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Lepenski Vir e Monastero di Sveta Petka

L’ingresso al sito, raggiungibile dopo una breve passeggiata in un bosco ricco di piante di ogni specie e perfettamente segnalate.

Lasciate le rive del Danubio decidiamo di raggiungere Lepenski Vir, località che ospita un importante sito archeologico del mesolitico: siamo al centro della penisola balcanica e ammiriamo un insediamento di notevoli dimensioni attorniato da dieci villaggi satelliti, che ci induce ad immaginare una presenza umana a partire dal 7000 a.C. e che raggiunse il suo massimo sviluppo tra il 5300 e il 4800 a.C.. Da quanto apprendiamo nel corso della visita e dalle testimonianze architettoniche, la civiltà di Lepenski Vir è stata ricca di vita sociale e religiosa, nonchè di notevole livello culturale.

L’intero sito è al coperto al fine di mantenerlo in condizioni perfette.

Il sito sorge sulla riva meridionale del Danubio, presso il centro abitato di Donji Milanovac, in prossimità delle Porte di Ferro, quindi siamo poco distanti dalla terra rumena: i primi scavi risalgono al 1965, quindi si tratta di un sito relativamente recente, tuttavia solo due anni dopo vi fu il ritrovamento delle prime sculture mesolitiche e da qui la sua importanza; nel 1971 gli scavi furono portati a termine, tuttavia l’intero sito venne trasferito 29,7 m. più a monte per evitare l’inondazione conseguente all’apertura di una diga, che sarebbe avvenuta nel corso dell’anno seguente.

L’unica parte all’aperto ci accompagna alla ricostruzione delle capanne tipiche dell’epoca.
L’interno di una capanna.

Il sito rappresenta diverse fasi archeologiche che vanno a coprire oltre un millennio di storia, dal mesolitico al neolitico e quanto ritrovato consiste principalmente in utensili di pietra e ossa, in resti di abitazioni ed oggetti rituali, tra i quali alcune sculture in pietra; lo sviluppo dell’insediamento si ritiene sia stato fortemente influenzato sia dalla presenza del Danubio, in quanto necessaria riserva idrica, sia dal varco attraverso i Carpazi, costituendo quindi una morfologia favorevole per la produzione alimentare, incentrata soprattutto sulla pesca, e di materiali da costruzione.

Una curiosità relativa a questi antichi insediamenti: mentre le inumazioni dei morti avvenivano in un cimitero al di fuori delle mura del villaggio, gli anziani notabili venivano cremati dietro il camino delle case, secondo un preciso rito religioso.

Sveta Petka, raggiungibile scendendo una scalinata.
L’altare.

Terminata la visita a Lepenski Vir ci avviciniamo al Monastero di Sveta (Santa) Petka, sito all’interno delle mura di Kalemegdanska Trvdjava: si narra che nell’anno 1396 la moglie del principe Lazar Hrebeljanovic, Milica, prese in consegna le spoglie di santa Parascheva (Petka in lingua serba) per tumularla in un’area della città di Belgrado nella quale sorgeva una fonte ritenuta miracolosa e presso la quale sorgeva una piccola cappella, eretta ad opera di un generale dell’esercito. Dopo la conquista turca del 1521, il corpo venne trasferito a Costantinopoli e la cappella cadde quindi in disuso, per poi essere in parte demolita dai Turchi che vi costruirono una moschea, e successivamente definitivamente demolita ad opera degli Austriaci nel 1737. Nel 1937 il patriarca Varnava ebbe l’iniziativa di erigere una nuova cappella nei pressi di quella precedente, ma nel corso degli scavi fu ritrovato un centro di sepoltura dei soldati serbi caduti nel corso del primo conflitto mondiale, i cui resti vennero quindi traslati sotto la vicina torre di Jaksic.

I mosaici visibili dal cortile antistante.

Insomma la giornata odierna è stata interessante come le precedenti, quindi lasciamo questa meravigliosa oasi di pace e di serenità per avvicinarci al Castello di Golubac: un luogo bellissimo, una delle tappe migliori, ma lo vedremo insieme nel prossimo post!

Prima di recarci a Golubac, però, voglio mostrarvi ancora un paio di scatti fatti in una chiesetta piccolissima, sita nei pressi di Sveta Petka: si tratta di Crkva Ruzica, raccolta e stupenda, a soprattutto intestata ad una delle tre pie sorelle, Ruzica, Marica e Cveta, ciascuna delle quali avrebbe creato una chiesa nella zona. Non vi tedio con altra storia e vi lascio alle immagini perché é davvero meravigliosa!

Particolare del muro esterno.
Serbia/ Viaggi

Navigando lungo il Danubio fino alle coste della Romania

Quella che vi racconto oggi è stata una giornata meravigliosa: il mio amore per l’acqua è noto, ma poter navigare dopo tante giornate di sole intenso e aria torrida è stato un sollievo apprezzatissimo! Prima di raggiungere le prossime tappe nel calore assurdo che ci ha accompagnati giorno dopo giorno, abbiamo trovato una piccola compagnia di navigazione a gestione familiare, diretta da una donna fantastica, Nataša, prima capitana fluviale serba, che ci ha accompagnati a bordo della sua barchetta a motore a visitare le Porte di Ferro, la Tabula Traiana e la statua del re Decebalo.

In navigazione…
…diretti verso le Porte di Ferro (la vedete quella gola in fondo?).

Salpiamo da un piccolo molo in mezzo al bosco e, dopo una breve navigazione, raggiungiamo le Porte di Ferro, il punto in cui le acque del Danubio sono più profonde ma il passaggio risulta essere più stretto e che non sono altro che una stretta gola tra la Serbia e la Romania; esse segnano il passaggio dai Carpazi meridionali ai Balcani e alimentano anche due centrali idroelettriche grazie ad un canale artificiale. In realtà le gole presenti sono molteplici, tuttavia quella che abbiamo attraversato è la principale, la Grande Kazan (kazan significa letteralmente “calderone”), ed è il punto i cui il fiume si restringe a 150 m. e raggiunge la profondità di 53 m.

La Tabula Traiana.
Lungo la costa rumena.

