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Austria/ Viaggi

Un fine settimana tra Baviera e Tauri

Ogni tanto riusciamo a ritagliarci un fine settimana per gironzolare a bordo di Chewbecca: avevamo molta nostalgia dell’Austria e della Baviera, quindi, dopo giorni di sospirata attesa siamo riusciti a partire, tralasciando i consueti problemi per organizzare il tutto visto che ogni volta capita qualche imprevisto, ma ce l’abbiamo fatta.

Verso la Baviera

L’equipaggio è il solito: io, mio marito, Margot e Bubu, le nostre codine a quattro zampe, diretti per la prima tappa (e la prima notte) direttamente in Baviera (confesso che due volte all’anno andiamo nei Getränkemarket e facciamo scorta di birre buonissime oltre a riportare i vuoti della volta precedente) e da lì, il mattino seguente, a Randstadt, cittadina di sport invernali sui Tauri, visto che la distanza dalla Baviera è di meno di un’ora.

Del resto “RAD” (di Radstadt) significa ruota, bicicletta.

La quintessenza dell’autunno
Ma quanto sono carini… manca solo lo gnomo che fa capolino

Questa sera abbiamo fatto una breve passeggiata lungo il Kaiserweg, un sentiero carinissimo che ci ha letteralmente inondati d’autunno e del quale vi lascio qualche scatto, ma ci rivediamo domani per esplorare la cittadina.

Una delle porte di accesso alla città

Stamattina ci aspetta una giornata estiva: all’ora di pranzo abbiamo toccato i 24 gradi e, pur non abbigliati per il freddo, comunque ci siamo sciolti, specie mentre pranzavamo su una terrazza dell’hotel con una Wiener Schnitzel, patatine fritte e gelatone, non un pasto da cinque stelle ma era l’unico locale aperto. La nostra idea era di visitare la Torre dei Cappuccini, ma (udite un po’…) il fine settimana è chiusa, quindi abbiamo semplicemente visitato la chiesa parrocchiale, della quale non sono riuscita a rinvenire il nome (chiamata semplicemente Stadtpfarrkirche), molto semplice ma curata nei minimi particolari; è la classica struttura circondata da un piccolo cimitero ma decorata all’interno con zucchette e piante di erica, quindi in sintonia con la stagione, oltre alla graditissima presenza di un’area per i bambini, con un tappeto ed uno scatolone di giocattoli… non frequento le chiese ma l’ho trovato davvero un tocco di delicatezza incredibile anziché leggere di sacerdoti che cacciano i bimbi lamentosi, che giustamente si annoiano durante le funzioni.

La chiesa parrocchiale.
Alcune decorazioni a tema autunno interne alla chiesa.
E queste le abbiamo incontrate passeggiando per il centro.
Una panoramica del centro, piccolissimo.
E una dell’intera cittadina.


È seguita una passeggiata lungo l’Enns, il fiumiciattolo del paese, che nella sua semplicità è stata una gioia per gli occhi e del quale vi lascio alcuni scatti; in definitiva se volete sciare attendete ancora un po’ ma se la vostra intenzione è rilassarvi e riposare si tratta di una località che potrebbe fare al caso vostro.

Due bimbe felici!

Mi sono goduta un fine settimana di relax a tutto tondo, immersa nella dolcezza dell’autunno, ho fatto felici le mie bimbe pelose e ho avuto comunque modo di conoscere una località diversa senza stressarmi come delle volte mi accade durante i nostri viaggi.

La Torre della Strega, in perfetto spooky stile visto il periodo dell’anno.
Con tanto di streghetta sulla sommità.

Ora però vi lascio anche qualche cenno storico, trovato a fatica e solo alla fine della giornata: Radstadt è situata a 856 m. slm ed è circondata dai due gruppi montuosi del Dachstein a nord e del Radstäter Tauern a sud; l’area fu colonizzata dai Celti nel IV secolo a.C., per poi finire sotto mano romana. Una delle sue strade dí maggior rilievo conduce da Aquileia direttamente a Iuvavum, l’odierna Salisburgo, tramite i Radstäter Tauern. Però la vera storia di città di montagna inizia nel VII secolo d.C. con l’insediamento bavarese; il nome ancora non è stato chiarito se fisse di origine slava o germanica, viste le varie versioni di Rastat (1074), di Radestat (1092) e di Rastat (1139). Nel corso del XIII secolo la città venne fortificata e fu anche il primo centro del Salisburghese, sotto l’arcivescovo Rudolph von Hohenegg, a ricevere il diritto di città il 27 luglio 1289. Essa subì molti incendi e ciò portò alla distruzione di diversi edifici storici, inoltre dovette resistere anche alle rivolte contadine nel periodo 1525/26, uscendone vittoriosa, tant’è che gli sconfitti dovettero espiare le proprie colpe costruendo tre torri circolari. Nel 1816 l’arcidiocesi di Salisburgo divenne terra della corona austriaca.

Nota: questo post risale all’autunno ed è rimasto in archivio in quanto desideravo portare a termine il tour serbo, motivo per il quale vedete ancora la piccola Bubu… e a me si stringe il cuore ♥️

Serbia/ Viaggi

Novi Sad e il nostro rientro a casa

Il ponte che ci permette di arrivare in centro

Ultima tappa: Novi Sad, oramai non molto distanti dall’Italia, visitata in due giorni sotto un caldo atroce, letteralmente saltellando da una chiazza d’ombra all’altra per non far ustionare le zampette alle nostre cagnoline. Il parcheggio come al solito è lontano dal centro, al quale si accede per il tramite di un ponte immenso che attraversa il Danubio ma che già al primo sguardo appare molto gradevole, in effetti molto diverso dalle città del sud e del centro della Serbia; qui lo stile architettonico appare molto simile a quello della Slovenia e dell’Austria, ma iniziamo con qualche traccia storica per contestualizzare quest’ultima visita.

