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Recanati, terra d’arte tra i colli marchigiani

L’accesso al borgo per il tramite dell’ascensore che collega il parcheggio al centro.

Siamo nuovamente on the road dopo mille rinvii ed altrettanti ripensamenti, tra tentativi di partenza ed altrettante complicazioni lavorative, e questa volta percorriamo il nostro paese per godere delle bellezze della terra in cui viviamo. Quando scendiamo verso le regioni centrali il cuore mi fa mille saltelli di gioia rammentando buona parte delle mie origini e questa volta abbiamo deciso di affrontare anche uno dei miei scogli scolastici, con la volontà di riaffacciarmi agli angoli bui dell’adolescenza con la maturità dell’età adulta… ed eccomi nella città natale di Giacomo Leopardi, mio incubo personale delle scuole superiori, ma anche di quel genio del canto che fu Beniamino Gigli, voce che mi riporta sempre il cuore alla mia mamma che cantava tutto il giorno con un’intonazione perfetta ed una melodia incantevole.

Piazza Leopardi

Abbiamo raggiunto la cittadina nel tardo pomeriggio, in un’atmosfera surreale grazie al tramonto che tingeva di arancione i colli sfumati dalla nebbia, affacciandoci alla poesia dal parapetto del parcheggio che ci ha accolti per trascorrervi la notte (eh sì, sempre in camper!) e godendo di una pace assoluta sino all’indomani.

Il giardino dell’Infinito

Dopo una breve passeggiata esplorativa della cittadina, curata e pulitissima, abbiamo raggiunto la Casa Leopardi per la visita al museo e alla casa, accodandoci ad una classe del liceo linguistico, un gruppo di diciottenni educatissimi che ci hanno accompagnati per tutta l’ora di una visita stupenda, sotto l’egida di una guida assolutamente eccezionale che ha tenuta alta l’attenzione e regalandomi l’immagine di un Giacomo Leopardi autentico e ben diverso dagli stigmi didattici. Insomma quasi quasi ho cambiato idea in merito ai mattoni impostimi da una scuola delle volte noiosa e pedante.

La casa di Teresa Fattorini, alias Silvia
L’unica porzione fotografabile della casa del Leopardi
Ricordi di gioventù 😂
L’edificio in cui lavorava Silvia e perfettamente visibile dalle finestre di casa di
Leopardi
Sagome a ricordo del “Sabato del villaggio”

Dopo essermi vista pressoché tutte le chiese aperte, con tutto il rispetto per la Cattedrale di S.Flaviano, bella ed austera, mi sono letteralmente innamorata della chiesa di S.Anna, strettamente legata alla tradizione di Loreto, che ebbi modo di conoscere parecchi anni addietro.

Chiesa di S.Anna, piccola e meravigliosa e con riferimenti alla Casa di Maria sita a Loreto
Ulteriore riferimento alla Casa di Maria in quanto si narra vi venne traslata da Nazareth dagli angeli
Parte del portale

Potevo trascurare un altro cittadino recanate insigne? Io che vivo per la musica non avrei mai saltato un omaggio al sepolcro di Beniamino Gigli, quindi l’ultima fatica l’ho riservata alla ricerca del cimitero, ma ci tenevo davvero… ho amato la sua voce nonostante la mia età avrebbe potuto ragionevolmente escludere tale possibilità.

Lo so, questo è un tocco macabro, ma non potevo mancare il sepolcro di Beniamino Gigli

Nel corso del tardo pomeriggio, quando le ombre hanno iniziato ad allungarsi tingendo di un rosso intenso la sagoma del Conero, siamo rientrati alla base per spostarci ad Osimo, dandovi l’arrivederci a domani!

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Fortezza di Hohenwerfen, un gioiello tra i monti

Ritornando verso casa, quindi faccio un salto temporale all’ultimo giorno di questo bellissimo fine settimana, abbiamo optato per rifare una tappa già percorsa più di vent’anni fa, un po’ perché io non ricordavo nulla e un po’ per la curiosità di ritornarci.

