non fornì mai alcuna spiegazione, facendo sì che nascesse la convinzione, avvalorata anche da ulteriori anomali comportamenti del parroco, che egli appartenesse al Priorato di Sion.

Le incisioni della pietra tombale di Marie de Nègre d’Ables sembrano un messaggio in codice

I misteri cui si fa cenno ancora oggi sono molteplici, tuttavia ve ne cito alcuni legati al simbolismo di cui il luogo abbonda: la villa presenta una pavimentazione a scacchiera, e su una piastrella un quarto della medesima è di colore diverso, facendo sì che venga indicato l’accesso alla torre, considerata la torre nera della scacchiera, posta in posizione prospiciente la torre bianca. Inoltre la torre nera sostiene una circonferenza merlata che presenta esattamente la configurazione del quadrante di un orologio, decorata da dodici merlature.

La chiesa di S.Maria Maddalena

La chiesa non è da meno: già alla sinistra dell’ingresso vi è la raffigurazione di Satana, sovrastato da quattro ulteriori sculture nell’atto di fare il segno della croce mentre, nel fondo della chiesa, all’ultima stazione, si nota come la sepoltura del Cristo abbia una anomala ambientazione notturna, quasi ad indurre il visitatore a non ritenere avvenuta la sepoltura e confermando la tesi secondo la quale Gesù Cristo non fosse morto in croce ma abbia sposato Maria Maddalena.

Il Satana all’ingresso
Sovrastata da quattro sculture nell’atto di fare il segno della croce
La deposizione notturna

Da ultimo, le iniziali dei santi raffigurati lungo le pareti, vanno a formare il termine GRAAL, alimentando ulteriormente il mistero del luogo e il credo secondo il quale dietro le ricchezze di Saunière ci fosse l’ombra del Vaticano.

Il cimitero adiacente alla chiesa non è visitabile dal 2004 a seguito delle troppe azioni vandaliche subite dai sepolcri.

L’accesso al cimitero

Insomma ce n’è da scrivere da un libro, comunque sia ho fornito un’infarinatura di una storia affascinante e che varrebbe la pena approfondire maggiormente perché la storia che si snoda nei secoli in questo borgo è ricca di avvenimenti e fitta di misteri.

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Castello di Montségur, non pensavo potessi farcela! – giorno 15

La stanchezza dopo la sfacchinata di ieri è immensa, tuttavia voglio darmi una possibilità, vista anche l’importanza del luogo, quindi mettiamo in moto e ci arrampichiamo sulla collina… scendo dal camper e la visione che ho del luogo da raggiungere è questa che vedete qui sotto!

Che mi sia venuto un colpo è scontato, ma caratterialmente non sopporto l’idea di rinunciare, quindi indosso le pedule, mi armo di bastoncini da trekking e inizio la salita, che grazie al cielo in parte si snoda lungo un bosco ombreggiato. In un’ora e un minuto esatta sono in cima! Una delle più grandi soddisfazioni di questo viaggio😀!

Almeno il sentiero è carino!

Il castello di Montségur sorge a 1200 m.di altezza e domina le vallate dell’Ariège, lungo la catena montuosa dei Pirenei, riveste un carattere simbolico della resistenza catara nei confronti dei Crociati. La rocca si struttura in tre fortificazioni sovrapposte: della prima, antecedente il 1204, non è sopravvissuto quasi nulla, mentre delle due rimanenti si riconoscono ancora i terrazzamenti del villaggio, una cisterna ed una sala con le finestre a feritoia. Ciò che vediamo oggi risale alla ricostruzione posta in essere dai nobili fedeli a re Luigi IX, che cedette loro il castello.

Il castello venne tenuto sotto assedio da seimila crociati e vi resistette per due anni, fino a cedere per fame, dopodiché il 16 marzo 1244, ai piedi del colle di Montségur, un enorme rogo bruciò le vite di decine di catari.

La stele a ricordo del rogo

Il maniero, come sopra citato, venne restaurato ad opera di Luigi IX ed utilizzato a difesa contro il Regno d’Aragona fino all’inizio del Cinquecento, per essere poi abbandonato.