Alla fine del XVII secolo la zona (siamo nella Vojvodina) divenne un possedimento degli Asburgo e alla popolazione ortodossa della regione venne vietato di abitare a Petrovaradino, motivo per il quale nel 1694 venne fondato un nuovo villaggio sulla sponda sinistra del Danubio, chiamato Ratzen Stadt (Città dei Serbi) o Petrovaradinski Šanac. In seguito vennero costruiti i primi quartieri e i residenti aumentarono, da qui la città venne chiamata ufficialmente Neoplanta, ossia Nuovo Insediamento, tradotto dal latino, quindi Novi Sad.

Il centro cittadino non è molto esteso ma estremamente elegante, arricchito da una vasta zona pedonale, preceduto, all’ingresso in città, dall’accesso alla Petrovaradinska Trdava, una fortezza vastissima e che visitiamo appena lasciato il parcheggio. Essa copre, con i suoi bastioni, rivellini e contrafforti, una grande spianata sulla riva destra del Danubio; tutta l’area era abitata dai Celti, in seguito sostituiti dai Romani, fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, quando i Bizantini rinsaldarono i confini del loro stato e la precedente roccaforte romana di Cusum venne ingrandita con il nome di Petrikon, poi conquistata dagli Ungheresi. Senza inondarvi di ulteriori notizie vi basti sapere che la sua posizione sul Danubio era strategica e quindi fortemente ambita, tant’è che ben presto vedremo la presenza dei turchi e la convivenza con un gran numero di famiglie musulmane. Oggi la città è parte della provincia autonoma della Voivodina, appare molto curata e vivace, quindi vi accompagno nella visita più calda del viaggio.

La porta di accesso alla città
Attraversiamo la porta facendo attenzione ai tiranti, non molto conformi alle regole cui siamo abituati, che rafforzano la struttura.
La parte più antica di Novi Sad
La saluta alla fortezza
L’orologio della fortezza di Petrovaradin

La particolarità di questo orologio risiede nel fatto che le sue lancette d’oro segnano, rispettivamente, l’ora con la lancetta lunga e i minuti con quella corta; esse sono state restaurate di recente e ricoperte con la vernice bianca, probabilmente per ragioni di economia ma, secondo alcune voci, per nascondere l’oro sottostante ai malintenzionati.

La chiesa cattolica del Nome di Maria
La neogotica cattedrale di San Giorgio
Scorte d’acqua potabile ad uso e consumo dí chiunque vista l’ondata di calore.
Un tram trasformato in bar, carinissimo!
Pranzo in un localino sparso tra le viuzze della città
Un ristorantino nascosto tra le viuzze del centro
Con il mio consueto pasto vegetariano
E la carne per Luca
A passeggio lungo la fortezza
Un po’ di ristoro allietati dall’aria della fortezza mentre lo sguardo si perde sulle acque del Danubio.

Qui si conclude il nostro viaggio serbo, terra in cui non pensiamo di ritornare avendo visitato davvero molte città, ma ne approfittiamo per godere ancora di una visita lungo il viaggio di ritorno, infatti ci fermiamo al monastero di clausura di Pleterje, situato in una valle ai piedi dei monti Gorjanci, in Slovenia. Esso fu fondato nel 1403 dal conte Hermann II di Celje, per poi, dopo molteplici acquisizioni da parte degli Asburgo e dei Gesuiti, passare sotto l’egida statale ed essere completamente rinnovato nell’arco di un quinquennio. La Certosa subì gravi danni nel corso del secondo conflitto mondiale ma è rimasta sino ad oggi un monastero certosino i cui edifici risalgono alla seconda fondazione alla fine del XIX secolo, ad eccezione della chiesa gotica della Santissima Trinità, che sopravvive al precedente monastero. Il tutto presenta una piccola rivendita in cui acquistare degli ottimi vini prodotti in loco dai monaci, di qualità degna di nota e grazie alla cui vendita il monastero riesce a mantenere la struttura.

Il rientro a casa ci ha lasciato un paio di giorni liberi, trascorsi lungo un corso d’acqua balneabile, in terra slovena, che ci ha permesso di riprendere fiato, di riposare e di rinfrescare le povere cagnoline che, va detto, sono state eroiche. Bubu la vedrete anche nei prossimi post che vi proporrò a breve, ma ve lo dico con il cuore il mano poiché poche ore fa è volata via lasciandoci in un dolore inimmaginabile… questo ultimo post vuole essere un tributo ad un cane eccezionale che capiva ogni parola le rivolgessimo, un cane coraggioso e di gran carattere, una presenza dignitosa ed orgogliosa che ci ha accompagnati in questo ultimo tour nonostante la malattia le stesse divorando i polmoni ma piena di gioia inconsapevole come sempre. Tesoro mio, stavamo organizzando il prossimo viaggio tra i monti proprio per te, per regalarti un po’ di relax dopo tanti chilometri di fatica, ma non ce l’hai fatta ad arrivarci. Ti vorrò per sempre un bene immenso… vola alto!