A dire il vero abbiamo avuto l’occasione di poter godere di una visita completa ed approfondita, lontana anni luce da quella precedente, quindi ho pensato di condividerla con voi quale tappa da non perdere.

La fortezza venne edificata dall’arcivescovo Gebhard Graf von Helstein (1060-88) nel corso della lotta per le investiture tra Impero e Papato, insieme con le fortezze Hohensalzburg e Freisach: l’aspetto era molto semplice, si trattava di una costruzione non molto estesa e circondata da una semplice recinzione lignea.

Aspetto originario dell’attuale fortezza

Nel periodo tra il 15060 e il 1586 intervenne l’opera dell’arcivescovo Johann Jakob von Kuen-Belasy, considerato il secondo costruttore del complesso a seguito della ampie trasformazioni apportate, della costruzione del nuovo arsenale, della torre della cappella e della torre campanaria, gettando le basi per la vera fortezza con l’aspetto odierno, che è tale dal XVI secolo.

Le casematte, utilizzate quale deposito alimentare
Ricostruzioni nelle casematte

Successivi importanti cambiamenti sono riconducibili al periodo tra il 1125 e il 1145 quando l’arcivescovo Konrad von Abensberg ne fece ampliare il perimetro e fece erigere le mura fortificate. Successivamente tra il 1519 e il 1540 l’arcivescovo Mattäus Lang von Wellenburg provvide ad effettuare alcuni interventi riparativi ma in maniera alquanto sbrigativa.

Alloggio della guardia

Purtroppo nel corso degli anni un incendio provocò dei danni irreparabili, incendio originato quando Rupert Schweiger, custode del castello, mise in funzione l’affumicatoio generando accidentalmente una scintilla che appiccò le fiamme al pavimento in legno e, mancando l’acqua, il disastro avvenne in pochissimo tempo. Accorsero quindici unità di vigili del fuoco dei dintorni, trenta pionieri da Salisburgo e molti volontari per cercare di salvare qualcosa pompando l’acqua dalla Salzach, ma il palazzo, il campanile e la casa del cappellano andarono completamente a fuoco, con la conseguente perdita di molti pezzi d’antiquariato e di opere d’arte.

Ricostruzione di un processo per stregoneria, che ci riporta alla mostra sulla magia

Nel 1898 la fortezza, oramai in rovina, venne rilevata dall’arciduca Eugenio d’Austria, che la fece rinnovare trasformandola in una residenza principesca, ricca di collezioni di opere d’arte e di armi. Nel periodo più difficile egli provvide a far ricostruire gli oggetti andati distrutti secondo antichi modelli, ma per finanziare l’impresa, dovette vendere molti pezzi d’antiquariato. Tale ricostruzione terminò nel 1932, anno in cui si ebbe una cerimonia inaugurale nel cortile della fortezza.

Mostra relativa alla farmacopea della magia bianca
Mandragola
Sezione dedicata ai riti voodoo
Tristi strumenti di tortura

Ad oggi il maniero è assolutamente stupendo, curato nei minimi particolari e visitabile sino alla campana della torre, inoltre ospita una bellissima mostra “Mythos Jackl”, dedicata alla contrapposizione tra magia bianca e magia nera, oltre ad una breve esposizione dedicata al lungometraggio “Là dove osano le aquile”, in quanto venne girato proprio alla fortezza, pur se con qualche lieve libertà espositiva.

Piccola esposizione cinematografica
Qui si evidenzia come nel film sia apparsa una funivia al posto della funicolare
Locandina
Oggetti utilizzati nel corso delle riprese
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Un fine settimana tra treni e castelli

Le vecchie vaporiere hanno sempre il loro fascino con la loro lentezza cadenzata dalle bielle…

Probabilmente state pensando io abbia chiuso la cucina e mi sia dedicata unicamente al “zuzzurellaggio”… forse dovrei rinominare il blog “Viaggi in controluce”, ma è giusto vi spieghi come non sia assolutamente indirizzata verso un cambio di direzione bensì mi trovi in una fase transitoria.

