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Arte, storia ed architettura/ Serbia/ Viaggi

Di nuovo a scoprire la storia al Viminacium e tappa a Smederevo

La villa dell’area archeologica

Dopo la meravigliosa visita a Golubac ripartiamo alla volta di un altro sito archeologico, quello di Viminacium, importante città dell’Impero Romano, nonchè capitale della provincia della Mesia, sempre lungo le rive del Danubio, silenziosa e costante presenza in questo nostro viaggio molto “on the road”.

Siamo entrati in questo pertugio per esplorare tutta la necropoli

Viminacium venne fondata nel I secolo lungo le rive della Mlava, un affluente del Danubio, tra la fine del principato di Augusto e l’inizio di quello di Tiberio, ma sotto l’egida dell’imperatore Claudio, a seguito dell’annessione della Tracia, il sito iniziò ad ospitare una fortezza legionaria, con il conseguente trasferimento della legione da Naissus (odierna Niś) a Viminacium e rendendo il luogo una sorta di quartier generale delle truppe romane, le stesse che condussero la campagna militare di Traiano contro Decebalo e le sue truppe daciche. Se rammentate il mio post dedicato alla navigazione sul Danubio, avevo inserito un riferimento alla Colonna di Traiano sita a Roma: ebbene, l’anfiteatro rappresentato su di essa è proprio quello del Viminacium.

L’anfiteatro

La località, sotto Adriano, ricevette il rango di municipium, mentre in seguito si fregiò del titolo di capitale della Mesia superiore: proprio qui Caracalla venne proclamato Cesare, nel 196, fino al raggiungimento dello status di colonia romana intorno all’anno 240, tant’è che la zecca di Viminacium coniò monete per diversi imperatori. Da Viminacium transitarono Costantino, Diocleziano, Giustiniano, gli Unni che la ridussero in macerie, certo è che con tutta questa storia che l’ha percorsa nei secoli il sito archeologico offre una varietà di reperti non di poco conto, al punto da essere ribattezzata la “Pompei dei Balcani”; certo è che tutta la zona porta la memoria dell’antica civiltà romana, avanzatissima e ricca di cultura, il che ci porta al consueto quesito, già posto in occasione della scoperta dell’Egitto, ovvero di come una grande civiltà possa lasciare, ad oggi, un paese in così tanta miseria e arretratezza.

Ma quanto sono carine queste panchine incontrate a Smederevo?
La chiesa di San Giorgio
Il pavimento è curiosamente inclinato

Lasciato il sito ci dirigiamo a Smederevo, centro molto grazioso che per un breve periodo, nel corso del XV secolo, fu insignita del titolo di capitale della Serbia e il cui moderno fondatore fu il principe Djurad Brankovic, il quale ne iniziò la costruzione nel 1430 per poi divenire, in Ungheria, il signore di Tokaj, dove iniziò a piantare dei vitigni provenienti proprio da Smederevo e dando origine al noto vino bianco dal quale ha tratto il nome. Da amante del vino non potevo omettere questa curiosità…

Siamo oramai al tramonto e anche questa visita è terminata…

Anche Smederevo, nel corso degli anni, subì la conquista ottomana e divenne ben presto campo di battaglia tra Ungheresi e Ottomani, i quali se la contesero per lunghi anni in un’alternanza di tregue e conflitti, fino al secondo conflitto mondiale, quando venne occupata dalle truppe naziste tedesche e, nel 1999, venne bombardata dagli aerei della NATO; insomma si tratta di una città pesantemente contesa, maltrattata, danneggiata, un po’ come tutta la terra di Serbia, dai vecchi fasti in epoca romana ai devasti successivi, voluta da chiunque e lasciata in uno stato irrispettoso, in mano ad un popolo nazionalista ma estremamente confuso in merito ad una possibile rinascita.

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Kovilj Manastir, Bodjani Manastir e Castello di Bač

Come già riscontrato in altri paesi, vengono allestite delle piattaforme tutte per loro
Kovilj
Il cortile interno del monastero

Kovilj rappresenta il primo monastero che incontriamo rientrando verso casa, uno splendore assoluto cui ho voluto dedicare un post a parte per non appesantire il tutto con troppe fotografie: si tratta di una struttura religiosa dedicata a Sant’Arcangelo, fondato nel 1220 da San Sava per commemorare l’incontro diplomatico tra il re di Serbia e quello d’Ungheria, notoriamente in costante conflitto e che, grazie a tale incontro, prevenirono l’ennesimo scontro. Il monastero venne dedicato ai santi Arcangeli Gabriele e Michele, tuttavia esso subì, come di consueto, molteplici eventi avversi e tra distruzioni, ricostruzioni e rimaneggiamenti vari oggi possiamo ammirare un edificio di rara bellezza, noto anche per ospitare un coro di canti bizantini i cui maestri vantano la fondazione della Scuola di canto bizantino di Novi Sad.

Tutta questa meraviglia l’abbiamo ammirata al monastero di Kovilj
Accediamo al giardino del monastero di Bodani

Il Monastero di Bodani, invece, trova le sue prime tracce sulle prime pietre edificate dal mercante Bogdan, nel 1478, quale segno di gratitudine alla Vergine per avergli guarito gli occhi, mentre l’attuale chiesta del monastero venne costruita nel 1722 da Mihail Tamisvarlija, che ovviamente subì i consueti eventi distruttivi come qualsiasi altro edificio della zona, ma che venne anche riportata agli attuali fasti, quale esempio di arte bizantina e barocca e punto cruciale dell’arte serba.