Dalle Porte di Ferro raggiungiamo la Tabula Traiana, sulla riva opposta dl Danubio, in terra rumena, che per quasi duemila anni ha scrutato il corso del Danubio in attesa del ritorno di Decebalo, fino al 2004, anno in cui è stata inaugurata la gigantesca effige del vecchio re, scolpita nella roccia quasi di fronte alla stele, voluta e quasi interamente finanziata dall’imprenditore ed accademico rumeno Dragan, tant’è che, alla base della stele, leggiamo “Decebalus rex – Dragan fecit”.

Fino a raggiungere Decebalo.

Il blocco della Tabula Traiana, nel corso degli anni sessanta, è stato sollevato di quasi 50 metri per salvarlo dall’innalzamento del livello del fiume a seguito della costruzione della diga di Djerdap (e delle due centrali idroelettriche, di conseguenza); la stessa attenzione non si è potuta invece riservare all’isola di Ada Kaleh, situata davanti alla diga ed ex enclave turca, che è stata completamente sommersa dalle acque del Danubio insieme alla sua fortezza, alla moschea e al dedalo di vicoli e di antichi caffè.

In navigazione…

Ma due cenni storici stavolta sono dovuti per meglio comprendere l’importanza del luogo: nella prima campagna militare contro i Daci, Traiano sconfigge Decebalo ma la capitale, Sarmizegetusa, è salva, pertanto il regno dei Daci non capitola e ciò porta ad un breve armistizio. Traiano usa la breve pausa per rafforzare il limes del Danubio e per preparare una seconda campagna contro gli avversari, tra cui vi sarà la costruzione di un ponte sul fiume a collegamento tra la fortezza di Pontes in Mesia Superiore con quella di Drobeta in Dacia, al fine di entrare nel territorio nemico con maggiore facilità. Degno di nota il fatto che il ponte venne progettato dall’architetto Apollodoro di Damasco, lo stesso che realizzò il foro di Traiano a Roma.

Mi fermo qui con le noiosissime tracce storiche, ma utili a comprendere l’astio tra Traiano e Decebalo: quello che a noi interessa in questo momento è la risalita lungo un tratto meraviglioso di questo imponente fiume che del resto attraversa mezza Europa. Il suo corso, navigando lungo la via di Traiano, attraversa il parco nazionale di Djerdap e le sue gole, dove i Carpazi e i Balcani collidono, dove Sipska Klisura, Mali Kazan e Veliki Kazan presentano delle pareti a strapiombo che si restringono fino a 150 m., il punto più stretto del Danubio, poi si naviga verso Gospodin Vir, punto di massima profondità del fiume con i suoi 82m., e infine Golubac. Si tratta di acque difficilmente navigabili, specie nell’antichità quando il corso, non ancora modificato dall’opera dell’uomo, erano molto turbolente e ricche di rapide, di gorghi e vortici pericolosissimi e che pure venivano quotidianamente affrontati da dei navigatori di rara maestria.

Volevo parlarvi anche di Lepenski Vir, magnifica area archeologica, ma il post è già molto lungo, del resto non poteva essere diverso visto il mio viscerale amore per l’acqua e per la navigazione: vi ho fornito le informazioni avute da Nataša, che ci ha allietati di un’ottima visita guidata in lingua inglese e che mi sono limitata a riportarvi con qualche limatura dettata dagli appunti presi la sera stessa e da qualche informazione reperita on line in quanto ero carente sui dati numerici relativi al Danubio, per mia dimenticanza.

Ci rivediamo al parco archeologico!

Serbia/ Viaggi

Una giornata in giro per monasteri

L’ingresso al Monastero di Sopoćani

Questa giornata del nostro viaggio in terra balcanica è stato costellato unicamente da spostamenti da un monastero all’altro, una giornata estremamente rilassante dopo tappe costituite esclusivamente da camminate infinite, anche se un po’ meno adatta alle nostre quattrozampe, alle quali ovviamente l’accesso era interdetto, nonostante spesso le nostre visite vengano fatte a turno proprio per evitar loro di attendere in camper e poter godere ugualmente di quattro passi.

La sera precedente abbiamo raggiunto il Monastero di Sopoćani e abbiamo dormito nel parcheggio antistante, il che ci ha permesso di riposare nel silenzio monastico più assoluto e di godere di una fresca brezza, vista l’altitudine, graditissima in questo periodo torrido.

Il monastero, dono del re Stefano Uroš I, venne costruito nella seconda metà del XIII secolo nei pressi delle sorgenti del fiume Raska, che scorre poco distante dal piazzale che ci ha ospitati; la chiesa è dedicata alla Santissima Trinità e venne completata nel 1265, mentre solo in seguito ne furono decorati gli interni. Si tratta ovviamente di un complesso di rito ortodosso ed è inserito nell’itinerario culturale del Consiglio d’Europa Transromanica. Gli affreschi in esso contenuti si ritiene siano antecedenti a Cimabue, quindi di matrice bizantina, nonostante purtroppo i dipinti della cupola non siano sopravvissuti al tempo.

Nel corso del XVI secolo i monaci dovettero lasciare il monastero in diverse occasioni a causa delle costanti minacce da parte dell’impero ottomano, i quali nel 1689 lo diedero alle fiamme costringendo i monaci alla fuga in Kosovo e lasciando quindi la struttura disabitata per più di due secoli e completamente in rovina. Nel corso del XX secolo venne portato avanti un massiccio restauro, conclusosi con il magnifico risultato che ad oggi ci viene offerto, e che è tuttora sede di una cospicua comunità di religiosi.

Purtroppo in restauro…

Nel 1979 esso è stato inserito tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.

Il giardino del Monastero di Studenica è spettacolare.

La tappa seguente ha interessato il Monastero di Studenica, bellissimo complesso ricco di edifici e circondato da un giardino di meli, oltretutto lo abbiamo raggiunto in una giornata meravigliosa di cielo terso e ventilata: dopo una rilassante passeggiata nel giardino abbiamo raggiunto la chiesa, inferiore ad altre per decorazioni ma non per solerzia del custode che ci ha rincorsi con un fastidioso mantello in quanto avevamo le caviglie scoperte (!!!)… non aggiungo altro…

Le due chiese, profondamente diverse.
Ma quanta bellezza…

Il monastero venne fondato nel 1190 da Stefano Nemanja, capostipite del moderno stato serbo, le sue mura fortificate racchiudono due chiese, quella della Vergine e quella del Re, entrambe edificate in marmo bianco; il monastero è conosciuto per i suoi splendidi affreschi in stile bizantino del XIII e XIV secolo.