Gli interni delle macchine sono visibili

Dopo vent’anni di difficoltà a causa di un problema metabolico che mi ha causato parecchi guai collaterali, finalmente un medico mi ha ascoltata e sto trattando la causa di tutto questo scompiglio, chiaramente seguendo un’alimentazione mirata e quindi, per la mia salute mentale, non cucino alcuna prelibatezza che mi sia proibita. Essendo comunque questo il mio angolo nel quale stare con voi a chiacchierare di tutto ho scelto di raccontarvi una parte della mia estate, in maniera tale da potervi anche suggerire qualche meta interessante e diversa dal solito (in attesa di ritornare ai fornelli).

Con la possibilità di sbirciare la meccanica

Siamo riusciti a ritagliarci un fine settimana lungo e, a bordo del nostro Chewbecca (che oramai conoscete), abbiamo raggiunto Golling, piccolo centro carinissimo del Salzburgerland e poco distante da Salisburgo, scegliendo questa volta di soggiornare in un campeggio per poterci rilassare al massimo, complici anche i prezzi estremamente contenuti che l’Austria propone.

La prima visita che abbiamo programmato è stata al museo ferroviario di Freilassing, sito nella vicina Baviera, non molto grande ma curatissimo e seguito da alcuni anziani volontari disponibili a tutte le spiegazioni ed approfondimenti possibili.

Ecco come il carbone arriva alla caldaia

Già il primo impatto mi ha colpito in quanto, all’ingresso, sono posizionati dei piccoli “ICE” (tipo di treno, per i meno esperti) cavalcabili e a misura dei più piccoli, che ovviamente fa capire l’attenzione che viene loro rivolta.

Per i più piccini

Le macchine esposte vanno dalle prime vaporiere ai locomotori, dalle macchine da lavoro a quelle magnetiche, spesso lasciando a vista la meccanica interna e permettendo un’occhiata agli interni mediante l’ausilio di scalette metalliche.

Qui già siamo ai locomotori

Io sono sempre stata appassionata di treni quindi non faccio testo ma il profumo di ferrovia che vi ho respirato mi ha riportato il cuore a quand’ero una bambina e il mio papà, macchinista delle ferrovie, se lo portava addosso.

La cura che ho incontrato nella gestione di questa chicca mi è stata confermata anche dall’invito rivolto ai visitatori di posizionarsi sulla piattaforma di manovra per farsi trasportare da un binario all’altro alla stregua di una macchina da spostare… un’esperienza meravigliosa gradita sia ai bimbi che agli adulti!

Tutti pronti per le manovre da un binario all’altro?

Vi lascio alcuni scatti tra le decine che ho nel telefono… e se vi capitasse di trovarvi in zona prendete in considerazione questo viaggio temporale nel mondo dei trasporti!

E noi ci rivediamo appena arriveremo ad un delizioso castello!

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Verso la prossima avventura! – giorno 19

Stiamo tornando verso casa da tre giorni, purtroppo tra cantieri ed incolonnamenti la strada dai Pirenei a casa è piuttosto lunga, quindi ci siamo dovuti scostare dal piano originale di fermarci all’area di sosta di Soave per sostare a Desenzano del Garda.

Bubu e la sua passione per i ciottoli bagnati
Cigni

Appena parcheggiati scendiamo al lago per fare quattro passi con le cagnette, cogliendo un meraviglioso tramonto e passeggiando con l’acqua alle ginocchia… un sollievo dopo tanto calore!

Nessuna avventura, solo pochi scatti densi di poesia e la promessa di condividere presto una nuova esperienza!

A presto!