Accediamo al sito del castello di Bač
Completamente immerso in un’area rurale

Già che ci siamo, facciamo anche una puntatina serale alla Fortezza di Bač (Tvrdjava Bač), per vedere ciò che rimane di una fortezza meravigliosa, ad oggi la migliore della Vojvodina, all’epoca abitata sia dagli Avari che dagli Slavi, fondata da Carlo I, re d’Ungheria, ma ben resto ampliata soprattutto in quanto Bač era il principale crocevia dell’epoca. Infatti le strade per l’Europa, i Balcani e il Mediterraneo si incrociavano qui e l’alta torre centrale consentiva la supervisione e il controllo delle pianure sottostanti, nonchè del traffico fluviale e di quello terrestre, tant’è che anche il fondale della Mostonga venne dragato per consentire il traffico fluviale sino alla fortezza stessa. Nel 1704 essa venne minata e durante la guerra di Indipendenza di Rakoczi venne distrutta, per poi essere successivamente abbandonata in quanto non più rilevante per scopi militari, tuttavia essa rimane la fortezza medievale meglio conservata della zona.

A Bač rimangono anche poche testimonianze di un hammam, non tanto per ciò che ne rimane, ma per la curiosità legato all’unica costruzione islamica della Vojvodina; esso fu costruito dopo la battaglia di Mohach, nel 1529, quando i turchi raggiunsero la zona e questo è quanto sono riuscita a sapere vista la scarsità di informazioni (e anche di offerta storica ed artistica data la chiusura tombale anche della chiesa cittadina).

Ci rivedremo ancora per uno, forse un paio di post e poi brinderemo alla fine di questo viaggio… ma ho altre proposte da portare avanti su queste pagine!

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Fortezza di Golubac: uno splendore bagnato dall’acqua.

Oggi raggiungiamo la Fortezza di Golubac già al mattino, dopo aver dormito nei paraggi in un piazzale poco distante dal parcheggio antistante la fortezza, la giornata è stupenda e ventosa, l’aria è un po’ frizzantina… e la fila già immensa! Arriviamo alla biglietteria un po’ confusi in quanto vi sono più percorsi possibili, scelta che andrebbe esposta prima dell’ingresso visto che senza una scarpa da trekking non permettono di arrivare ad alcune torri e in piena estate non è proprio scontato che il turista medio si attrezzi spontaneamente in tal senso.

Comunque sia acquistiamo i biglietti per la visita base (che, detto tra noi, è stata più che soddisfacente, ma Luca avrebbe voluto vedere tutto sino all’ultima pietra) e, varcata la biglietteria, ci troviamo in un giardino spettacolare fronte fiume, letteralmente bagnato dal Danubio: siamo al cospetto di una struttura quasi interamente realizzata nel corso del XIV secolo, composta da tre cinte murarie e dieci torrioni, soprattutto a sezione quadrangolare e solo in seguito rinforzati per meglio resistere agli attacchi delle armi da fuoco.

La fortezza ha subito un passato pregno di tumulti e vi è incertezza anche in merito alla sua costruzione, di certo vi è che nel corso dei restauri eseguiti tra il 2010 e il 2020 sono emersi i resti di un edificio bizantino antecedente la fortezza, inoltre alcune strutture in pietra e mattoni sono simili a quelle successivamente utilizzate negli hammam ottomani. La fortezza medievale fu contesa tra il Regno di Ungheria e l’Impero Ottomano, mentre dal 1867 è divenuto possedimento della Serbia in via definitiva.

La salita sulle torri consente di spaziare la vista sulle acque del Danubio, infatti ci troviamo sulla sua riva destra, che nel nostro caso è stata allietata da una giornata assolutamente tersa e meravigliosa, che ci ha regalato il cielo più blu che mai potessimo immaginare; è stata una delle visite più belle, a mio parere, insieme alla navigazione fluviale descritta un paio di post addietro perchè quando sono a contatto con l’acqua io sono al colmo della felicità e del benessere!

Gli interni

Si è trattata di una visita da godere a centottanta gradi, senza farsi grosse domande storiche nè artistiche, sicuramente grazie alla giornata meravigliosa, ma che mi sento in ogni caso di consigliare assolutamente… godetevi il lungofiume, la brezza che sale dall’acqua, il panorama e il senso di libertà salendo le torri e volgendo lo sguardo verso questa immensa distesa d’acqua!

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Riprendiamo il nostro lungo viaggio e dirigiamoci verso Valjevo

La chiesa situata nella parte storica della cittadina, la Cattedrale della Resurrezione del Signore

Oramai siamo in giro da molti giorni e le tappe si sommano una sull’altra, motivo per il quale, complici anche le festività natalizie, fatico un po’ a narrarvi le ultime tappe, ma con un po’ di impegno cerco di portare a termine tutto.

I consueti interni meravigliosi

Oggi siamo a Valjevo, una cittadina che ci sconcerta sin dal primo impatto in quanto totalmente deserta, nonostante l’ora di punta e in piena estate, ma comunque cerchiamo un parcheggio un po’ fuori dal centro in maniera tale da non dare fastidio a nessuno e ci incamminiamo alla scoperta di questa cittadina, incontrata grazie alla ricerca della Valjevska Pivara, noto birrificio con annesso spaccio, dove però la scelta offerta agli acquirenti si rivela alquanto scarsa.