Anch’esso è stato incluso tra i patrimoni dell’umanità UNESCO ed è inserito, al pari del precedente, nell’itinerario culturale del Consiglio d’Europa Transromanica.

Il Monastero di Ziča
La volta di ingresso.

Da ultimo abbiamo visitato il Monastero di Ziča, complesso abbaziale ortodosso intitolato all’Ascensione di Gesù e risalente al XIII secolo, sito a pochi chilometri da Kraljevo. Poco si sa della sua edificazione, anche se si suppone essa abbia avuto inizio tra il 1206 e il 1209, ad opera di Stefano II Nemanjić, figlio di Stefano Nemanja, il quale decise di erigere un luogo di spiritualità nella valle formata dalla confluenza dei fiumi Ibar e Morava occidentale, essendo una zona fertile e strategica per la comunicazione e il commercio, quale punto equidistante tra Bisanzio e Roma.

Al pari di altri complessi monastici, anch’esso subì attacchi e distruzioni, tra i quali ricordiamo l’incendio ad opera dei Tatari alla fine del 1200 e i danni subiti nel corso di ambedue i conflitti mondiali; ad oggi esso risulta perfettamente ricostruito e molto gradevole nell’aspetto, specie dopo la ricostruzione seguita al terremoto del 1987. Lo stile architettonico è quello tipico della Rascia, zona geografica serba, e vi si accede tramite una volta a sesto acuto sormontata da una torre che all’epoca fungeva anche da campanile, forse unico elemento superstite di un’antica cinta muraria, come da tradizione presso le abbazie medievali serbe.

L’unica foto scattata all’interno in quanto vi era una cerimonia in corso.

Ad oggi il monastero è abitato da una comunità di monache, retta da una badessa, e al suo interno esse gestiscono gli aspetti pratici della struttura, la biblioteca, l’archivio, la pittura di icone e la produzione di succhi di frutta e di distillati che, venduti al pubblico, aiutano la sopravvivenza della comunità.

Serbia/ Viaggi

Secondo giorno in Serbia e una piccola delusione…

Immagine che, idealmente, rappresenta un uomo, una donna ed un bambino.

Dopo aver lasciato Niś ci apprestiamo a visitare i dintorni, tra cui il Bubanj Memorial Park, del quale vi avevo accennato nel precedente post, un complesso commemorativo della seconda guerra mondiale istituito in ricordo dell’esecuzione di oltre diecimila cittadini serbi.

Al sito si accede dopo una breve e piacevole passeggiata nel bosco, tant’è che noi ce la siamo fatta con le cagnoline, soprattutto visto che, contrariamente a quanto avviene nel nostro paese, il memoriale non prevede alcun divieto di accesso agli animali.

L’accesso al memoriale.

Lasciato il memoriale ci siamo recati alla Torre dei Teschi, interessantissima vista l’originalità del luogo, indubbiamente un po’ macabra, ma vale una visita: si tratta di una torre che incorpora dei teschi umani nella sua costruzione, fatta erigere dai turchi ottomani presso la città di Niś, che sorge sul sito della Battaglia di Ćegar, quale monito ai serbi volto a dissuaderli dal proseguire nella rivolta contro l’impero ottomano.

Accesso alla Torre dei Teschi.
Uno dei quattro lati della torre.

Come ultima tappa della giornata abbiamo visitato lo scavo archeologico di Costantino, a Medijana, un sito archeologico di epoca tardo romana situato nel sobborgo orientale della città di Niś; esso rappresenta quel che resta di una lussuosa residenza altamente organizzata, grazie alla presenza di una villa completa di peristilio, di terme, di un granaio e addirittura di una torre dell’acqua. Il sito sorge su una importante via commerciale della ex strada romana “via militaris” che collegava l’attuale Belgrado (allora Singidunum) a Sofia (Sedica) e Istanbul (Costantinopoli); la sua posizione ha fortemente condizionato il suo rapido sviluppo economico, in particolar modo nel IV secolo d.C., periodo in cui Naissus, attuale Niś, era una città imperiale prospera anche grazie alla fabbricazione di armi. Il sito porta in evidenza la vita dell’aristocrazia romana e della popolazione locale, tra ville di lusso, fienili, centri artigianali, oltre alle sopra citate terme, il tutto riccamente decorato con dei mosaici meravigliosi e tutt’ora ben conservati, alcuni con motivi geometrici e floreali, mentre ricordiamo uno raffigurante la testa di Medusa e un altro riportante la figura di una divinità fluviale (probabilmente Nettuno).

I mosaici.
Il forno.

La delusione citata nel titolo, invece, riguarda Novi Pazar, cittadina esclusivamente islamica che detiene il primato di sede della più bella moschea di Serbia: avevo già letto delle recensioni in cui si citava la cattiva accoglienza dei suoi abitanti, cosa che purtroppo abbiamo avuto modo di confermare. Ci siamo ritrovati a dover transitare per il centro, strada obbligata per raggiungere il parcheggio, ma ci siamo sentiti non voluti, ostacolati, addirittura ci siamo beccati un urto (volontario) sullo specchio retrovisore, quindi ci abbiamo ragionato sopra, soprattutto alla luce del fatto che essendo accompagnati da due cani non avremmo avuto una bella accoglienza; ci è dispiaciuto perchè sarebbe stata una visita curiosa, tra moschee ovunque, il canto del muezzin e la vista su un cimitero a cielo aperto ricco di monumenti di arte islamica, insomma si trattava della nostra consueta curiosità verso una cultura diversa dalla nostra!

Serbia/ Viaggi

Serbia: un paese controverso

Il lungofiume sul quale sorge il parcheggio che ci ha ospitati.