E per oggi è tutto, la stanchezza incombe quindi il resto lo scopriremo domani!

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Al castello di Peyrepertuse tra lacrime e sudore! – giorno 14

Decisamente questa parte di vacanza non è proprio la mia idea di ferie, ma per quanto riesco cerco di seguire il programma, fatto sta che oggi è iniziata malissimo: durante i mesi estivi i camper non possono salire al parcheggio (semivuoto) del castello, ma rimanere ad un’ora di cammino dal medesimo. Quindi abbiamo iniziato la salita, ripidissima e sotto il consueto sole cocente, io comoda comoda con le Birkenstock dopo le bolle lasciatemi giorni fa dalle pedule, finché il genio (mio marito) ha avuto la splendida idea, da me osteggiata e da lui ovviamente ignorata, di prendere la classica scorciatoia nel bosco (mai vista una scorciatoia che non faccia faticare il doppio) che mi ha fatta arrivare alle lacrime grazie ad una salita quasi verticale sulla terra battuta (sempre con le Birkenstock ai piedi, ribadisco). Morale sono arrivata al castello già cotta, esausta, accaldata, assetata e parecchio incazzata, poi dalla cassa al castello mi sono nuovamente massacrata con l’ennesimo sentiero dissestato… alla mia gioia di incontrare finalmente l’agognato ingresso, il tempo di arrampicarmi ancora un po’ e mi si è aperta allo sguardo un’altra scalinata paurosa che portava alla seconda parte del maniero. Scontato precisare che mi è caduta la mandibola…

Ma al di là di questa giornata infernale, oramai che ci sono arrivata, vi fornisco qualche informazione più tecnica delle mie disperazioni giornaliere (ah, a proposito, a metà strada del ritorno, con un piede sanguinante e il ginocchio oramai disperso, mio marito ha infranto il divieto ed è venuto a raccattarmi con il camper… anche i pazzi hanno un cuore!).

La scala di S.Luigi

Il nome del castello deriva da “petra pertuse”, che in occitano significa pietra forata, a indicare la perfetta compenetrazione tra la struttura della roccaforte e la roccia; la fortezza si stende lungo uno sperone calcareo del massiccio delle Corbières, nel Dipartimento dell’Aude. La fortificazione è complessa, occupa un’area lunga circa 300 m.e larga 60 ed è costituita da un ampio bastione a pianta triangolare con, in basso, il vero e proprio castello feudale il cui accesso è difeso da un barbacane costituito da due torri circolari. All’interno del recinto principale vi sono i magazzini e le latrine, a strapiombo sulle rocce, mentre il cammino di ronda è ancora visibile, formato da lastroni di pietra posati su supporti sporgenti. A corredo del tutto vi sono il “donjon” e la cappella dedicata a Santa Maria, datata 1115. La parte alta, cui si accede per il tramite della ripida scala di S.Luigi, è costituita dal Castello di Saint-Jordi, eretto 60 m.più in alto rispetto al primo incontrato, accessibile solo per il tramite di suddetta scalinata… la fatica è tanta ma dalla cinta muraria e dal mastio centrale si gode di una vista mozzafiato sui Pirenei! La fortezza fu eretta nel periodo in cui la Languedoc venne unita alla corona di Francia e il possesso del maniero passò dai conti catalani di Besalù ai conti di Barcellona e da qui al vescovo di Narbonne. All’epoca della crociata contro i Catari essa era formata unicamente da un villaggio fortificato, poi nel 1240 esso passò alla Corona di Francia per poi, nel 1251, vedersi aggiungere il mastio e la Cappella di S.Giorgio. Dopo vari restauri, con il trattato di Corbeil del 1258, Peyrepertuse divenne una delle fortezze reali francesi poste a difesa dei confini con il Regno di Aragona, per poi perdere importanza strategica con il trattato dei Pirenei del 1659 ed essere definitamente abbandonata durante la Rivoluzione Francese del 1820. Dal 1950 sono iniziati gli interventi di restauro che ce l’hanno portata all’aspetto attuale.