Valjevo è una delle rare città che presenta due centri cittadini, uno di fronte all’altro, divisi dal fiume Kolubara, quasi a dimostrare un simbolico contrasto tra Est ed Ovest, secolare collisione in suolo serbo; nel corso del primo conflitto mondiale Valjevo fu il centro del quartier generale dell’esercito serbo, sotto il comando del duca Živojin Mišić, esercito che sconfisse le truppe austroungariche nella battaglia di Kolubara, giusto per fornire un minimo di infarinatura storica. In tale conflitto si ebbe una gran perdita di vite umane, l’intera città venne adibita ad ospedale bellico e vide anche una vasta epidemia tifoide: oggi la città è talmente deserta che sembra quasi di poter assistere ai tristi scenari dell’epoca…

Sulla riva destra si possono ammirare le stradine di Tesnjar, centro storico acciottolato in stile orientale, fiancheggiato da piccole botteghe artigianali delle quali poche ad oggi sopravvivono, ma che riporta alla memoria l’atmosfera turca; dall’altro lato del fiume incontriamo la parte moderna, tipicamente europea, spesso palcoscenico, al pari di Tesnjar, di eventi culturali, artistici e cinematografici… e vi assicuro che passeggiando lungo le stradine acciottolate di Tesnjar si ha la sensazione di trovarsi catapultati nell’antico west tra cavalli imbizzarriti e sparatorie!

Sembrano le strade di un film ambientato nel Far West?

Di storia da raccontare ce ne sarebbe a bizzeffe, ma oramai mi conoscete e sapete come io eviti troppi tecnicismi a favore delle emozioni che un luogo riesce a regalarmi, quindi preferisco accompagnarci lungo le stradine di Valjevo e, foto alla mano, raccontarvi qualcosa. Tuttavia degna di nota è la Cattedrale della Resurrezione del Signore, la più grande chiesa ortodossa di Valjevo, costruita sulla confluenza tra il fiume Reka Gradac a Kolubar, uno dei maggiori templi serbi dopo San Sava di Belgrado: la sua costruzione iniziò nel 1992, in stile serbo-bizantino, su progetto dell’architetto Ljubica Bosnjak, occupa una superficie pari a 978 metri quadri mentre la galleria ne occupa 229, un tanto per darvi l’idea della maestosità.

Una volta attraversato il Kolubara l’aspetto del centro cambia un po’ e si inizia ad incontrare qualche anima viva, ma pur sempre nel deserto totale, il che ci permette una passeggiata rilassante e una visita molto tranquilla alla cittadina, tra chiese e qualche monumento.

Una volta attraversato il ponte…
Si apre la città moderna
Con la sua chiesa… spettacolare al pari dell’altra!

A questo punto, lasciata Valjevo, possiamo dire sia iniziato il nostro viaggio di ritorno, pur se con moltissima calma e toccando varie cittadine: le prime due tappe sono dedicate ad altrettanti monasteri, e posso dire che queste sono le visite migliori di questo viaggio itinerante perchè sono davvero splendidi e curatissimi!

Ci rivediamo nel prossimo post per le visite?

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Passeggiando per le vie di Belgrado

Tutte le città serbe sono ricchissime di fontane e getti d’acqua di ogni tipo.

Finalmente riesco a riportarvi con me dopo molti giorni in cui ho dovuto sospendere l’attività sul blog a causa del lavoro troppo intenso e quindi della poca voglia di approcciarmi ad uno schermo nel poco tempo libero.

Tra le vie di Skardalja…
Case dipinte
Tutto molto bohemien

Riprendiamo la nostra passeggiata per le vie di questa magnifica città e raggiungiamo Skardalija, vecchio quartiere pedonale costituito da un dedalo di stradine ricche di locali e di case colorate, molte delle quali dipinte e che conferiscono al quartiere un’atmosfera bohemien che gli è valso anche un meritato gemellaggio con la parigina Montmartre. La strada principale è lastricata come da usanza turca ed è affiancata da alcune case decorate da disegni ed affreschi, tra le quali quella del pittore e poeta locale Djura Jaksić.

La casa di Djura Jaksić

Di molti punti di interesse vi lascio le foto, proprio perchè si tratta di palazzi o statue incontrate lungo il percorso e dei quali non sempre posso fornire molte notizie; tra questi il palazzo dell’Assemblea Nazionale Serba, costruito sul modello del palazzo del congresso americano.

Il palazzo dell’Assemblea Nazionale Serba
Il monumento intitolato a Stefan Nemanjia
L’interno del monumento

Proseguendo incontriamo il gigantesco monumento a Stefan Nemanjia, considerato il padre della nazione serba e quindi particolarmente amato dal popolo locale, soprattutto in quanto egli fu in grado di unire in un unico stato le diverse entità slave della zona balcanica; accanto al monumento incontriamo ciò che resta del famoso treno blu di Tito, mezzo di trasporto ufficiale e privato del presidente dell’allora Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Infatti il Maresciallo Tito, nonostante la fama e il coraggio di molte scelte politiche, era spaventatissimo dall’idea di volare, pertanto egli optò per la soluzione che meglio gli permetteva di spostarsi mantenendo la possibilità di lavorare nel mentre raggiungeva la tappa desiderata, oltretutto nel lusso assoluto stante il veicolo dotato di ben diciannove carrozze realizzato nelle officine di Smederevska Palanka e di Maribor (quest’ultima attualmente in Slovenia), nonostante successivamente le locomotive vennero sostituite da altre provenienti dalla Repubblica Federale Tedesca e dagli Stati Uniti. Le carrozze del convoglio originale vennero chiamate come alcune importanti battaglie della seconda guerra mondiale: Dinara, Kozara, Stjeska e Neretva; Tito e la consorte Jovanka usarono spesso il convoglio per raggiungere le isole Brioni, al largo della costa istriana, per le vacanze estive, percorrendo la costa montenegrina, assolutamente panoramica ma impervia per un normale treno passeggeri. Dopo tanta storia e tanti sfarzi vedere quel che resta di questo povero treno, abbandonato tra la spazzatura e gli escrementi dei barboni, stringe il cuore, vuoi perchè trattasi di una macchina veramente molto bella, ma soprattutto perchè legata a tanta storia e alle vicissitudini di un uomo che, nel bene o nel male, ha scritto un pezzo di storia; nel mio personale posso dire che ero una bambina che mio nonno, ascoltando la radio, mi raccontava di questo “signor Tito” e quindi, pur ignara di chi fosse nello specifico, per la mia realtà infantile era oramai un nome ricorrente e quasi di famiglia, quindi vederne il treno, così mal ridotto, mi ha riportato il cuore a mio nonno e ho pensato “chissà come ci sarebbe rimasto male Nonno Gigi a vedere questo scempio”…