Quello di quest’anno è un viaggio che avevamo in programma da alcuni anni, ma poi tra problemi personali e i noti eventi che hanno attentato alla nostra libertà di circolazione abbiamo dovuto rivedere molti dei nostri obiettivi.

Quest’estate abbiamo deciso di provarci, organizzando bene tappa per tappa, tant’è che i due giorni trascorsi a Sofia sono stati il risultato di una casualità che ci ha regalato due giorni in più di ferie.

Abbiamo visitato tutto il paese percorrendolo a zigzag iniziando da Niś e incontrando una terra verdeggiante, lussureggiante e ricchissima d’ acqua, soprattutto grazie alla presenza quasi costante del Danubio o della Sava; i dolori sono iniziati a causa della scarsa cura che il popolo serbo ha del proprio paese, certamente una terra ferita da guerre e miseria, ma che meriterebbe un maggior rispetto. Il secondo dolore me lo ha causato la totale assenza di cultura animale: anche tralasciando la tradizionale alimentazione esclusivamente a base di grassissime carni di maiale, che mi ha creato non pochi problemi nella scelta dei pasti, il peggio è stato rappresentato ai miei occhi dal randagismo, da tante povere anime costrette ad una brutta fine… non vi nascondo che se il rientro in Croazia non fosse stato permeato da così tante difficoltà burocratiche saremmo rincasati con altri dieci cani a bordo, oltre ai nostri ovviamente.

La porta di ingresso della Fortezza.

Ma veniamo alla prima città incontrata entrando nel sud del paese: Niś, piccola e molto graziosa, centro amministrativo del distretto di Niśava, una delle città più antiche dei Balcani e all’epoca porta di passaggio tra Oriente ed Occidente, il cui nome in epoca romana fu Naissus, ovvero città delle ninfe. Parcheggiamo in un’area a pagamento (seguendomi vedrete tutte le soluzioni che ci siamo inventati visto che la Serbia non ha aree di sosta nè campeggi, a parte Belgrado), gestita da alcuni ragazzi carinissimi e di una gentilezza squisita, che ci hanno permesso anche di riempire la cisterna del camper, gratuitamente (e cento litri non sono pochi!), il cui affaccio sulla Niśava ci ha consentito di iniziare immediatamente a conoscere la città passeggiando sul lungofiume, tra ragazzi in canoa e anziani dediti alla pesca.

Da qui si entra nella parte bassa del parco interno alla fortezza.

L’indomani, a pochi metri dal parcheggio, abbiamo attraversato la porta del bastione della Fortezza, chiamata Trdjava, di origine turca ottomana e risalente ai primi decenni del XVIII secolo, attualmente uno dei monumenti dei Balcani centrali meglio conservati risalenti a tale periodo, la cui struttura venne eretta sui resti di antiche fortezze romane, bizantine e medievali; nel corso del primo conflitto mondiale essa venne occupata dai bulgari che ne fecero una prigione dove vennero rinchiusi i patrioti serbi. Essa presenta una pianta poligonale, otto terrazzi bastionati e quattro porte, il tutto su ventidue ettari di terreno, quindi si tratta di un’area molto estesa, che oggi ospita un bellissimo parco ed è sede del Niś Film Festival; si tratta di un parco in leggera pendenza che ci ha permesso di fare una bellissima passeggiata in viali alberati, ombreggiati e ventilati, praticamente un regalo in una giornata tanto calda!

Terme Romane site all’interno della fortezza.

Lasciata la fortezza abbiamo passeggiato fino al campo di concentramento di Crveni Krst, all’epoca gestito dalla Gestapo a danno di ospiti serbi, ebrei e rom, catturati nel corso della seconda guerra mondiale, istituito a metà del 1941 ed utilizzato per la prigionia di trentacinquemila persone, per poi essere liberato dai partigiani jugoslavi nel corso del 1944. Si ritiene che in esso siano state uccise più di diecimila persone, mentre altre vennero fucilate sul monte Bubanj, che ad oggi ospita un museo commemorativo all’aperto e del quale vi parlerò nel prossimo post.

L’ingresso del campo di concentramento.

Da ultime abbiamo avuto modo di visitare due chiese ortodosse di una bellezza mozzafiato: Holy Archangels e Svete Trojice.

La prima si “nasconde” in un edificio che tutto si direbbe essere tranne una chiesa, tant’è che siamo stati squadrati da cima a fondo anche all’ingresso, quasi se l’aspetto anomalo dell’edificio volesse scoraggiare il visitatore e della quale non ho trovato molte notizie, quindi vi lascio solo qualche scatto di così tanta bellezza!

Voi direste che all’interno, scendendo pochi gradini, si trova una chiesa di una bellezza inaspettata?

Lo stesso discorso vale per Svete Trojice, la cattedrale della Santa Trinità, in merito alla quale ho poche notizie ma l’interno è bello da togliere il fiato!

Ancora una curiosità incontrata lungo la strada: una piccola locomotiva, purtroppo conservata molto male.

Domani vedremo i dintorni della città in quanto per visitare il centro ci è bastata comodamente una giornata, senza dover correre nè faticare troppo.

Bulgaria/ Viaggi

Sofia: viverla senza stress passeggiando tra viuzze e localini

Oggi è il secondo giorno in cui siamo a Sofia ed avendo oramai visitato quasi tutto quanto ci interessava abbiamo deciso di godercela, decisione saggia visto il caldo devastante che ha messo in ginocchio pressoché tutti (vi ricordo che stiamo viaggiando con due cani, quindi le attenzioni sono doverosamente triplicate).