Questa foto è stata scattata in casa pochi giorni fa, ma vuole essere un tributo a Lei, la Bubu del mio cuor ♥️.
Serbia/ Viaggi

Penultima tappa del nostro viaggio in Serbia: Manastir Svete Petke.

I giardini del complesso monastico

Nel corso del nostro viaggio itinerante avevamo già incontrato Sveta Petka, ma questa è un’altra tappa, totalmente incentrata sull’omonimo monastero, nonostante purtroppo la chiesa la abbiamo trovata chiusa. A questo punto però, vista la figura ricorrente della santa, approfondiamo un po’ il motivo di tanta notorietà: Petka nacque da una devota e benestante famiglia greca a Epibatai, l’odierna Selimpaşa, non lontano da Costantinopoli, e con il fratello Eutimio crebbe con un’eccellente istruzione religiosa all’interno della famiglia, tant’è che quest’ultimo entrò per primo nell’ascetismo monastico, fino a raggiungere il livello di anacoreta e poi episcopo di Mydios in età avanzata. Petka invece, dopo la morte dei genitori, decise di ritirarsi prima in un monastero del Ponto e successivamente in un monastero femminile in Terrasanta; ella predicò il cristianesimo e la vita monastica femminile, fino a quando, in sogno, le apparve un angelo a comandarle di rientrare al paese nativo. Nel corso del viaggio di ritorno Petka si fermò a Costantinopoli, presso il Santuario di Blacherna, per venerare l’icona della Madre di Dio, per poi riprendere il viaggio sino alla città natía e morirvi pochi anni dopo. Ripetuti miracoli avvennero successivamente presso il suo sepolcro, il che portò alla riesumazione dei suoi resti, che vennero trovati incredibilmente intatti; le reliquie vennero quindi traslate presso la chiesa dei Santi Apostoli di Epivat e poi spostate a Veliko Târnovo, antica capitale bulgara. Il 14 ottobre viene commemorata la sua figura e la sua venerazione si estende fino alla Romania. I suoi resti vennero spostati più volte fino a trovare dimora nella cattedrale di Iași, capoluogo della regione Moldova di Romania.

Santa Petka
La chiesetta chiusa per restauro

Fatto l’excursus storico, vi accompagno in questo complesso monastico, stupendo nonostante la chiusura della chiesetta a causa del restauro in corso, ma ricco di meli, di passeggiate nel verde e comprensivo di un fornitissimo negozio ricco di liquori prodotti dalle monache oltre ai consueti articoli religiosi.

Un chiosco nel giardino
All’interno del chiosco
La cappella annessa alla chiesa

Non ho rinvenuto molte altre notizie in merito al luogo che ci ospita, tranne la particolare qualità dell’acqua che scorre poco prima di accedere al complesso monastico, che viene offerta gratuitamente a chiunque si presenti con le bottiglie da riempire, oltretutto ritenuta salutare e miracolosa (posso confermare essere fresca e buonissima).

Arte, storia ed architettura/ Serbia/ Viaggi

La Fortezza di Smederevo

Riprendo la visita a Smederevo da dove l’ho lasciata nel post precedente, già abbastanza lungo, che forse avrebbe penalizzato la visita alla fortezza, il che mi sarebbe dispiaciuto: si tratta infatti di una città fortificata medievale costruita tra il 1427 e il 1430 da Djurad Brankovic, a capo del Despotato di Serbia, poi ulteriormente fortificata dagli Ottomani, che conquistarono la città nel 1459.

La struttura pende in maniera vistosa ma regge da secoli

La fortezza subì vari attacchi sia dagli Ottomani che dai Serbi, tuttavia la sua struttura resistette senza grossi danni ad ambedue, per poi però subire gravi danneggiamenti nel corso della Seconda Guerra Mondiale; nel 2009 venne portato avanti un grosso intervento di restauro, vista la bellezza della struttura, tant’è che nel 1979 venne dichiarata “monumento culturale di importanza eccezionale” mentre, nel 2010, è stata candidata ad entrare nel Patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO.

Al tramonto… la magia!

Essa dista meno di 50 km. da Belgrado e sorge sulla riva destra del Danubio, esattamente nei pressi della confluenza di quest’ultimo e della Jezava, posizione che permise alla capitale di rimanere vicina al Regno d’Ungheria pur favorendo il sultano ottomano Murad II al fine di impedire agli ungheresi il passaggio incontrollato nella valle della Grande Morava, insomma un atteggiamento assolutamente diplomatico. Del resto anche nel corso dei secoli la sua posizione tra i Balcani e l’Europa centrale ne ha favorita l’importanza quale centro religioso e ne ha tutelato lo sviluppo commerciale.

Il Danubio infuocato

Attualmente essa ospita un parco pubblico, occasionalmente ospita festival, concerti, sagre ed altri eventi pubblici, tant’è che vi è presente un palco fisso, oltre alla presenza di un imbarco dal quale si accede al lungofiume; di storia ce ne sarebbe ancora tanta da raccontare, ma sapete che mi annoia e che mi limito al minimo per comprendere il posto in cui mi trovo, ma vi voglio appuntare ancora un particolare, ossia che la fortezza è stata costruita secondo la tradizione bizantina, esattamente sul modello della fortezza di Costantinopoli.

Per il resto vi lascio alle foto, che valgono sempre più di mille parole…

Arte, storia ed architettura/ Serbia/ Viaggi

Di nuovo a scoprire la storia al Viminacium e tappa a Smederevo

La villa dell’area archeologica

Dopo la meravigliosa visita a Golubac ripartiamo alla volta di un altro sito archeologico, quello di Viminacium, importante città dell’Impero Romano, nonchè capitale della provincia della Mesia, sempre lungo le rive del Danubio, silenziosa e costante presenza in questo nostro viaggio molto “on the road”.