Ciò che rimane di un pezzo di storia

Sempre ricollegandomi alla storia recente vi lascio uno scatto anche dell’edificio del Ministero della Difesa jugoslavo, capolavoro dell’architettura del dopoguerra, eretto nel 1963 e che, per ironia della sorte, è stato pesantemente bombardato dalle truppe NATO il 7 maggio 1999, nel corso dell’operazione Allied Force; il palazzo è rimasto inalterato dopo la distruzione, assolutamente inamovibile e considerato monumento culturale in ricordo e quale monito futuro.

Ciò che resta del palazzo del Ministero della Difesa dopo il bombardamento
Un palazzo vicino che ancora riporta i segni delle munizioni
Vi assicuro che, osservando a distanza ravvicinata, fanno una certa impressione

Vi lascio qualche scatto anche della Vaznesenjska Crkva, la chiesa dell’Ascensione, tempio ortodosso che custodisce ancora la campana con la quale venne annunciato il Hati-sheriff nel 1830, con cui l’Impero Ottomano concesse l’autonomia alla Serbia; come molti edifici religiosi anch’essa subì saccheggi ed eventi bellici, tuttavia oggi, anche grazie ad un ottimo restauro, appare stupenda e rappresenta un punto fermo per la comunità dei fedeli.

Una delle visite che ci ha impegnati più a lungo è stata quella di Kalemegdanska Tvrdjava, che ha compreso un giro immenso alla fortezza (non estesa… di più), comprensiva di una vasta esposizione di mezzi militari di ogni epoca, dal medioevo sino ai giorni nostri; la visita ci ha portato via quasi tutto il giorno, in quanto la fortezza si estende dalla città bassa, Donji Grad, lungo la sponda meridionale del Danubio, passando per la torre Nebojsa, per la chiesa Ružica e per Sveta Petka, inoltre lungo il percorso si incontrano il bagno turco e la porta Carlo VI; la città alta, Gornji Grad, è occupata da un parco ricco di percorsi pedonali che si snodano tra monumenti, resti di antiche costruzioni e campi sportivi. Incontriamo anche la polveriera, risalente al 1720, manufatti di epoca romana e altri risalenti al periodo dell’occupazione austriaca, tra cui un pozzo, denominato “pozzo romano” nonostante la paternità austriaca, che venne utilizzato quale silo per il grano ma soprattutto è caratterizzato per la grande scala elicoidale che lo percorre e che è stata ispirata da quella del pozzo di San Patrizio di Orvieto.

Una delle porte della fortezza
Una sosta ristoratrice all’uscita dalla fortezza

Di siti interessanti, lungo i percorsi della fortezza, se ne incontrano moltissimi e di ogni epoca, ma mi fermo qua e vi invito, se ne avrete l’occasione, a visitarla: noi l’abbiamo percorsa tutta con un caldo devastante ma ritengo possa essere una bellissima passeggiata nel periodo primaverile.

Alcuni punti più interessanti del percorso ve li ho già descritti in un post specifico dedicato a Santa Petka, quindi penso possiamo proseguire e tuffarci nella città moderna, quella in cui non manca alcun esercizio commerciale voi possiate cercare, quella dei locali, dei ristoranti, della vita sociale e del divertimento; certamente Belgrado non annoia, è piena di vita, di giovani, di modernità, una frattura verso quella Serbia rurale incontrata sino ad oggi, sembrano quasi due paesi diversi ma ve l’avevo detto che si tratta di un paese controverso!

Una delle pause più golose: una piccola realtà imprenditoriale tutta al femminile
Qui potrete gustare dei mini pancakes di ogni tipo!
Puffy Lil’s Pancakes
E adesso una passeggiata per il centro per vivere appieno Belgrado
Che palazzi, eh?
Particolari a sostegno dell’indole spiccatamente nazionalista di questo popolo
Tra passaggi pedonali “complessi”
E ritorni al passato…
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Belgrado: una capitale sospesa tra tradizione e modernità.

Arriviamo finalmente alla tappa più temuta per problemi organizzativi in quanto Belgrado offre un unico punto in cui poter sostare con il camper, ovvero una piccolissima area di sosta che non siamo riusciti a prenotare in quanto non hanno mai risposto alle nostre mail, oltre ad essere lontanissima dal centro (e i bus non accettano animali a bordo).

Ho cercato di riprendere più lati del tempio perché tra barriere e traffico era impossibile avere uno scatto soddisfacente.

Riusciamo ad incastrarci nel caos che affolla il piccolo parcheggio, fiduciosi nel fatto che, come consigliatoci dai gestori, utilizzando un servizio taxi simile ad Uber, dotato di mezzi pet friendly, saremmo riusciti a raggiungere il centro, motivo per il quale ci apprestiamo a scaricare l’app, prenotiamo la chiamata, paghiamo il sovrapprezzo prioritario altrimenti nemmeno ti rispondono, attendiamo il mezzo inviatoci che, appena vede i nostri “pets” si rifiuta di offrirci il servizio di trasporto; dopo una lite furiosa con il servizio clienti ci viene reso l’importo pagato per il prioritario con mille scuse ma noi siamo ancora lì, fermi sotto il sole cocente e senza sapere come fare. Dopo aver deciso di comunicare ai gestori la nostra volontà di andarcene, chiedendo quindi il rimborso di due notti di sosta, finalmente si offrono di portarci e venirci a riprendere, con tariffa taxi, che a noi ovviamente sta benissimo (magari dircelo prima di farci perdere quasi tre ore…).