Il palazzo presidenziale nel cui cortile interno sorge la chiesa rotonda di San Giorgio
San Giorgio
L’ingresso
Pochi scatti rubati ai divieti come di consueto

Per prima cosa ci siamo recati a visitare la chiesa di San Giorgio, incastonata all’interno del cortile della residenza presidenziale: si tratta di una chiesa a pianta circolare di epoca paleocristiana, costruita in laterizio rosso e si stima essere il più antico edificio della capitale. Essa fu eretta dai Romani nel IV secolo come struttura a base quadrata con cupola cilindrica, sul sito di un precedente tempio pagano, ed è famosa per gli affreschi al suo interno in quanto ve ne sono molteplici sovrapposti, il cui strato più antico risale al X secolo; alcuni furono cancellati durante la dominazione ottomana in quanto l’edificio venne adibito a moschea, ma nel XX secolo un massiccio restauro ha riportato la chiesa al suo splendore.
Lasciata San Giorgio ci siamo fermati, essendo di strada, al Ponte delle Aquile, purtroppo oramai inglobato dall’arredo urbano: si tratta di un ponte ad arco che attraversa il torrente Perlovska e che costituisce un’intersezione a raso in un punto centrale e trafficatissimo. Il suo nome deriva dalle quattro figure bronzee poste sugli altrettanti obelischi che adornano le colonne del ponte, costituendone una simbolica protezione.

Gli obelischi del Ponte delle Aquile
Purtroppo il traffico cittadino è immenso

Lasciato anche il ponte ci siamo goduti appieno il centro cittadino, rinfrescandoci con della limonata a base di sciroppo di sambuco e con del succo di fragola misto a menta, acqua frizzante e agrumi, una delizia! Vi lascio un po’ di scatti e ci vediamo domani in Serbia.

Ma quanto sono carini alcuni locali?
E questo negozietto di dolci dedicato ad Hansel e Gretel e la casetta di marzapane?
La città è ricca di parchi e di fontane rinfrescanti
Ma volete mettere una bibita rifrescante?
Bulgaria/ Viaggi

Sofia, una capitale da scoprire

Santa Sofia

Siamo stati di nuovo in giro, questa volta rigorosamente a bordo del nostro amato Chewbecca e con la compagnia di Bubu e Margot: destinazione Serbia. Ma… se ti avanzano tre giorni liberi vuoi non spingerti un po’ più in là per scoprire un paese nel quale non sei mai stato? E da qui alla decisione di raggiungere Sofia il passo è stato brevissimo, quindi, seppur con notevole ritardo, riordino le idee e vi porto con me in questo viaggio inusuale e lontano dalle rotte turistiche di massa.

La preparazione della documentazione sanitaria per i cani, richiesta dal necessario rientro in Croazia, è stato alquanto controverso e complesso viste le informazioni scarse e confuse che abbiamo ricevuto, per poi precipitarci ad effettuare la titolazione anticorpale, fortunatamente risolta in breve tempo grazie all’efficienza tutta austroungarica della mia città. Abbiamo attraversato tre frontiere e se già il passaggio da Croazia a Serbia non è stato proprio veloce, quello tra Serbia e Bulgaria è stato devastante con due ore ed un quarto inchiodati in terra di nessuno a causa dei controlli troppo serrati, il tutto dopo una raffica di rallentamenti dovuti ad incidenti perché, detto tra noi, i serbi guidano da cani e nel totale spregio delle regole.

Sveti Nedelja (Santa Domenica)

Ma veniamo finalmente al paese che ci ha ospitati, il più povero dell’area Schengen, e a Sofia, la capitale: è un paese controverso, proiettato verso il futuro da una parte della popolazione e arenato in un’immobilismo arcaico da un’altra percentuale di cittadini, un po’ per l’atmosfera fortemente sovietica che ancora permea la realtà e che rende tutto molto decadente, almeno in periferia, e un po’ per la nutrita percentuale islamica, tenacemente incatenata alla propria tradizione, al limite del fanatismo, che non permette al futuro di trovare spazi di espansione.

Il centro di Sofia è bellissimo e ricco di potenzialità, ci accoglie con la statua di Santa Sofia, per poi farci scoprire la cattedrale (una delle due) di Sveti Nedelja, chiesa ortodossa la cui struttura originale risale al X secolo, dalla base in pietra e pareti lignee, poi eletta a cattedrale nel XVIII secolo, e nuovamente eretta dopo aver smontato la struttura in legno nel 1856, questa volta in pietra; purtroppo due anni dopo un terremoto provocò all’edificio dei danni tale da prorogare la costruzione fino alla fine del 1863 ed avere finalmente la consacrazione nel 1867. Successivamente vennero aggiunti il campanile, nel 1879, e a cupola, nel 1898; tuttavia la chiesa subì ulteriori danni nel 1925 a seguito di un attentato e venne riconsacrata nel 1933. Il risultato di così tanti interventi di restauro lo possiamo vedere nello splendore attuale dell’edificio, riccamente decorato come da tradizione ortodossa eppure mai appesantito da eccessiva opulenza.

Chiesa russa di San Nikolaj

Un vero spettacolo è stata la visita a San Nikolaj, una piccola chiesa russa ortodossa con degli esterni spettacolari e degli interni non da meno, purtroppo anche qui le foto sono state rubacchiate, comunque si tratta di un edificio sorto sulle macerie della moschea Saray, distrutta nel 1882 dopo la liberazione della Bulgaria dall’Impero Ottomano. Essa venne progettata dall’architetto russo Mikhail Preobrazhenski e venne intitolata al santo patrono di Nikolaj II di Russia, allora al comando della nazione.

Qui le foto sono poche e di scarsa qualità in quanto era vietato fotografare, nemmeno a pagare il permesso come ho fatto a Sveti Nedelja
Gli interni risultano anneriti a causa del fumo di candela e sono in attesa di restauro.

Nel corso degli scavi per l’attuale metropolitana sono stati rinvenuti dei resti romani, poi riportati alla luce e liberamente visitabili a testimonianza dell’antica Serdica, nome di Sofia all’epoca dei Traci, probabilmente derivato dal nome celtico della tribù dei Serdi.

Il Decumano Massimo
Tappa al ristorante russo con un buonissimo antipasto di verdure fermentate
Un ottimo borscht vegetale con panna acida
Ravioli alle ciliegie con sciroppo di mirtillo e panna acida
E la birra russa di Luca
Un ristorante carinissimo ed impeccabile!