Siamo entrati in questo pertugio per esplorare tutta la necropoli

Viminacium venne fondata nel I secolo lungo le rive della Mlava, un affluente del Danubio, tra la fine del principato di Augusto e l’inizio di quello di Tiberio, ma sotto l’egida dell’imperatore Claudio, a seguito dell’annessione della Tracia, il sito iniziò ad ospitare una fortezza legionaria, con il conseguente trasferimento della legione da Naissus (odierna Niś) a Viminacium e rendendo il luogo una sorta di quartier generale delle truppe romane, le stesse che condussero la campagna militare di Traiano contro Decebalo e le sue truppe daciche. Se rammentate il mio post dedicato alla navigazione sul Danubio, avevo inserito un riferimento alla Colonna di Traiano sita a Roma: ebbene, l’anfiteatro rappresentato su di essa è proprio quello del Viminacium.

L’anfiteatro

La località, sotto Adriano, ricevette il rango di municipium, mentre in seguito si fregiò del titolo di capitale della Mesia superiore: proprio qui Caracalla venne proclamato Cesare, nel 196, fino al raggiungimento dello status di colonia romana intorno all’anno 240, tant’è che la zecca di Viminacium coniò monete per diversi imperatori. Da Viminacium transitarono Costantino, Diocleziano, Giustiniano, gli Unni che la ridussero in macerie, certo è che con tutta questa storia che l’ha percorsa nei secoli il sito archeologico offre una varietà di reperti non di poco conto, al punto da essere ribattezzata la “Pompei dei Balcani”; certo è che tutta la zona porta la memoria dell’antica civiltà romana, avanzatissima e ricca di cultura, il che ci porta al consueto quesito, già posto in occasione della scoperta dell’Egitto, ovvero di come una grande civiltà possa lasciare, ad oggi, un paese in così tanta miseria e arretratezza.

Ma quanto sono carine queste panchine incontrate a Smederevo?
La chiesa di San Giorgio
Il pavimento è curiosamente inclinato

Lasciato il sito ci dirigiamo a Smederevo, centro molto grazioso che per un breve periodo, nel corso del XV secolo, fu insignita del titolo di capitale della Serbia e il cui moderno fondatore fu il principe Djurad Brankovic, il quale ne iniziò la costruzione nel 1430 per poi divenire, in Ungheria, il signore di Tokaj, dove iniziò a piantare dei vitigni provenienti proprio da Smederevo e dando origine al noto vino bianco dal quale ha tratto il nome. Da amante del vino non potevo omettere questa curiosità…

Siamo oramai al tramonto e anche questa visita è terminata…

Anche Smederevo, nel corso degli anni, subì la conquista ottomana e divenne ben presto campo di battaglia tra Ungheresi e Ottomani, i quali se la contesero per lunghi anni in un’alternanza di tregue e conflitti, fino al secondo conflitto mondiale, quando venne occupata dalle truppe naziste tedesche e, nel 1999, venne bombardata dagli aerei della NATO; insomma si tratta di una città pesantemente contesa, maltrattata, danneggiata, un po’ come tutta la terra di Serbia, dai vecchi fasti in epoca romana ai devasti successivi, voluta da chiunque e lasciata in uno stato irrispettoso, in mano ad un popolo nazionalista ma estremamente confuso in merito ad una possibile rinascita.

Arte, storia ed architettura/ Serbia/ Viaggi

Kovilj Manastir, Bodjani Manastir e Castello di Bač

Come già riscontrato in altri paesi, vengono allestite delle piattaforme tutte per loro
Kovilj
Il cortile interno del monastero

Kovilj rappresenta il primo monastero che incontriamo rientrando verso casa, uno splendore assoluto cui ho voluto dedicare un post a parte per non appesantire il tutto con troppe fotografie: si tratta di una struttura religiosa dedicata a Sant’Arcangelo, fondato nel 1220 da San Sava per commemorare l’incontro diplomatico tra il re di Serbia e quello d’Ungheria, notoriamente in costante conflitto e che, grazie a tale incontro, prevenirono l’ennesimo scontro. Il monastero venne dedicato ai santi Arcangeli Gabriele e Michele, tuttavia esso subì, come di consueto, molteplici eventi avversi e tra distruzioni, ricostruzioni e rimaneggiamenti vari oggi possiamo ammirare un edificio di rara bellezza, noto anche per ospitare un coro di canti bizantini i cui maestri vantano la fondazione della Scuola di canto bizantino di Novi Sad.

Tutta questa meraviglia l’abbiamo ammirata al monastero di Kovilj
Accediamo al giardino del monastero di Bodani

Il Monastero di Bodani, invece, trova le sue prime tracce sulle prime pietre edificate dal mercante Bogdan, nel 1478, quale segno di gratitudine alla Vergine per avergli guarito gli occhi, mentre l’attuale chiesta del monastero venne costruita nel 1722 da Mihail Tamisvarlija, che ovviamente subì i consueti eventi distruttivi come qualsiasi altro edificio della zona, ma che venne anche riportata agli attuali fasti, quale esempio di arte bizantina e barocca e punto cruciale dell’arte serba.