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Villerouge-Termenès… siamo agli sgoccioli! – giorno 18

La chiesa, purtroppo chiusa
Il castello

Oramai il nostro viaggio cataro volge al termine quindi, sulla strada del ritorno, abbiamo fatto una breve tappa per visitare un ultimo castello vicino alla piazza in cui abbiamo dormito.

L’ingresso

Il borgo è piccolissimo e delizioso e il castello del XIII secolo è un bel esempio di architettura militare medievale, proprietà degli arcivescovi di Narbonne fino alla Rivoluzione Francese ed interamente restaurato nel 1990 ad opera dell’amministrazione comunale.

Gli interni
Ricostruzione della vita del castello
Ancora ricostruzioni
Il cammino di ronda

Non ho molte notizie in merito, a parte la curiosità che nei pressi dell’edificio venne bruciata l’ultima resistenza catara, dando quindi anche un senso di compimento del nostro viaggio e dell’ultima tappa.

Vi lascio con un po’ di scatti del borgo, lontano dalle rotte turistiche e molto bello!

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Il Castello di Arques, tra catari e pipistrelli! – giorno 17

Nel corso delle nostre peregrinazioni da un castello cataro all’altro ci consigliano anche quello di Arques in quanto “non si cammina nulla” (deo gratias), quindi parcheggiamo il camper poco lontano e, vista la visita presumibilmente breve, lasciamo le pupette al fresco.

Il sentiero è breve ed assolato e ci accompagna ad una struttura risalente al 1284, quando Gilles de Voisins lo eresse dopo che il villaggio venne raso al suolo durante la crociata contro gli Albigesi. Esso venne completato nel 1316, a difesa della valle e delle vie della transumanza, infatti è il primo maniero, tra quelli visitati, non eretto in altura.

Esso è costruito su base quadrata, presenta una bella torre fiancheggiata da torrette e si sviluppa su quattro livelli, rappresentando un esempio di architettura militare gotica.

Ve lo consiglio? No. Perché, pur se ben restaurato, ospita una colonia di pipistrelli, particolare non specificato all’accesso, ovviamente qualsiasi angolo è coperto di guano e mi sono trovata non solo a camminare con i volatili appesi sopra la mia testa ma anche a vederli svolazzare intorno a me. Insomma non so voi ma a me ha disturbato molto.

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Rennes-le-Château e i misteri di Villa Bethania – giorno 16

Il castello, non visitabile

Oggi una piccola tappa densa di fascino e di mistero, ricca di simbolismo e che ha fatto sì che questo borgo abbia ispirato leggende gotiche e dicerie tra il sacro e il profano.

La villa Bethania è stata costruita nel villaggio di Rennes-le -Château tra il 1901 e il 1905 nella ex tenuta dell’abate Bérenger Saunière e intestata alla sua serva Marie Dénardau, ma il mistero legato alla cittadina iniziò il 6 novembre 1244, quando François Pierre d’Hautpoul, marchese di Blachefort e signore di Rennes-le-Château, fece testamento e in relazione ad esso si parlò di un segreto di stato. Oltre a ciò tra gli antenati del marchese vi era un membro dell’Ordine dei Templari, e ciò contribuì ad infittire il mistero. Nel 1781 il curato del borgo ricevette la confessione, in punto di morte della marchesa Marie de Nègri d’Ablès d’Hautpoul-Blanchefort, un segreto di famiglia che avrebbe dovuto essere tramandato, come del resto avvenne da un sacerdote del borgo all’altro.

La libreria della villa
La pavimentazione a scacchiera
Il particolare della piastrella rossa
La torre nera
La torre bianca
La sacrestia, luogo di incontri segreti

Quando l’abate François Bérenger Saunière, nel 1885, venne nominato parroco del paese, i misteri si infittirono in quanto egli ebbe accesso a grandi quantità di denaro, in merito alle quali egli non fornì mai alcuna spiegazione, facendo sì che nascesse la convinzione, avvalorata anche da ulteriori anomali comportamenti del parroco, che egli appartenesse al Priorato di Sion.