Dopo la pausa pranzo abbiamo avuto modo di visitare la Cattedrale di Alexandr Nevskij, anch’essa ortodossa, costruita in stile neo bizantino, la seconda per grandezza di tutta la penisola balcanica, seconda solo a quella di San Sava a Belgrado. L’interno è in stile italiano, ricco di alabastro, bellissimo nonostante vi possa mostrare solo poche foto rubate, come di consueto; essa è stata intitolata al principe russo Aleksandr Nevskij in quanto eretta per commemorare la morte di duecentomila soldati russi caduti nel corso della guerra russo turca del 1877-78, al termine della quale la Bulgaria ottenne l’indipendenza. Nel corso della prima guerra mondiale il Regno di Bulgaria dichiarò guerra alla Russia, il che portò a cambiare il nome dell’edificio intitolandolo ai Santi Cirillo e Metodio, per poi riprendere la denominazione originale nel 1920.

Chiesa di Aleksandr Nevskij

L’ultima tappa l’abbiamo riservata alla chiesa di Santa Sofia, la seconda più antica di Sofia, risalente al IV-VI secolo, e che cambiò il nome alla città da Sardica all’attuale Sofia. Anch’essa venne edificata sul sito di diverse chiese precedenti ed addirittura sui resti di un teatro romano; la chiesa attuale risale al regno di Giustiniano I, quindi al VI secolo, seppure negli anni convertita in moschea e nuovamente restaurata dopo il 1900.

Ultima tappa a Santa Sofia
Scavi a dimostrazione delle sue origini

La moschea di Banya-Bashi merita un capitolo a parte: stupenda, assolutamente meravigliosa. Ma… iniziamo da principio: come ben sapete, se avete letto della mia esperienza egiziana con l’Islam, ho riscontrato un enorme rispetto, cosa che qui mi ha letteralmente schifata. Mi sono presentata all’ingresso seguendo le regole indicate, coprendomi il capo, togliendomi le scarpe, sono entrata con il massimo rispetto ed educazione ma, al suo interno, ho rinvenuto fedeli che bivaccavano, che dormivano, alcuni che strillavano in viva vice al cellulare, alcune turiste in shorts inguinali ma il cretino integralista di turno mi ha presa di mira rincorrendomi con una pezzetta per farmi coprire le ginocchia e gridando all’orrore. Ho scattato le foto e me ne sono andata, fine della storia, avendo avuto l’ennesima dimostrazione che i problemi non li creano le religioni ma l’ignoranza umana.

La moschea di Banya Bashi

Prima di rientrare al camper abbiamo approfittato per un giro al Mercato delle Donne, fondato nel XIX secolo, ricco di prodotti agricoli profumatissimi, alcuni punti di ristoro ed alcuni stand di merci importati: vi dico solo che un chilo di fichi strepitosi l’abbiamo pagato un euro e settantacinque!

Oramai siamo abbastanza stanchi, complice il caldo devastante, quindi rientriamo alla base e ci vediamo alla prossima tappa!

Spagna/ Viaggi

Ultimi scorci di Barcellona

La migliore sangria mai bevuta!

Nei post precedenti abbiamo visitato le maggiori attrazioni di Barcellona, tuttavia ci tenevo a concludere spaziando su altri angolini meritevoli di visita o almeno di un’occhiata, magari più lontani dalle consuete rotte turistiche e dai classici “tre giorni di vacanza”.

La fortezza sulla collina
E il panorama

Una visita in totale relax (o quasi, vista la penosa scalinata che ho dovuto affrontare sotto un calore devastante) e che merita per la magnifica vista del mare iberico è la salita a Montjuic, da farsi in funicolare, con la relativa salita al castello; si tratta di una collina di 192 metri che prende il proprio nome dal catalano Mont dels Jueus, che significa “monte degli ebrei”, il cui toponimo probabilmente risiede nella presenza di un cimitero ebraico sul monte. La collina ha sempre rivestito una posizione strategica grazie alla vista sul Mediterraneo e sul fiume Llobregat, tant’è che vi sorge il castello omonimo, una vera e propria fortezza dalla quale ammirare un panorama spettacolare sul mare.

Il museo del Football Club
Gli interni futuristici del museo

Per gli amanti dello sport (non è il mio caso ma ho dovuto abbozzare) merita una visita il Museo del Barcelona Football, altamente tecnologico e realizzato con grande cura; purtroppo la visita allo stadio è interdetta a causa di lavori di rifacimento.

Il bacio…
… e le tessere che lo compongono

Il murales del bacio, un mosaico stupendo realizzato da quattromila piccole tessere raffiguranti scene di diversa tipologia ma che, unite tra di loro, vanno a formare questa meraviglia intitolata “El mundo nace en cada beso” (Il mondo nasce in ogni bacio), altro 3,8 metri e largo 8 metri, opera dell’autore catalano Joan Fontcuberta. Lo potete trovare in Plaça d’Isidre Nonell, oltretutto accanto ad un ristorantino etnico delizioso! Esso è stato realizzato nel 2014 in occasione della Trecentesima Giornata della Catalogna, ricorrenza che annualmente ricorda l’11 settembre 1714, giornata in cui la Catalogna è uscita sconfitta dalla guerra di secessione spagnola, infatti le tessere con cui è stato realizzato vennero inviate dai lettori di El Periòdico de Catalunya, scelte tra le immagini rappresentative di momenti di libertà.

Le colonne del Tempio di Augusto

In una città così creativa e moderna si possono rinvenire anche alcuni onnipresenti resti romani, tra cui le colonne del Tempio di Augusto, sistemate in maniera molto originale in un cortile di un edificio medievale al numero 10 del Carrer Paradis: il tempio di Augusto si stima risalente alla fine del I secolo a.C. e le tre colonne in argomento sono le uniche conservate integralmente, mentre una quarta è stata ricostruita ed esposta in Plaça del Rei.

Il Palazzo della Musica Catalana, non è una meraviglia?

Il Palau de la Musica Catalana vale una visita, almeno all’esterno, perchè è un capolavoro: si tratta di una delle sale da concerto più belle al mondo, il palazzo è stato progettato da Lluìs Domènech i Montaner, uno degli architetti di punta del modernismo catalano; la costruzione iniziò nel 1905 e vide il completamento tre anni dopo, mentre nel 1997 il palazzo venne dichiarato Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.

Ma quanto bello è?
Lasciamo perdere i prezzi di questo stand… da brivido!