Accediamo al sito del castello di Bač
Completamente immerso in un’area rurale

Già che ci siamo, facciamo anche una puntatina serale alla Fortezza di Bač (Tvrdjava Bač), per vedere ciò che rimane di una fortezza meravigliosa, ad oggi la migliore della Vojvodina, all’epoca abitata sia dagli Avari che dagli Slavi, fondata da Carlo I, re d’Ungheria, ma ben resto ampliata soprattutto in quanto Bač era il principale crocevia dell’epoca. Infatti le strade per l’Europa, i Balcani e il Mediterraneo si incrociavano qui e l’alta torre centrale consentiva la supervisione e il controllo delle pianure sottostanti, nonchè del traffico fluviale e di quello terrestre, tant’è che anche il fondale della Mostonga venne dragato per consentire il traffico fluviale sino alla fortezza stessa. Nel 1704 essa venne minata e durante la guerra di Indipendenza di Rakoczi venne distrutta, per poi essere successivamente abbandonata in quanto non più rilevante per scopi militari, tuttavia essa rimane la fortezza medievale meglio conservata della zona.

A Bač rimangono anche poche testimonianze di un hammam, non tanto per ciò che ne rimane, ma per la curiosità legato all’unica costruzione islamica della Vojvodina; esso fu costruito dopo la battaglia di Mohach, nel 1529, quando i turchi raggiunsero la zona e questo è quanto sono riuscita a sapere vista la scarsità di informazioni (e anche di offerta storica ed artistica data la chiusura tombale anche della chiesa cittadina).

Ci rivedremo ancora per uno, forse un paio di post e poi brinderemo alla fine di questo viaggio… ma ho altre proposte da portare avanti su queste pagine!

Arte, storia ed architettura/ Serbia/ Viaggi

Fortezza di Golubac: uno splendore bagnato dall’acqua.

Oggi raggiungiamo la Fortezza di Golubac già al mattino, dopo aver dormito nei paraggi in un piazzale poco distante dal parcheggio antistante la fortezza, la giornata è stupenda e ventosa, l’aria è un po’ frizzantina… e la fila già immensa! Arriviamo alla biglietteria un po’ confusi in quanto vi sono più percorsi possibili, scelta che andrebbe esposta prima dell’ingresso visto che senza una scarpa da trekking non permettono di arrivare ad alcune torri e in piena estate non è proprio scontato che il turista medio si attrezzi spontaneamente in tal senso.

Comunque sia acquistiamo i biglietti per la visita base (che, detto tra noi, è stata più che soddisfacente, ma Luca avrebbe voluto vedere tutto sino all’ultima pietra) e, varcata la biglietteria, ci troviamo in un giardino spettacolare fronte fiume, letteralmente bagnato dal Danubio: siamo al cospetto di una struttura quasi interamente realizzata nel corso del XIV secolo, composta da tre cinte murarie e dieci torrioni, soprattutto a sezione quadrangolare e solo in seguito rinforzati per meglio resistere agli attacchi delle armi da fuoco.

La fortezza ha subito un passato pregno di tumulti e vi è incertezza anche in merito alla sua costruzione, di certo vi è che nel corso dei restauri eseguiti tra il 2010 e il 2020 sono emersi i resti di un edificio bizantino antecedente la fortezza, inoltre alcune strutture in pietra e mattoni sono simili a quelle successivamente utilizzate negli hammam ottomani. La fortezza medievale fu contesa tra il Regno di Ungheria e l’Impero Ottomano, mentre dal 1867 è divenuto possedimento della Serbia in via definitiva.

La salita sulle torri consente di spaziare la vista sulle acque del Danubio, infatti ci troviamo sulla sua riva destra, che nel nostro caso è stata allietata da una giornata assolutamente tersa e meravigliosa, che ci ha regalato il cielo più blu che mai potessimo immaginare; è stata una delle visite più belle, a mio parere, insieme alla navigazione fluviale descritta un paio di post addietro perchè quando sono a contatto con l’acqua io sono al colmo della felicità e del benessere!

Gli interni

Si è trattata di una visita da godere a centottanta gradi, senza farsi grosse domande storiche nè artistiche, sicuramente grazie alla giornata meravigliosa, ma che mi sento in ogni caso di consigliare assolutamente… godetevi il lungofiume, la brezza che sale dall’acqua, il panorama e il senso di libertà salendo le torri e volgendo lo sguardo verso questa immensa distesa d’acqua!

Serbia/ Viaggi

Riprendiamo il nostro lungo viaggio e dirigiamoci verso Valjevo

La chiesa situata nella parte storica della cittadina, la Cattedrale della Resurrezione del Signore

Oramai siamo in giro da molti giorni e le tappe si sommano una sull’altra, motivo per il quale, complici anche le festività natalizie, fatico un po’ a narrarvi le ultime tappe, ma con un po’ di impegno cerco di portare a termine tutto.

I consueti interni meravigliosi

Oggi siamo a Valjevo, una cittadina che ci sconcerta sin dal primo impatto in quanto totalmente deserta, nonostante l’ora di punta e in piena estate, ma comunque cerchiamo un parcheggio un po’ fuori dal centro in maniera tale da non dare fastidio a nessuno e ci incamminiamo alla scoperta di questa cittadina, incontrata grazie alla ricerca della Valjevska Pivara, noto birrificio con annesso spaccio, dove però la scelta offerta agli acquirenti si rivela alquanto scarsa.