Le incisioni della pietra tombale di Marie de Nègre d’Ables sembrano un messaggio in codice

I misteri cui si fa cenno ancora oggi sono molteplici, tuttavia ve ne cito alcuni legati al simbolismo di cui il luogo abbonda: la villa presenta una pavimentazione a scacchiera, e su una piastrella un quarto della medesima è di colore diverso, facendo sì che venga indicato l’accesso alla torre, considerata la torre nera della scacchiera, posta in posizione prospiciente la torre bianca. Inoltre la torre nera sostiene una circonferenza merlata che presenta esattamente la configurazione del quadrante di un orologio, decorata da dodici merlature.

La chiesa di S.Maria Maddalena

La chiesa non è da meno: già alla sinistra dell’ingresso vi è la raffigurazione di Satana, sovrastato da quattro ulteriori sculture nell’atto di fare il segno della croce mentre, nel fondo della chiesa, all’ultima stazione, si nota come la sepoltura del Cristo abbia una anomala ambientazione notturna, quasi ad indurre il visitatore a non ritenere avvenuta la sepoltura e confermando la tesi secondo la quale Gesù Cristo non fosse morto in croce ma abbia sposato Maria Maddalena.

Il Satana all’ingresso
Sovrastata da quattro sculture nell’atto di fare il segno della croce
La deposizione notturna

Da ultimo, le iniziali dei santi raffigurati lungo le pareti, vanno a formare il termine GRAAL, alimentando ulteriormente il mistero del luogo e il credo secondo il quale dietro le ricchezze di Saunière ci fosse l’ombra del Vaticano.

Il cimitero adiacente alla chiesa non è visitabile dal 2004 a seguito delle troppe azioni vandaliche subite dai sepolcri.

L’accesso al cimitero

Insomma ce n’è da scrivere da un libro, comunque sia ho fornito un’infarinatura di una storia affascinante e che varrebbe la pena approfondire maggiormente perché la storia che si snoda nei secoli in questo borgo è ricca di avvenimenti e fitta di misteri.

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Castello di Montségur, non pensavo potessi farcela! – giorno 15

La stanchezza dopo la sfacchinata di ieri è immensa, tuttavia voglio darmi una possibilità, vista anche l’importanza del luogo, quindi mettiamo in moto e ci arrampichiamo sulla collina… scendo dal camper e la visione che ho del luogo da raggiungere è questa che vedete qui sotto!

Che mi sia venuto un colpo è scontato, ma caratterialmente non sopporto l’idea di rinunciare, quindi indosso le pedule, mi armo di bastoncini da trekking e inizio la salita, che grazie al cielo in parte si snoda lungo un bosco ombreggiato. In un’ora e un minuto esatta sono in cima! Una delle più grandi soddisfazioni di questo viaggio😀!

Almeno il sentiero è carino!

Il castello di Montségur sorge a 1200 m.di altezza e domina le vallate dell’Ariège, lungo la catena montuosa dei Pirenei, riveste un carattere simbolico della resistenza catara nei confronti dei Crociati. La rocca si struttura in tre fortificazioni sovrapposte: della prima, antecedente il 1204, non è sopravvissuto quasi nulla, mentre delle due rimanenti si riconoscono ancora i terrazzamenti del villaggio, una cisterna ed una sala con le finestre a feritoia. Ciò che vediamo oggi risale alla ricostruzione posta in essere dai nobili fedeli a re Luigi IX, che cedette loro il castello.

Il castello venne tenuto sotto assedio da seimila crociati e vi resistette per due anni, fino a cedere per fame, dopodiché il 16 marzo 1244, ai piedi del colle di Montségur, un enorme rogo bruciò le vite di decine di catari.

La stele a ricordo del rogo

Il maniero, come sopra citato, venne restaurato ad opera di Luigi IX ed utilizzato a difesa contro il Regno d’Aragona fino all’inizio del Cinquecento, per essere poi abbandonato.