Già l’ingresso apre lo sguardo alla magia.
Pochi passi ancora e ci si trova sotto la cupola centrale.

Polemica fatta, ora procediamo con la visita alla città: meravigliosa!!! Si tratta di una città tra le più antiche d’Europa, situata nella Serbia centrale, proprio alla confluenza dei fiumi Sava e Danubio, all’incontro della penisola balcanica con la Pannonia: dal 1919 al 1929 fu la capitale del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, per poi rivestire il ruolo di capitale della Jugoslavia sino al 1992. E’ una vera e propria metropoli, con più di un milione e mezzo di abitanti, capitale economica, finanziaria, culturale e scientifica del paese, il cui nome in origine fu Singidun, di origine celtica, ma conosciuta anche come Alba Bulgarica, stante i decenni in cui i Bulgari dominarono il territorio. Il nome Beograd significa “città bianca” e le venne dato da Papa Giovanni VIII, nonostante venne usato per un brevissimo periodo, subendo l’assegnazione di nomi diversi a seconda delle dominazioni e delle occupazioni presenti sul territorio, tra cui Prinz-Eugenstadt durante l’occupazione tedesca subita nel corso del secondo conflitto mondiale.

La storia che ha accompagnato Belgrado è vastissima, motivo per il quale c’è tanto, tantissimo da vedere, oltre alla possibilità di vivere una città estremamente moderna e giovane, quindi vi accompagnerò nelle visite più rilevanti senza tediarvi, magari dividendo il tutto in due post, così come del resto la abbiamo visitata noi in due giornate.

Questo post tocca solo “Lei”, la bellezza assoluta, poichè le foto sono tante e non voglio appesantire l’articolo: il Tempio di San Sava, la più grande chiesa ortodossa dell’area balcanica, che si innalza per 70 metri e che in realtà vorrebbe imitare la cattedrale Hagia Sophia di Istanbul e che anche per questo ha subito pesanti critiche, tuttavia l’interno è di una bellezza da togliere il fiato.

Il tempio sorge al centro di Belgrado, collegato alla vasta piazza Slavija, ed è dedicato a San Sava, venerato in tutta l’Europa orientale e le cui spoglie vennero bruciate dai turchi su una pira proprio nel punto in cui sorge il tempio, che nacque un decennio dopo la liberazione dall’oppressione turca, inizialmente quale chiesa commemorativa e poi successivamente ampliato a partire dal 1906. I lavori però subirono svariati rallentamenti, prima a causa del conflitto con la Bulgaria, poi del primo conflitto mondiale, per riprendere nel 1919 e subire una ulteriore interruzione nel 1941 a seguito dei bombardamenti tedeschi; dopo altre sospensioni di varia natura si arrivò alla ripresa dei lavori ad opera del patriarca German, che negli anni proseguirono anche se ad oggi non risultano essere ancora terminati.

Il tempio presenta una struttura a pianta centrale sulla quale si apre la maestosità di una cupola dalla bellezza mozzafiato, mentre i lati corti, quattro in totale vista la struttura a croce greca , sono sormontati da altrettante semicupole, ottenendo una struttura abbastanza omogenea di 91 metri di lunghezza e 81 di larghezza, esternamente in marmo travertino e con la capienza per ospitare diecimila persone.

Scendiamo nella cripta…
Immensa…

La cripta sono riuscita a vederla per un mero miracolo e di corsa in quanto, al momento della visita, era chiusa; ero rientrata per un attimo avendo dimenticato di cercare un particolare e, miracolo, la cripta era stata aperta… purtroppo di lì a pochi minuti il nostro accompagnatore ci sarebbe passato a prendere per riaccompagnarci all’area camper e, detto tra noi, guai a ritardare di mezzo minuto in quanto molto puntiglioso e pressante. La cripta, oltre alla bellezza, contiene il tesoro di San Sava e il sepolcro del despota Stefan Lazar Hrebeljanović.
Da dire ce ne sarebbe ancora moltissimo, ma ho voluto darvi solo qualche informazione per la comprensione del luogo, il resto come al solito lo lascio alle immagini con la promessa di accompagnarvi a visitare il resto della città quanto prima. Purtroppo ultimamente vado al rallentatore perché ho un periodo pesantissimo dal punto di vista lavorativo, ma prometto di provarci ad accelerare un po’, nonostante ogni tanto inserisca qualche intervallo di lettura.

Serbia/ Viaggi

Lepenski Vir e Monastero di Sveta Petka

L’ingresso al sito, raggiungibile dopo una breve passeggiata in un bosco ricco di piante di ogni specie e perfettamente segnalate.

Lasciate le rive del Danubio decidiamo di raggiungere Lepenski Vir, località che ospita un importante sito archeologico del mesolitico: siamo al centro della penisola balcanica e ammiriamo un insediamento di notevoli dimensioni attorniato da dieci villaggi satelliti, che ci induce ad immaginare una presenza umana a partire dal 7000 a.C. e che raggiunse il suo massimo sviluppo tra il 5300 e il 4800 a.C.. Da quanto apprendiamo nel corso della visita e dalle testimonianze architettoniche, la civiltà di Lepenski Vir è stata ricca di vita sociale e religiosa, nonchè di notevole livello culturale.

L’intero sito è al coperto al fine di mantenerlo in condizioni perfette.