Valjevo è una delle rare città che presenta due centri cittadini, uno di fronte all’altro, divisi dal fiume Kolubara, quasi a dimostrare un simbolico contrasto tra Est ed Ovest, secolare collisione in suolo serbo; nel corso del primo conflitto mondiale Valjevo fu il centro del quartier generale dell’esercito serbo, sotto il comando del duca Živojin Mišić, esercito che sconfisse le truppe austroungariche nella battaglia di Kolubara, giusto per fornire un minimo di infarinatura storica. In tale conflitto si ebbe una gran perdita di vite umane, l’intera città venne adibita ad ospedale bellico e vide anche una vasta epidemia tifoide: oggi la città è talmente deserta che sembra quasi di poter assistere ai tristi scenari dell’epoca…

Sulla riva destra si possono ammirare le stradine di Tesnjar, centro storico acciottolato in stile orientale, fiancheggiato da piccole botteghe artigianali delle quali poche ad oggi sopravvivono, ma che riporta alla memoria l’atmosfera turca; dall’altro lato del fiume incontriamo la parte moderna, tipicamente europea, spesso palcoscenico, al pari di Tesnjar, di eventi culturali, artistici e cinematografici… e vi assicuro che passeggiando lungo le stradine acciottolate di Tesnjar si ha la sensazione di trovarsi catapultati nell’antico west tra cavalli imbizzarriti e sparatorie!

Sembrano le strade di un film ambientato nel Far West?

Di storia da raccontare ce ne sarebbe a bizzeffe, ma oramai mi conoscete e sapete come io eviti troppi tecnicismi a favore delle emozioni che un luogo riesce a regalarmi, quindi preferisco accompagnarci lungo le stradine di Valjevo e, foto alla mano, raccontarvi qualcosa. Tuttavia degna di nota è la Cattedrale della Resurrezione del Signore, la più grande chiesa ortodossa di Valjevo, costruita sulla confluenza tra il fiume Reka Gradac a Kolubar, uno dei maggiori templi serbi dopo San Sava di Belgrado: la sua costruzione iniziò nel 1992, in stile serbo-bizantino, su progetto dell’architetto Ljubica Bosnjak, occupa una superficie pari a 978 metri quadri mentre la galleria ne occupa 229, un tanto per darvi l’idea della maestosità.

Una volta attraversato il Kolubara l’aspetto del centro cambia un po’ e si inizia ad incontrare qualche anima viva, ma pur sempre nel deserto totale, il che ci permette una passeggiata rilassante e una visita molto tranquilla alla cittadina, tra chiese e qualche monumento.

Una volta attraversato il ponte…
Si apre la città moderna
Con la sua chiesa… spettacolare al pari dell’altra!

A questo punto, lasciata Valjevo, possiamo dire sia iniziato il nostro viaggio di ritorno, pur se con moltissima calma e toccando varie cittadine: le prime due tappe sono dedicate ad altrettanti monasteri, e posso dire che queste sono le visite migliori di questo viaggio itinerante perchè sono davvero splendidi e curatissimi!

Ci rivediamo nel prossimo post per le visite?

Serbia/ Viaggi

Passeggiando per le vie di Belgrado

Tutte le città serbe sono ricchissime di fontane e getti d’acqua di ogni tipo.

Finalmente riesco a riportarvi con me dopo molti giorni in cui ho dovuto sospendere l’attività sul blog a causa del lavoro troppo intenso e quindi della poca voglia di approcciarmi ad uno schermo nel poco tempo libero.

Tra le vie di Skardalja…
Case dipinte
Tutto molto bohemien

Riprendiamo la nostra passeggiata per le vie di questa magnifica città e raggiungiamo Skardalija, vecchio quartiere pedonale costituito da un dedalo di stradine ricche di locali e di case colorate, molte delle quali dipinte e che conferiscono al quartiere un’atmosfera bohemien che gli è valso anche un meritato gemellaggio con la parigina Montmartre. La strada principale è lastricata come da usanza turca ed è affiancata da alcune case decorate da disegni ed affreschi, tra le quali quella del pittore e poeta locale Djura Jaksić.

La casa di Djura Jaksić

Di molti punti di interesse vi lascio le foto, proprio perchè si tratta di palazzi o statue incontrate lungo il percorso e dei quali non sempre posso fornire molte notizie; tra questi il palazzo dell’Assemblea Nazionale Serba, costruito sul modello del palazzo del congresso americano.

Il palazzo dell’Assemblea Nazionale Serba
Il monumento intitolato a Stefan Nemanjia
L’interno del monumento

Proseguendo incontriamo il gigantesco monumento a Stefan Nemanjia, considerato il padre della nazione serba e quindi particolarmente amato dal popolo locale, soprattutto in quanto egli fu in grado di unire in un unico stato le diverse entità slave della zona balcanica; accanto al monumento incontriamo ciò che resta del famoso treno blu di Tito, mezzo di trasporto ufficiale e privato del presidente dell’allora Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Infatti il Maresciallo Tito, nonostante la fama e il coraggio di molte scelte politiche, era spaventatissimo dall’idea di volare, pertanto egli optò per la soluzione che meglio gli permetteva di spostarsi mantenendo la possibilità di lavorare nel mentre raggiungeva la tappa desiderata, oltretutto nel lusso assoluto stante il veicolo dotato di ben diciannove carrozze realizzato nelle officine di Smederevska Palanka e di Maribor (quest’ultima attualmente in Slovenia), nonostante successivamente le locomotive vennero sostituite da altre provenienti dalla Repubblica Federale Tedesca e dagli Stati Uniti. Le carrozze del convoglio originale vennero chiamate come alcune importanti battaglie della seconda guerra mondiale: Dinara, Kozara, Stjeska e Neretva; Tito e la consorte Jovanka usarono spesso il convoglio per raggiungere le isole Brioni, al largo della costa istriana, per le vacanze estive, percorrendo la costa montenegrina, assolutamente panoramica ma impervia per un normale treno passeggeri. Dopo tanta storia e tanti sfarzi vedere quel che resta di questo povero treno, abbandonato tra la spazzatura e gli escrementi dei barboni, stringe il cuore, vuoi perchè trattasi di una macchina veramente molto bella, ma soprattutto perchè legata a tanta storia e alle vicissitudini di un uomo che, nel bene o nel male, ha scritto un pezzo di storia; nel mio personale posso dire che ero una bambina che mio nonno, ascoltando la radio, mi raccontava di questo “signor Tito” e quindi, pur ignara di chi fosse nello specifico, per la mia realtà infantile era oramai un nome ricorrente e quasi di famiglia, quindi vederne il treno, così mal ridotto, mi ha riportato il cuore a mio nonno e ho pensato “chissà come ci sarebbe rimasto male Nonno Gigi a vedere questo scempio”…