E per oggi è tutto, la stanchezza incombe quindi il resto lo scopriremo domani!

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Al castello di Peyrepertuse tra lacrime e sudore! – giorno 14

Decisamente questa parte di vacanza non è proprio la mia idea di ferie, ma per quanto riesco cerco di seguire il programma, fatto sta che oggi è iniziata malissimo: durante i mesi estivi i camper non possono salire al parcheggio (semivuoto) del castello, ma rimanere ad un’ora di cammino dal medesimo. Quindi abbiamo iniziato la salita, ripidissima e sotto il consueto sole cocente, io comoda comoda con le Birkenstock dopo le bolle lasciatemi giorni fa dalle pedule, finché il genio (mio marito) ha avuto la splendida idea, da me osteggiata e da lui ovviamente ignorata, di prendere la classica scorciatoia nel bosco (mai vista una scorciatoia che non faccia faticare il doppio) che mi ha fatta arrivare alle lacrime grazie ad una salita quasi verticale sulla terra battuta (sempre con le Birkenstock ai piedi, ribadisco). Morale sono arrivata al castello già cotta, esausta, accaldata, assetata e parecchio incazzata, poi dalla cassa al castello mi sono nuovamente massacrata con l’ennesimo sentiero dissestato… alla mia gioia di incontrare finalmente l’agognato ingresso, il tempo di arrampicarmi ancora un po’ e mi si è aperta allo sguardo un’altra scalinata paurosa che portava alla seconda parte del maniero. Scontato precisare che mi è caduta la mandibola…

Ma al di là di questa giornata infernale, oramai che ci sono arrivata, vi fornisco qualche informazione più tecnica delle mie disperazioni giornaliere (ah, a proposito, a metà strada del ritorno, con un piede sanguinante e il ginocchio oramai disperso, mio marito ha infranto il divieto ed è venuto a raccattarmi con il camper… anche i pazzi hanno un cuore!).

La scala di S.Luigi

Il nome del castello deriva da “petra pertuse”, che in occitano significa pietra forata, a indicare la perfetta compenetrazione tra la struttura della roccaforte e la roccia; la fortezza si stende lungo uno sperone calcareo del massiccio delle Corbières, nel Dipartimento dell’Aude. La fortificazione è complessa, occupa un’area lunga circa 300 m.e larga 60 ed è costituita da un ampio bastione a pianta triangolare con, in basso, il vero e proprio castello feudale il cui accesso è difeso da un barbacane costituito da due torri circolari. All’interno del recinto principale vi sono i magazzini e le latrine, a strapiombo sulle rocce, mentre il cammino di ronda è ancora visibile, formato da lastroni di pietra posati su supporti sporgenti. A corredo del tutto vi sono il “donjon” e la cappella dedicata a Santa Maria, datata 1115. La parte alta, cui si accede per il tramite della ripida scala di S.Luigi, è costituita dal Castello di Saint-Jordi, eretto 60 m.più in alto rispetto al primo incontrato, accessibile solo per il tramite di suddetta scalinata… la fatica è tanta ma dalla cinta muraria e dal mastio centrale si gode di una vista mozzafiato sui Pirenei! La fortezza fu eretta nel periodo in cui la Languedoc venne unita alla corona di Francia e il possesso del maniero passò dai conti catalani di Besalù ai conti di Barcellona e da qui al vescovo di Narbonne. All’epoca della crociata contro i Catari essa era formata unicamente da un villaggio fortificato, poi nel 1240 esso passò alla Corona di Francia per poi, nel 1251, vedersi aggiungere il mastio e la Cappella di S.Giorgio. Dopo vari restauri, con il trattato di Corbeil del 1258, Peyrepertuse divenne una delle fortezze reali francesi poste a difesa dei confini con il Regno di Aragona, per poi perdere importanza strategica con il trattato dei Pirenei del 1659 ed essere definitamente abbandonata durante la Rivoluzione Francese del 1820. Dal 1950 sono iniziati gli interventi di restauro che ce l’hanno portata all’aspetto attuale.