Il sito sorge sulla riva meridionale del Danubio, presso il centro abitato di Donji Milanovac, in prossimità delle Porte di Ferro, quindi siamo poco distanti dalla terra rumena: i primi scavi risalgono al 1965, quindi si tratta di un sito relativamente recente, tuttavia solo due anni dopo vi fu il ritrovamento delle prime sculture mesolitiche e da qui la sua importanza; nel 1971 gli scavi furono portati a termine, tuttavia l’intero sito venne trasferito 29,7 m. più a monte per evitare l’inondazione conseguente all’apertura di una diga, che sarebbe avvenuta nel corso dell’anno seguente.

L’unica parte all’aperto ci accompagna alla ricostruzione delle capanne tipiche dell’epoca.
L’interno di una capanna.

Il sito rappresenta diverse fasi archeologiche che vanno a coprire oltre un millennio di storia, dal mesolitico al neolitico e quanto ritrovato consiste principalmente in utensili di pietra e ossa, in resti di abitazioni ed oggetti rituali, tra i quali alcune sculture in pietra; lo sviluppo dell’insediamento si ritiene sia stato fortemente influenzato sia dalla presenza del Danubio, in quanto necessaria riserva idrica, sia dal varco attraverso i Carpazi, costituendo quindi una morfologia favorevole per la produzione alimentare, incentrata soprattutto sulla pesca, e di materiali da costruzione.

Una curiosità relativa a questi antichi insediamenti: mentre le inumazioni dei morti avvenivano in un cimitero al di fuori delle mura del villaggio, gli anziani notabili venivano cremati dietro il camino delle case, secondo un preciso rito religioso.

Sveta Petka, raggiungibile scendendo una scalinata.
L’altare.

Terminata la visita a Lepenski Vir ci avviciniamo al Monastero di Sveta (Santa) Petka, sito all’interno delle mura di Kalemegdanska Trvdjava: si narra che nell’anno 1396 la moglie del principe Lazar Hrebeljanovic, Milica, prese in consegna le spoglie di santa Parascheva (Petka in lingua serba) per tumularla in un’area della città di Belgrado nella quale sorgeva una fonte ritenuta miracolosa e presso la quale sorgeva una piccola cappella, eretta ad opera di un generale dell’esercito. Dopo la conquista turca del 1521, il corpo venne trasferito a Costantinopoli e la cappella cadde quindi in disuso, per poi essere in parte demolita dai Turchi che vi costruirono una moschea, e successivamente definitivamente demolita ad opera degli Austriaci nel 1737. Nel 1937 il patriarca Varnava ebbe l’iniziativa di erigere una nuova cappella nei pressi di quella precedente, ma nel corso degli scavi fu ritrovato un centro di sepoltura dei soldati serbi caduti nel corso del primo conflitto mondiale, i cui resti vennero quindi traslati sotto la vicina torre di Jaksic.

I mosaici visibili dal cortile antistante.

Insomma la giornata odierna è stata interessante come le precedenti, quindi lasciamo questa meravigliosa oasi di pace e di serenità per avvicinarci al Castello di Golubac: un luogo bellissimo, una delle tappe migliori, ma lo vedremo insieme nel prossimo post!

Prima di recarci a Golubac, però, voglio mostrarvi ancora un paio di scatti fatti in una chiesetta piccolissima, sita nei pressi di Sveta Petka: si tratta di Crkva Ruzica, raccolta e stupenda, a soprattutto intestata ad una delle tre pie sorelle, Ruzica, Marica e Cveta, ciascuna delle quali avrebbe creato una chiesa nella zona. Non vi tedio con altra storia e vi lascio alle immagini perché é davvero meravigliosa!

Particolare del muro esterno.
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Navigando lungo il Danubio fino alle coste della Romania

Quella che vi racconto oggi è stata una giornata meravigliosa: il mio amore per l’acqua è noto, ma poter navigare dopo tante giornate di sole intenso e aria torrida è stato un sollievo apprezzatissimo! Prima di raggiungere le prossime tappe nel calore assurdo che ci ha accompagnati giorno dopo giorno, abbiamo trovato una piccola compagnia di navigazione a gestione familiare, diretta da una donna fantastica, Nataša, prima capitana fluviale serba, che ci ha accompagnati a bordo della sua barchetta a motore a visitare le Porte di Ferro, la Tabula Traiana e la statua del re Decebalo.

In navigazione…
…diretti verso le Porte di Ferro (la vedete quella gola in fondo?).

Salpiamo da un piccolo molo in mezzo al bosco e, dopo una breve navigazione, raggiungiamo le Porte di Ferro, il punto in cui le acque del Danubio sono più profonde ma il passaggio risulta essere più stretto e che non sono altro che una stretta gola tra la Serbia e la Romania; esse segnano il passaggio dai Carpazi meridionali ai Balcani e alimentano anche due centrali idroelettriche grazie ad un canale artificiale. In realtà le gole presenti sono molteplici, tuttavia quella che abbiamo attraversato è la principale, la Grande Kazan (kazan significa letteralmente “calderone”), ed è il punto i cui il fiume si restringe a 150 m. e raggiunge la profondità di 53 m.

La Tabula Traiana.
Lungo la costa rumena.

Dalle Porte di Ferro raggiungiamo la Tabula Traiana, sulla riva opposta dl Danubio, in terra rumena, che per quasi duemila anni ha scrutato il corso del Danubio in attesa del ritorno di Decebalo, fino al 2004, anno in cui è stata inaugurata la gigantesca effige del vecchio re, scolpita nella roccia quasi di fronte alla stele, voluta e quasi interamente finanziata dall’imprenditore ed accademico rumeno Dragan, tant’è che, alla base della stele, leggiamo “Decebalus rex – Dragan fecit”.

Fino a raggiungere Decebalo.