Vista del maniero dal punto più elevato con, sullo sfondo, la catena dei Pirenei

Diciamo che alla fine ne è valsa la pena… lo rifarei? No, questo no, ho apprezzato una porzione di storia non da poco, ma la fatica (soprattutto a causa della mancanza di collegamento dal parcheggio camper alla cassa) è stata insostenibile, specie sotto il sole cocente che ci sta accompagnando fino alle dieci della sera…

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Da un castello all’altro – giorno 13

Ieri sera, dopo la scarpinata ai castelli di Lastours, ci siamo fermati in un’area pic-nic bellissima, dove abbiamo cenato e ci siamo apprestati a trascorrere la notte, tuttavia c’eravamo solo noi ed un altro camper strano, con un aspetto che ci inquietava… sarà che abbiamo letto troppi noir, ma alla fine siamo scesi dal letto, ci siamo rivestiti e ci siamo spostati in paese, trascorrendo la notte in un’area sterrata.

Il castello circondato dagli ulivi, dal sole e dal frinire delle cicale

Dopo una notte tranquilla e rigenerante abbiamo iniziato la prima salita della giornata, alla volta del castello di Aguilar, sotto un caldo becco: oramai il ginocchio nemmeno ci prova più a farmi male perché a forza di fatiche ci ha rinunciato 🤣! Il castello si innalza come una corona a 320 m.di altezza, su una collina circondata da magnifici vigneti, da rose selvatiche, ginestre e cespugli di rosmarino; siamo sempre nell’Aude e il nome Aguilar deriva dal latino “aquila”, nome che risale al 1020 e che tale è rimasto nonostante i numerosi passaggi di proprietà dell’immobile, finendo, quale ultimo possesso, come rifugio per i signori “faidits”, ossia espropriati dei propri possedimenti, e per i seguaci del Catarismo. Il castello ovviamente è diroccato, ma tutto sommato lascia ancora immaginare la sua struttura originale, tipica delle costruzioni militari del XII secolo, con un corpo centrale su due piani circondato da una muraglia esagonale, completa di sei torrioni semicircolari e dalla quale si apre una bellissima vista sulla zona di Tuchan e delle Corbières.

Dopo un pranzo veloce cucinato in camper abbiamo affrontato la seconda salita della giornata sino al castello di Quéribus, fatica di non poco conto sotto il sole cocente del primo pomeriggio senza alcuna zona d’ombra, solo una pietraia infuocata, ma la meta è risultata davvero meritevole di interesse. Il castello sorge su uno sperone di roccia, a 728 m.di altezza, in posizione di dominio rispetto al passo de Grau de Maury, alla piana del Roussillon, alla rocca de Peypertuse e al mare di Perpignan. È il più piccolo dei castelli catari e la sua conformazione a nido d’aquila lo rende affascinante: una struttura complessa incastonata in un luogo impervio e tormentato da un vento incessante e violentissimo. Le fortificazioni sopravvissute sono suddivise su tre livelli, in parte del XIII e in parte del XVI secolo, con due cortine di protezione ed una cisterna per l’acqua piovana, unica fonte idrica; al terzo livello un magnifico “donjon” poligonale con mura spesse quasi 4 m.al cui interno troviamo la Cappella di Saint-Louis, una grande sala in gotico primitivo con slanciate volte ogivali sorrette da un pilastro centrale e il tutto illuminato da un’unica finestra esafora. Anche Quéribus ha ricevuto vari rimaneggiamenti nel corso della storia, che ha permesso di farne uno dei castelli catari meglio conservati.

Il panorama mozzafiato
Il donjon

Questa sera ci godiamo un meritato riposo in un’area di sosta sottostante il prossimo castello, quindi ci risentiamo domani per saperne di più!

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Tra castelli ed abbazie – giorno 12

Questa mattina abbiamo lasciato Carcassonne alla volta di quattro castelli, insomma dei resti di quattro castelli, tutto sommato ancora visitabili ma situati sul cucuzzolo di una collina, quindi dopo mille ripensamenti (miei) abbiamo indossato le pedule e, armati di bastoncini da montagna, siamo partiti… due ore (due!!!) di scarpinata sotto un sole cocente senza una chiazza d’ombra! Nel mentre salivamo ho insultato mio marito, mi sono imbufalita come una iena, ho sbuffato come un toro, mi sono chiesta se queste fossero ferie, fino ad arrivare al primo castello, poi al secondo, addirittura al terzo e… udite udite… anche al quarto!