Vista del maniero dal punto più elevato con, sullo sfondo, la catena dei Pirenei

Diciamo che alla fine ne è valsa la pena… lo rifarei? No, questo no, ho apprezzato una porzione di storia non da poco, ma la fatica (soprattutto a causa della mancanza di collegamento dal parcheggio camper alla cassa) è stata insostenibile, specie sotto il sole cocente che ci sta accompagnando fino alle dieci della sera…

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Da un castello all’altro – giorno 13

Ieri sera, dopo la scarpinata ai castelli di Lastours, ci siamo fermati in un’area pic-nic bellissima, dove abbiamo cenato e ci siamo apprestati a trascorrere la notte, tuttavia c’eravamo solo noi ed un altro camper strano, con un aspetto che ci inquietava… sarà che abbiamo letto troppi noir, ma alla fine siamo scesi dal letto, ci siamo rivestiti e ci siamo spostati in paese, trascorrendo la notte in un’area sterrata.

Il castello circondato dagli ulivi, dal sole e dal frinire delle cicale

Dopo una notte tranquilla e rigenerante abbiamo iniziato la prima salita della giornata, alla volta del castello di Aguilar, sotto un caldo becco: oramai il ginocchio nemmeno ci prova più a farmi male perché a forza di fatiche ci ha rinunciato 🤣! Il castello si innalza come una corona a 320 m.di altezza, su una collina circondata da magnifici vigneti, da rose selvatiche, ginestre e cespugli di rosmarino; siamo sempre nell’Aude e il nome Aguilar deriva dal latino “aquila”, nome che risale al 1020 e che tale è rimasto nonostante i numerosi passaggi di proprietà dell’immobile, finendo, quale ultimo possesso, come rifugio per i signori “faidits”, ossia espropriati dei propri possedimenti, e per i seguaci del Catarismo. Il castello ovviamente è diroccato, ma tutto sommato lascia ancora immaginare la sua struttura originale, tipica delle costruzioni militari del XII secolo, con un corpo centrale su due piani circondato da una muraglia esagonale, completa di sei torrioni semicircolari e dalla quale si apre una bellissima vista sulla zona di Tuchan e delle Corbières.

Dopo un pranzo veloce cucinato in camper abbiamo affrontato la seconda salita della giornata sino al castello di Quéribus, fatica di non poco conto sotto il sole cocente del primo pomeriggio senza alcuna zona d’ombra, solo una pietraia infuocata, ma la meta è risultata davvero meritevole di interesse. Il castello sorge su uno sperone di roccia, a 728 m.di altezza, in posizione di dominio rispetto al passo de Grau de Maury, alla piana del Roussillon, alla rocca de Peypertuse e al mare di Perpignan. È il più piccolo dei castelli catari e la sua conformazione a nido d’aquila lo rende affascinante: una struttura complessa incastonata in un luogo impervio e tormentato da un vento incessante e violentissimo. Le fortificazioni sopravvissute sono suddivise su tre livelli, in parte del XIII e in parte del XVI secolo, con due cortine di protezione ed una cisterna per l’acqua piovana, unica fonte idrica; al terzo livello un magnifico “donjon” poligonale con mura spesse quasi 4 m.al cui interno troviamo la Cappella di Saint-Louis, una grande sala in gotico primitivo con slanciate volte ogivali sorrette da un pilastro centrale e il tutto illuminato da un’unica finestra esafora. Anche Quéribus ha ricevuto vari rimaneggiamenti nel corso della storia, che ha permesso di farne uno dei castelli catari meglio conservati.

Il panorama mozzafiato
Il donjon

Questa sera ci godiamo un meritato riposo in un’area di sosta sottostante il prossimo castello, quindi ci risentiamo domani per saperne di più!

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