Il blocco della Tabula Traiana, nel corso degli anni sessanta, è stato sollevato di quasi 50 metri per salvarlo dall’innalzamento del livello del fiume a seguito della costruzione della diga di Djerdap (e delle due centrali idroelettriche, di conseguenza); la stessa attenzione non si è potuta invece riservare all’isola di Ada Kaleh, situata davanti alla diga ed ex enclave turca, che è stata completamente sommersa dalle acque del Danubio insieme alla sua fortezza, alla moschea e al dedalo di vicoli e di antichi caffè.

In navigazione…

Ma due cenni storici stavolta sono dovuti per meglio comprendere l’importanza del luogo: nella prima campagna militare contro i Daci, Traiano sconfigge Decebalo ma la capitale, Sarmizegetusa, è salva, pertanto il regno dei Daci non capitola e ciò porta ad un breve armistizio. Traiano usa la breve pausa per rafforzare il limes del Danubio e per preparare una seconda campagna contro gli avversari, tra cui vi sarà la costruzione di un ponte sul fiume a collegamento tra la fortezza di Pontes in Mesia Superiore con quella di Drobeta in Dacia, al fine di entrare nel territorio nemico con maggiore facilità. Degno di nota il fatto che il ponte venne progettato dall’architetto Apollodoro di Damasco, lo stesso che realizzò il foro di Traiano a Roma.

Mi fermo qui con le noiosissime tracce storiche, ma utili a comprendere l’astio tra Traiano e Decebalo: quello che a noi interessa in questo momento è la risalita lungo un tratto meraviglioso di questo imponente fiume che del resto attraversa mezza Europa. Il suo corso, navigando lungo la via di Traiano, attraversa il parco nazionale di Djerdap e le sue gole, dove i Carpazi e i Balcani collidono, dove Sipska Klisura, Mali Kazan e Veliki Kazan presentano delle pareti a strapiombo che si restringono fino a 150 m., il punto più stretto del Danubio, poi si naviga verso Gospodin Vir, punto di massima profondità del fiume con i suoi 82m., e infine Golubac. Si tratta di acque difficilmente navigabili, specie nell’antichità quando il corso, non ancora modificato dall’opera dell’uomo, erano molto turbolente e ricche di rapide, di gorghi e vortici pericolosissimi e che pure venivano quotidianamente affrontati da dei navigatori di rara maestria.

Volevo parlarvi anche di Lepenski Vir, magnifica area archeologica, ma il post è già molto lungo, del resto non poteva essere diverso visto il mio viscerale amore per l’acqua e per la navigazione: vi ho fornito le informazioni avute da Nataša, che ci ha allietati di un’ottima visita guidata in lingua inglese e che mi sono limitata a riportarvi con qualche limatura dettata dagli appunti presi la sera stessa e da qualche informazione reperita on line in quanto ero carente sui dati numerici relativi al Danubio, per mia dimenticanza.

Ci rivediamo al parco archeologico!

Serbia/ Viaggi

Una giornata in giro per monasteri

L’ingresso al Monastero di Sopoćani

Questa giornata del nostro viaggio in terra balcanica è stato costellato unicamente da spostamenti da un monastero all’altro, una giornata estremamente rilassante dopo tappe costituite esclusivamente da camminate infinite, anche se un po’ meno adatta alle nostre quattrozampe, alle quali ovviamente l’accesso era interdetto, nonostante spesso le nostre visite vengano fatte a turno proprio per evitar loro di attendere in camper e poter godere ugualmente di quattro passi.

La sera precedente abbiamo raggiunto il Monastero di Sopoćani e abbiamo dormito nel parcheggio antistante, il che ci ha permesso di riposare nel silenzio monastico più assoluto e di godere di una fresca brezza, vista l’altitudine, graditissima in questo periodo torrido.

Il monastero, dono del re Stefano Uroš I, venne costruito nella seconda metà del XIII secolo nei pressi delle sorgenti del fiume Raska, che scorre poco distante dal piazzale che ci ha ospitati; la chiesa è dedicata alla Santissima Trinità e venne completata nel 1265, mentre solo in seguito ne furono decorati gli interni. Si tratta ovviamente di un complesso di rito ortodosso ed è inserito nell’itinerario culturale del Consiglio d’Europa Transromanica. Gli affreschi in esso contenuti si ritiene siano antecedenti a Cimabue, quindi di matrice bizantina, nonostante purtroppo i dipinti della cupola non siano sopravvissuti al tempo.

Nel corso del XVI secolo i monaci dovettero lasciare il monastero in diverse occasioni a causa delle costanti minacce da parte dell’impero ottomano, i quali nel 1689 lo diedero alle fiamme costringendo i monaci alla fuga in Kosovo e lasciando quindi la struttura disabitata per più di due secoli e completamente in rovina. Nel corso del XX secolo venne portato avanti un massiccio restauro, conclusosi con il magnifico risultato che ad oggi ci viene offerto, e che è tuttora sede di una cospicua comunità di religiosi.

Purtroppo in restauro…

Nel 1979 esso è stato inserito tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.

Il giardino del Monastero di Studenica è spettacolare.

La tappa seguente ha interessato il Monastero di Studenica, bellissimo complesso ricco di edifici e circondato da un giardino di meli, oltretutto lo abbiamo raggiunto in una giornata meravigliosa di cielo terso e ventilata: dopo una rilassante passeggiata nel giardino abbiamo raggiunto la chiesa, inferiore ad altre per decorazioni ma non per solerzia del custode che ci ha rincorsi con un fastidioso mantello in quanto avevamo le caviglie scoperte (!!!)… non aggiungo altro…

Le due chiese, profondamente diverse.
Ma quanta bellezza…

Il monastero venne fondato nel 1190 da Stefano Nemanja, capostipite del moderno stato serbo, le sue mura fortificate racchiudono due chiese, quella della Vergine e quella del Re, entrambe edificate in marmo bianco; il monastero è conosciuto per i suoi splendidi affreschi in stile bizantino del XIII e XIV secolo.