Ve la faccio breve perché non amo i ruderi e detesto sfacchinare sotto il sole, quindi, riassumendo: i resti appartenevano ai castelli di Cabaret, Surdespine, Tour Régine e Quertiheux, tutti associati alla guerra dei Catari.

Il gazpacho con melone, meritato premio offertomi da mio marito dopo la raffica di insulti 🤣

Il bello è venuto dopo con la visita alla Abbazia di Fontfroide, sorta nel 1093 e legata all’ordine cistercense dal 1145; essa nel corso degli anni, grazie alle donazioni, si estende sino a coprire 30000 ettari, ma la peste nera, che colpirà Narbonne dal febbraio 1348, ucciderà quasi l’intera comunità.

Il pozzo cui deve il nome l’abbazia, nota per fornire sempre acqua freddissima
Il chiostro
Un particolare dell’interno della chiesa

Oggi rimane una meravigliosa abbazia circondata da giardini di piante officinali e di rose, con cespugli di lavanda ovunque a profumare l’aria bollente spazzata da un vento caldissimo e allietata dal frinire costante delle cicale.

Rose centenarie
La lavanda, presente in ogni angolo del giardino
La lavanda alba, bianchissima e dal profumo intensissimo

Noi ci risentiamo domani sera, non so ancora il programma esatto che mi aspetta, certo è che oramai siamo veramente “on the road” e temo che i castelli in programma saranno faticosi da raggiungere….

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Carcassonne, una tappa imperdibile! – giorno 11

Ieri sera siamo arrivati a Carcassonne e per la notte abbiamo scelto un’area di sosta, necessaria in quanto avevamo bisogno di acqua e, cosa non da poco, di poter dormire in sicurezza con tutte le finestre aperte, visto il caldo irrespirabile di questi giorni.
Carcassonne è il capoluogo del dipartimento Aude, storica città fortificata della Linguadoca e divisa in due parti dal fiume Aude, ma a noi oggi interessa la città alta, quella circondata da mura fortificate tale da sembrare un enorme castello.

La città venne fondata dai Romani con il nome di Colonia Julia Carcasso, invasa dai Visigoti prima e dai Saraceni poi, per cadere sotto la dominazione franca e vale assolutamente la pena di essere visitata. La Citè è la città alta, uno dei più importanti esempi in Europa di città medievale fortificata, chiusa da una doppia cinta muraria, difesa da 52 torri e al cui interno sono visitabili il castello e la chiesa di St-Nazaire.

Tra i due giri di cinta si apre un largo spazio, le Lices, percorribile a piedi per poter ammirare la sovrastante costruzione in tutta la sua bellezza e dal quale entrare in città per il tramite della bellissima porta Narbonnaise: da qui si dipartono delle bellissime stradine acciottolate, ricche di piccole botteghe e localini e, poco più in alto, troviamo l’accesso allo Château Comtal.

Il cammino di ronda
L’accesso al castello
La porta Narbonnaise
Il cammino tra le due cinte murarie

Gli interni sono spogli ma molto belli ed è dalla visita al castello che possiamo percorrere tutto il cammino di ronda, bellissimo e dal quale si apre uno spettacolare panorama della zona limitrofa e della Cathédrale de St-Nazaire, un misto di architettura severa e di strutture in gotico maturo; le vetrate e i rosoni sono spettacolari, l’interno ospita il bassorilievo raffigurante l’assedio di Tolosa del 1218 e la pietra tombale murata di Simone di Montfort.

Una sala del castello
La cattedrale
Gli interni
Le stradine del centro storico

Questa sera rimaniamo a Carcassonne per la notte, siamo stanchi ed accaldati, ma domani rimetteremo in moto il nostro Chewbecca e via per la prossima avventura!

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