La Boqueria, il mercato più famoso della città, è un tripudio di colori, frequentatissimo anche grazie alla posizione strategica sulla Rambla, ospita numerose attività commerciali: si tratta di un mercato antico, risalente ad una attività saltuaria di vendita di carne e pesce nel corso del 1200, ma solo nel 1840 venne inaugurato così come lo vediamo oggi. Vale una visita, assolutamente, con un occhio di attenzione verso i prezzi, alcuni davvero proibitivi! Perfetto per l’acquisto di una cena calda al volo a base di tapas e prodotti similari, ma non per farci la spesa se non volete lasciarci lo stipendio!

La colazione a Barceloneta

L’ultima tappa, già con lo zaino sulle spalle, l’abbiamo fatta a Barceloneta, in riva al mare dopo un’ottima colazione a base di churros (lasciamo perdere i prezzi elevatissimi ma la qualità era indiscutibile), seduti ad ammirare le onde che accarezzavano la spiaggia, godendo della brezza marina e riprendendo fiato dopo queste giornate intense e faticose! Abbiamo goduto di una città giovane, stupenda, colorata e piena di vita, tra paella e tanta sangria (sì, abbiamo bevuto anche altro, ma la sangria era divina, specie quella bevuta in un localino all’aperto nei pressi di Plaça Catalunya, una tripudio di frutta in un vino ghiacciato ottimo e aromatico), una città da visitare assolutamente, da vivere appieno, perfetta per chi ama l’arte, per chi ama la vitalità, per chi ama lo shopping (non manca nemmeno un brand, c’è tutto), per chi ama la vita!

Anche solo camminare con il naso all’insù è uno spettacolo
La Monumental, arena di tauromachia, casualmente incontrata lungo la strada per lo stadio
Arte, storia ed architettura/ Viaggi

La Sagrada Familia

Un particolare della facciata

Terza tappa di questo viaggio improvvisato a Barcellona e finalmente ho raggiunto il mio grande sogno: trovarmi davanti alla Sagrada Familia, da sempre ammirata solo in fotografia. Si tratta della meraviglia architettonica, pur se incompiuta (e tutt’ora lo è, nonostante si stimi il termine nel giro di pochi anni), di Gaudì… imponente, meravigliosa, un tripudio di creatività, di linee sinuose, di allegorie della natura e di giochi di luce.

Non c’è un elemento decorativo uguale all’altro
Vi ricorda l’ingresso di una grotta?

Il nome completo della basilica è Tempio Expiatorio de la Sagrada Familia, basilica minore di culto cattolico i cui lavori iniziarono nel 1882 sotto il regno di Alfonso XII di Spagna, inizialmente in stile neogotico che però, a seguito del subentro di Gaudì quale progettista, nel 1883, virò immediatamente sul liberty, arricchendo quindi ulteriormente la storia travagliata dell’edificio, sulla quale non mi soffermo in quanto quella che vorrei trasmettere è esclusivamente un’idea sull’estetica. Il progetto di Gaudì evolve, come già detto, da uno stile neogotico ad uno naturalista, tant’è che alcune delle fonti di ispirazione furono la grotta di Collbatò e la montagna di Montserrat, ciò in quanto egli riteneva che lo stile neogotico fosse imperfetto proprio in quanto non rispettoso delle linee naturali, essendo strettamente rappresentato da forme rettilinee, da pilastri e da contrafforti, contrariamente alle forme geometriche rigate aderenti alla natura. Gaudì osservò che in natura erano presenti innumerevoli esempi di direttrici, quali i giunchi, le ossa dello scheletro, tutti esempi funzionali ed estetici che egli riportò in architettura adattando quindi le forme naturali a quelle strutturali; ne è l’esempio (bellissimo, a mio parere) la forma elicoidale assimilata al movimento e l’uso dell’iperbole assimilata alla luce.

E qui inizia una carrellata fantastica di decorazioni variopinte!
Che sia frutta?
O fiori?
Sembrano quasi elementi minerali…
Mosaici ovunque (Gaudì cercò sempre di decorare anche usufruendo di materiale di scarto)
Ma quanto bello è questo pinnacolo?
Nonostante le impalcature è uno spettacolo

Nel corso del tempo l’opera subì molte interruzioni, principalmente a causa della scarsità di risorse economiche, tuttavia queste contribuirono a concedere del tempo libero a Gaudì per la ricerca di nuove soluzioni strutturali, sfruttandone anche alcune già adottate in altre opere precedenti, quali gli archi catenari, le gallerie e i viadotti, mentre le torri della Sagrada hanno tratto ispirazione dal progetto, irrealizzato, delle Missioni Cattoliche Francescane di Tangeri.

Sua maestà la Luce
Gli interni: senza parole!

Ma veniamo all’interno, strutturato sul modello di un bosco, con colonne a forma di alberi, aperti in rami a sostegno di volte intrecciate, le cui colonne a loro volta sono inclinate in maniera tale da fornire il miglior sostegno possibile alla struttura sovrastante, evitando quindi anche l’uso di contrafforti esterni. Questa è solo una breve descrizione per meglio comprendere ciò che stiamo visitando, ovviamente è possibile rinvenire delle descrizioni molto più accurate della mia e sicuramente più tecniche, in quanto quello che desidero trasmettere è l’emozione di trovarsi dinanzi ad un’opera così maestosa e totalmente priva della severità che normalmente contraddistingue degli edifici di tale portata. Spero di riuscire nell’intento condividendo qualche scatto che possa portare a vedere ciò che vi ho visto io…

L’ingrandimento non rende, ma si tratta di immagini sacre estremamente stilizzate
Questa dedicata a San Luca
Qui c’è l’esplosione della bellezza e della creatività
La fantasia decorativa che si interseca con la luce

Mi accompagnerete ancora un po’ in giro per questa città meravigliosa, in occasione del prossimo post, ma nel mentre godetevi questo spettacolo unico al mondo!

