Per lungo tempo ho rinviato la pubblicazione di alcuni post che riguardassero la lettura, tenendomi sempre da parte qualche bozza mezza scritta senza però decidermi a portare a termine il lavoro: talora penso che non è detto che i libri possano interessare a tutti, ma alla fine la passione per la lettura è stata più forte di me e mi sono decisa!
Questo romanzo l’ho letto molti mesi fa, ma lo rileggerei mille volte perché è pieno di sentimento, perché quando l’ho finito ho pianto tanto, le ultime pagine sono state velate dalle lacrime e quando un libro riesce a trasmettere un’emozione significa che è un buon libro.
La figura chiave, pur non protagonista diretta, è Rose con la sua abitudine, nell’attimo che precede la sera, di volgere lo sguardo al cielo alla ricerca della prima stella del crepuscolo: ciò le riporta la memoria al suo passato trascorso a Parigi, lungo le rive della Senna, e ad una pasticceria i cui ricordi si stanno affievolendo, divorati dalla perdita della memoria. Rose ha un ultimo desiderio, prima di smarrire ogni ricordo, il desiderio di ritrovare la propria famiglia e tale compito viene affidato ad Hope, la nipote, il cui nome oltretutto è davvero di buon auspicio per un compito simile; l’unico punto di partenza per lei è una serie di ricette che quotidianamente mette in pratica nella propria pasticceria, ereditata da Rose, a Cape Cod. Prima di mettere nelle mani di Hope ciò che resta della sua memoria, Rose le confessa di non essere cattolica, ma ebrea e da questo punto si dipana un gomitolo di avvenimenti che trovano il proprio nucleo tra sinagoghe, moschee ed Olocausto, non quello narrato nei libri di storia, ma quello vissuto da Rose sulla propria pelle, quello del proprio passato cui appartiene anche Jacob, l’amore che nemmeno l’Alzheimer che l’ha colpita riesce a spazzar via.
In un’atmosfera profumata di vaniglia, cannella e cioccolato, di cupcakes e di pains au chocolate, Hope decide di partire per Parigi e lì, tra Places des Voges e le stradine del Marais, incontrerà l’unica persona in grado di far luce sui ricordi di Rose, per collegare la tragedia della deportazione degli ebrei alla più grande lezione di vita, quella dell’amore che non muore mai, a dispetto del tempo e della distanza, e che per un’ultima volta accompagnerà per mano il lettore sino alla fine, con le lacrime agli occhi come è accaduto a me.