Ciò che rimane di un pezzo di storia

Sempre ricollegandomi alla storia recente vi lascio uno scatto anche dell’edificio del Ministero della Difesa jugoslavo, capolavoro dell’architettura del dopoguerra, eretto nel 1963 e che, per ironia della sorte, è stato pesantemente bombardato dalle truppe NATO il 7 maggio 1999, nel corso dell’operazione Allied Force; il palazzo è rimasto inalterato dopo la distruzione, assolutamente inamovibile e considerato monumento culturale in ricordo e quale monito futuro.

Ciò che resta del palazzo del Ministero della Difesa dopo il bombardamento
Un palazzo vicino che ancora riporta i segni delle munizioni
Vi assicuro che, osservando a distanza ravvicinata, fanno una certa impressione

Vi lascio qualche scatto anche della Vaznesenjska Crkva, la chiesa dell’Ascensione, tempio ortodosso che custodisce ancora la campana con la quale venne annunciato il Hati-sheriff nel 1830, con cui l’Impero Ottomano concesse l’autonomia alla Serbia; come molti edifici religiosi anch’essa subì saccheggi ed eventi bellici, tuttavia oggi, anche grazie ad un ottimo restauro, appare stupenda e rappresenta un punto fermo per la comunità dei fedeli.

Una delle visite che ci ha impegnati più a lungo è stata quella di Kalemegdanska Tvrdjava, che ha compreso un giro immenso alla fortezza (non estesa… di più), comprensiva di una vasta esposizione di mezzi militari di ogni epoca, dal medioevo sino ai giorni nostri; la visita ci ha portato via quasi tutto il giorno, in quanto la fortezza si estende dalla città bassa, Donji Grad, lungo la sponda meridionale del Danubio, passando per la torre Nebojsa, per la chiesa Ružica e per Sveta Petka, inoltre lungo il percorso si incontrano il bagno turco e la porta Carlo VI; la città alta, Gornji Grad, è occupata da un parco ricco di percorsi pedonali che si snodano tra monumenti, resti di antiche costruzioni e campi sportivi. Incontriamo anche la polveriera, risalente al 1720, manufatti di epoca romana e altri risalenti al periodo dell’occupazione austriaca, tra cui un pozzo, denominato “pozzo romano” nonostante la paternità austriaca, che venne utilizzato quale silo per il grano ma soprattutto è caratterizzato per la grande scala elicoidale che lo percorre e che è stata ispirata da quella del pozzo di San Patrizio di Orvieto.

Una delle porte della fortezza
Una sosta ristoratrice all’uscita dalla fortezza

Di siti interessanti, lungo i percorsi della fortezza, se ne incontrano moltissimi e di ogni epoca, ma mi fermo qua e vi invito, se ne avrete l’occasione, a visitarla: noi l’abbiamo percorsa tutta con un caldo devastante ma ritengo possa essere una bellissima passeggiata nel periodo primaverile.

Alcuni punti più interessanti del percorso ve li ho già descritti in un post specifico dedicato a Santa Petka, quindi penso possiamo proseguire e tuffarci nella città moderna, quella in cui non manca alcun esercizio commerciale voi possiate cercare, quella dei locali, dei ristoranti, della vita sociale e del divertimento; certamente Belgrado non annoia, è piena di vita, di giovani, di modernità, una frattura verso quella Serbia rurale incontrata sino ad oggi, sembrano quasi due paesi diversi ma ve l’avevo detto che si tratta di un paese controverso!

Una delle pause più golose: una piccola realtà imprenditoriale tutta al femminile
Qui potrete gustare dei mini pancakes di ogni tipo!
Puffy Lil’s Pancakes
E adesso una passeggiata per il centro per vivere appieno Belgrado
Che palazzi, eh?
Particolari a sostegno dell’indole spiccatamente nazionalista di questo popolo
Tra passaggi pedonali “complessi”
E ritorni al passato…
Arte, storia ed architettura/ Serbia/ Viaggi

Belgrado: una capitale sospesa tra tradizione e modernità.

Arriviamo finalmente alla tappa più temuta per problemi organizzativi in quanto Belgrado offre un unico punto in cui poter sostare con il camper, ovvero una piccolissima area di sosta che non siamo riusciti a prenotare in quanto non hanno mai risposto alle nostre mail, oltre ad essere lontanissima dal centro (e i bus non accettano animali a bordo).

Ho cercato di riprendere più lati del tempio perché tra barriere e traffico era impossibile avere uno scatto soddisfacente.