Anch’esso è stato incluso tra i patrimoni dell’umanità UNESCO ed è inserito, al pari del precedente, nell’itinerario culturale del Consiglio d’Europa Transromanica.

Il Monastero di Ziča
La volta di ingresso.

Da ultimo abbiamo visitato il Monastero di Ziča, complesso abbaziale ortodosso intitolato all’Ascensione di Gesù e risalente al XIII secolo, sito a pochi chilometri da Kraljevo. Poco si sa della sua edificazione, anche se si suppone essa abbia avuto inizio tra il 1206 e il 1209, ad opera di Stefano II Nemanjić, figlio di Stefano Nemanja, il quale decise di erigere un luogo di spiritualità nella valle formata dalla confluenza dei fiumi Ibar e Morava occidentale, essendo una zona fertile e strategica per la comunicazione e il commercio, quale punto equidistante tra Bisanzio e Roma.

Al pari di altri complessi monastici, anch’esso subì attacchi e distruzioni, tra i quali ricordiamo l’incendio ad opera dei Tatari alla fine del 1200 e i danni subiti nel corso di ambedue i conflitti mondiali; ad oggi esso risulta perfettamente ricostruito e molto gradevole nell’aspetto, specie dopo la ricostruzione seguita al terremoto del 1987. Lo stile architettonico è quello tipico della Rascia, zona geografica serba, e vi si accede tramite una volta a sesto acuto sormontata da una torre che all’epoca fungeva anche da campanile, forse unico elemento superstite di un’antica cinta muraria, come da tradizione presso le abbazie medievali serbe.

L’unica foto scattata all’interno in quanto vi era una cerimonia in corso.

Ad oggi il monastero è abitato da una comunità di monache, retta da una badessa, e al suo interno esse gestiscono gli aspetti pratici della struttura, la biblioteca, l’archivio, la pittura di icone e la produzione di succhi di frutta e di distillati che, venduti al pubblico, aiutano la sopravvivenza della comunità.

Serbia/ Viaggi

Secondo giorno in Serbia e una piccola delusione…

Immagine che, idealmente, rappresenta un uomo, una donna ed un bambino.

Dopo aver lasciato Niś ci apprestiamo a visitare i dintorni, tra cui il Bubanj Memorial Park, del quale vi avevo accennato nel precedente post, un complesso commemorativo della seconda guerra mondiale istituito in ricordo dell’esecuzione di oltre diecimila cittadini serbi.

Al sito si accede dopo una breve e piacevole passeggiata nel bosco, tant’è che noi ce la siamo fatta con le cagnoline, soprattutto visto che, contrariamente a quanto avviene nel nostro paese, il memoriale non prevede alcun divieto di accesso agli animali.

L’accesso al memoriale.

Lasciato il memoriale ci siamo recati alla Torre dei Teschi, interessantissima vista l’originalità del luogo, indubbiamente un po’ macabra, ma vale una visita: si tratta di una torre che incorpora dei teschi umani nella sua costruzione, fatta erigere dai turchi ottomani presso la città di Niś, che sorge sul sito della Battaglia di Ćegar, quale monito ai serbi volto a dissuaderli dal proseguire nella rivolta contro l’impero ottomano.

Accesso alla Torre dei Teschi.
Uno dei quattro lati della torre.

Come ultima tappa della giornata abbiamo visitato lo scavo archeologico di Costantino, a Medijana, un sito archeologico di epoca tardo romana situato nel sobborgo orientale della città di Niś; esso rappresenta quel che resta di una lussuosa residenza altamente organizzata, grazie alla presenza di una villa completa di peristilio, di terme, di un granaio e addirittura di una torre dell’acqua. Il sito sorge su una importante via commerciale della ex strada romana “via militaris” che collegava l’attuale Belgrado (allora Singidunum) a Sofia (Sedica) e Istanbul (Costantinopoli); la sua posizione ha fortemente condizionato il suo rapido sviluppo economico, in particolar modo nel IV secolo d.C., periodo in cui Naissus, attuale Niś, era una città imperiale prospera anche grazie alla fabbricazione di armi. Il sito porta in evidenza la vita dell’aristocrazia romana e della popolazione locale, tra ville di lusso, fienili, centri artigianali, oltre alle sopra citate terme, il tutto riccamente decorato con dei mosaici meravigliosi e tutt’ora ben conservati, alcuni con motivi geometrici e floreali, mentre ricordiamo uno raffigurante la testa di Medusa e un altro riportante la figura di una divinità fluviale (probabilmente Nettuno).

I mosaici.
Il forno.

La delusione citata nel titolo, invece, riguarda Novi Pazar, cittadina esclusivamente islamica che detiene il primato di sede della più bella moschea di Serbia: avevo già letto delle recensioni in cui si citava la cattiva accoglienza dei suoi abitanti, cosa che purtroppo abbiamo avuto modo di confermare. Ci siamo ritrovati a dover transitare per il centro, strada obbligata per raggiungere il parcheggio, ma ci siamo sentiti non voluti, ostacolati, addirittura ci siamo beccati un urto (volontario) sullo specchio retrovisore, quindi ci abbiamo ragionato sopra, soprattutto alla luce del fatto che essendo accompagnati da due cani non avremmo avuto una bella accoglienza; ci è dispiaciuto perchè sarebbe stata una visita curiosa, tra moschee ovunque, il canto del muezzin e la vista su un cimitero a cielo aperto ricco di monumenti di arte islamica, insomma si trattava della nostra consueta curiosità verso una cultura diversa dalla nostra!

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