Viaggi

Casa Battlò e La Pedrera

Il mare, l’elemento propulsore del genio di Gaudì

Secondo giorno a Barcellona, oggi molto più leggero a confronto della giornata di ieri, trascorsa integralmente con lo zaino sulle spalle dovendo trasferirci da un alloggio ad un altro in quanto per il primo pernottamento abbiamo avuto qualche difficoltà. Il primo appuntamento della giornata è per la visita di Casa Battlò che, a posteriori, posso dire essere stata l’esperienza più bella in assoluto di questi pochi giorni a Barcellona; infatti trattasi di un edificio che Gaudì progettò completamente ad immagine del Mediterraneo, anch’esso facente parte del patrimonio UNESCO dal 2005.

Casa Battlò
Gli interni al primo piano
Il soffitto la cui struttura segue le linee di una conchiglia

In origine l’edificio altro non era che un modesto palazzo la cui ristrutturazione venne affidata a Gaudì da un altolocato industriale tessile, Battlò per l’appunto, nel 1904; tale incarico costituì una sfida non di poco conto per l’architetto, vista la forma stretta ed allungata dell’edificio, tuttavia Gaudì, nel 1907, presentò un’opera incredibile, stravolgendo completamente le fattezze originali dello stesso. La facciata principale subì delle modifiche rivoluzionarie, il cortile centrale venne ampliato ed addirittura l’altezza subì una variazione grazie all’aggiunta di due piani.

Il sistema di aerazione, costituito da lamelle lignee mobili
Salendo lungo la scalinata
Da un piano all’altro la luce aumenta grazie alla vetrata posta sulla sommità, tant’è che sembra di nuotare verso la superficie del mare
Osservando oltre la vetrata del parapetto la sensazione è di vedere il mondo oltre l’acqua del mare
Incredible, eh?

Nella realizzazione di Casa Battlò, a mio avviso, Gaudì dimostrò di aver raggiunto la massima maturità stilistica, la sua personale visione del sistema edilizio, fondendo le linee caratteristiche che lo hanno sempre contraddistinto con l’esigenza di funzionalità dimostrata dalla presenza di ottimi ed innovativi sistemi di aerazione. La facciata anteriore è scolpita in pietra arenaria di Montjuic, sostenuta da possenti colonne a zampa di elefante alla base del complesso, aggettanti in maniera tale da amplificare lo spazio visivo dello stesso, mentre il resto della facciata è movimentata da un ritmo ondulato come le onde del mare e totalmente avulso da qualsiasi regola della linea retta, quindi sempre in perfetta armonia con le linee morbide e vibranti del mondo naturale. Il rivestimento ceramico dell’edificio conferisce lucentezza, magia, sogno, grazie al riverbero della luce regalato dalle manifatture prodotte a Palma de Maiorca, grazie agli effetti cangianti che ho osservato sotto il sole già alto della tarda mattinata. Ma lo spettacolo più bello l’ho avuto salendo le scale quando, al di là di quello che può sembrare la semplice recinzione di un ballatoio, abbassandosi e guardandovi attraverso, regala la sensazione di trovarsi sott’acqua, nel blu del Mediterraneo, e di osservare il mondo al di là del suo naturale movimento … incredibile quanto la sensazione sia realistica e quanto genio vi sia stato dietro questa intuizione. I balconi seguono il moto curvilineo che permea l’intero edificio, assumendo quasi la forma di ossa umane (da qui il nomignolo de “la casa de los huesos”), ma il botto finale lo si ha salendo sul tetto, dove ammiriamo i comignoli color verde erba, una torretta su cui svettano gli anagrammi di Gesù, Giuseppe e Maria, il pennacchio con la croce rappresentante i punti cardinali ed innumerevoli strutture che vi illustro meglio negli scatti a seguire.

Il tetto, un concentrato di pinnacoli colorati tale da regalare la sensazione di passeggiare all’interno di un mondo fatato

Il pomeriggio è stata la volta de La Pedrera, o Casa Milà, a mio avviso la meno interessante delle tre, almeno dal punto di vista visivo, costruita da Gaudì tra il 1906 e il 1913 su incarico di Roser Segimon e Pere Milà; la costruzione subì innumerevoli ritardi, soprattutto a causa delle ingerenze dell’amministrazione comunale in merito alle linee non proprio tradizionaliste dell’edificio, tuttavia risolte brillantemente. Nonostante ciò vi fu un terzo inconveniente che portò Gaudì vicino al punto di desistere dal terminare l’edificio e, nonostante lo avesse poi portato a compimento, egli lo considerò sempre un’opera incompleta in quanto consacrato alla simbologia religiosa, particolare che, in conseguenza dei moti anticlericali del periodo, ben si comprende come possano aver tolto l’entusiasmo all’artefice dell’opera. Anch’essa fa parte del Patrimonio UNESCO dal 1984 ma posso dire, per quanto mi riguarda, che la passione che contraddistingue le altre opere di Gaudì qui manca completamente.

Qui le linee sinuose e curve si fondono con un maggior rigore
Ma il tetto riserva sempre delle sorprese, nonostante i colori più tenui e caldi

La facciata è rocciosa, ondulata, dà l’idea della forza erosiva della natura ed è proprio per questo che è conosciuta come “La Pedrera”, ossia la cava di pietra, grazie anche alla presenza delle finestre simili a grotte, a varchi naturali, simili ai massicci della Catalogna, cui l’autore era molto legato, dando origine ad una sorta di mondo fossile. Anche qui il tetto regala la maggiore peculiarità di tutto il complesso, rappresentando uno spazio estetico non di poco conto dato dalla presenza di trenta camini, due giri di ventilazione e sei sbocchi delle scale di servizio, elementi necessari ma concepiti quali opere d’arte. Su di essi notiamo l’incisione di un cuore, visibile sul lato verso Reus, città natale di Gaudì, nonchè una lacrima sul lato rivolto verso la Sagrada Familia, forse testimonianza del dispiacere per l’incompiutezza dell’opera maggiore dell’architetto. I toni cromatici sono neutri, quasi cremosi, con pochi tocchi variopinti ed intensi, anche questa una difformità rispetto alla consueta tendenza gaudiana.

Per oggi ci siamo stancati abbastanza, quindi rientriamo al nostro alloggio, che già di suo è abbastanza lontano dal centro anche se facilmente raggiungibile con mezzora di metro, e ci rivediamo per la prossima tappa!

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