Riusciamo ad incastrarci nel caos che affolla il piccolo parcheggio, fiduciosi nel fatto che, come consigliatoci dai gestori, utilizzando un servizio taxi simile ad Uber, dotato di mezzi pet friendly, saremmo riusciti a raggiungere il centro, motivo per il quale ci apprestiamo a scaricare l’app, prenotiamo la chiamata, paghiamo il sovrapprezzo prioritario altrimenti nemmeno ti rispondono, attendiamo il mezzo inviatoci che, appena vede i nostri “pets” si rifiuta di offrirci il servizio di trasporto; dopo una lite furiosa con il servizio clienti ci viene reso l’importo pagato per il prioritario con mille scuse ma noi siamo ancora lì, fermi sotto il sole cocente e senza sapere come fare. Dopo aver deciso di comunicare ai gestori la nostra volontà di andarcene, chiedendo quindi il rimborso di due notti di sosta, finalmente si offrono di portarci e venirci a riprendere, con tariffa taxi, che a noi ovviamente sta benissimo (magari dircelo prima di farci perdere quasi tre ore…).

Già l’ingresso apre lo sguardo alla magia.
Pochi passi ancora e ci si trova sotto la cupola centrale.

Polemica fatta, ora procediamo con la visita alla città: meravigliosa!!! Si tratta di una città tra le più antiche d’Europa, situata nella Serbia centrale, proprio alla confluenza dei fiumi Sava e Danubio, all’incontro della penisola balcanica con la Pannonia: dal 1919 al 1929 fu la capitale del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, per poi rivestire il ruolo di capitale della Jugoslavia sino al 1992. E’ una vera e propria metropoli, con più di un milione e mezzo di abitanti, capitale economica, finanziaria, culturale e scientifica del paese, il cui nome in origine fu Singidun, di origine celtica, ma conosciuta anche come Alba Bulgarica, stante i decenni in cui i Bulgari dominarono il territorio. Il nome Beograd significa “città bianca” e le venne dato da Papa Giovanni VIII, nonostante venne usato per un brevissimo periodo, subendo l’assegnazione di nomi diversi a seconda delle dominazioni e delle occupazioni presenti sul territorio, tra cui Prinz-Eugenstadt durante l’occupazione tedesca subita nel corso del secondo conflitto mondiale.

La storia che ha accompagnato Belgrado è vastissima, motivo per il quale c’è tanto, tantissimo da vedere, oltre alla possibilità di vivere una città estremamente moderna e giovane, quindi vi accompagnerò nelle visite più rilevanti senza tediarvi, magari dividendo il tutto in due post, così come del resto la abbiamo visitata noi in due giornate.

Questo post tocca solo “Lei”, la bellezza assoluta, poichè le foto sono tante e non voglio appesantire l’articolo: il Tempio di San Sava, la più grande chiesa ortodossa dell’area balcanica, che si innalza per 70 metri e che in realtà vorrebbe imitare la cattedrale Hagia Sophia di Istanbul e che anche per questo ha subito pesanti critiche, tuttavia l’interno è di una bellezza da togliere il fiato.

Il tempio sorge al centro di Belgrado, collegato alla vasta piazza Slavija, ed è dedicato a San Sava, venerato in tutta l’Europa orientale e le cui spoglie vennero bruciate dai turchi su una pira proprio nel punto in cui sorge il tempio, che nacque un decennio dopo la liberazione dall’oppressione turca, inizialmente quale chiesa commemorativa e poi successivamente ampliato a partire dal 1906. I lavori però subirono svariati rallentamenti, prima a causa del conflitto con la Bulgaria, poi del primo conflitto mondiale, per riprendere nel 1919 e subire una ulteriore interruzione nel 1941 a seguito dei bombardamenti tedeschi; dopo altre sospensioni di varia natura si arrivò alla ripresa dei lavori ad opera del patriarca German, che negli anni proseguirono anche se ad oggi non risultano essere ancora terminati.

Il tempio presenta una struttura a pianta centrale sulla quale si apre la maestosità di una cupola dalla bellezza mozzafiato, mentre i lati corti, quattro in totale vista la struttura a croce greca , sono sormontati da altrettante semicupole, ottenendo una struttura abbastanza omogenea di 91 metri di lunghezza e 81 di larghezza, esternamente in marmo travertino e con la capienza per ospitare diecimila persone.

Scendiamo nella cripta…
Immensa…

La cripta sono riuscita a vederla per un mero miracolo e di corsa in quanto, al momento della visita, era chiusa; ero rientrata per un attimo avendo dimenticato di cercare un particolare e, miracolo, la cripta era stata aperta… purtroppo di lì a pochi minuti il nostro accompagnatore ci sarebbe passato a prendere per riaccompagnarci all’area camper e, detto tra noi, guai a ritardare di mezzo minuto in quanto molto puntiglioso e pressante. La cripta, oltre alla bellezza, contiene il tesoro di San Sava e il sepolcro del despota Stefan Lazar Hrebeljanović.
Da dire ce ne sarebbe ancora moltissimo, ma ho voluto darvi solo qualche informazione per la comprensione del luogo, il resto come al solito lo lascio alle immagini con la promessa di accompagnarvi a visitare il resto della città quanto prima. Purtroppo ultimamente vado al rallentatore perché ho un periodo pesantissimo dal punto di vista lavorativo, ma prometto di provarci ad accelerare un po’, nonostante ogni tanto inserisca qualche intervallo di lettura.

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