Browsing Tag:

Il profumo della lettura

Letture

“L’invenzione di noi due“ di Matteo Bussola

Ne avevo sentito parlare, tant’è che l’ho iniziato per curiosità, senza troppe aspettative, venivo da un libro di più di mille pagine e necessitavo di aria fresca, di leggerezza: qui le pagine erano nettamente in numero inferiore e l’interlinea adatto alle mie esigenze di “riposo”.

Non conoscevo nemmeno l’autore, ad essere onesta, ma perché no? Mi sono trovata dinanzi ad una narrazione anomala e poetica, di un uomo che scrive da donna e che scrive del rapporto tra un uomo dall’indole assolutamente femminile e una donna molto decisa e quasi mascolina nell’assenza di fronzoli caratteriali. Sull’orlo del fallimento del proprio matrimonio, Milo ritorna con il cuore al primo incontro con Nadia, ai loro iniziali contatti epistolari scritti sui banchi di scuola, sulla fòrmica verde del banco in condivisione e allora decide di riproporre un rapporto simile, pur se firmandosi con uno pseudonimo, quasi un alter ego del proprio essere, corrispondenza che si fa sempre più intensa, sino a trovarsi davanti non più a se stesso ma letteralmente ad un rivale creato da lui medesimo.

Lo scambio di messaggi inizia allo scopo di cercare ancora un filo di rapporto con la moglie che continua ad amare, tuttavia proprio grazie a questo scambio di battute e di confidenze sarà proprio lei a mostrargli la strada del ritorno, il modo per rivalutare se stesso e comprendere a fondo i propri errori, quelli che lo hanno portato a rovinare la bellezza di un rapporto costruito con ingenuità e freschezza.

Si sa però che il fallimento non trova mai radici da una sola parte, tant’è che quando forse si apre una speranza finisce con il chiudersi anche la porta… ma finché non si gira la chiave nella serratura qualcosa può cambiare.

É un libro che ho letto in una giornata, scorrevolissimo e scritto davvero molto bene, realista ma poetico, che a tratti mi ha ricordato “Le ho mai raccontato del vento del Nord” di Daniel Glattauer, un po’ per la delicatezza poetica e un po’ per la struttura epistolare, sebbene il tema vi si discosti. Ve ne propongo la lettura, penso potrebbe piacervi.

Link affiliato Amazon L’invenzione di noi due

Letture

“Una vita come tante “ di Hanya Yanagihara

Di questo libro se ne sono dette tante, che si tratta di un romanzo sconvolgente, che abbia portato al pianto chiunque lo abbia letto, che sia drammatico, a tratti straziante, ma anche che sia un libro sull’omosessualità, sull’amicizia e sul dolore.

Procediamo con calma e analizziamo quello che, a parer mio, è un gran bel libro, lunghissimo visto che supera le mille pagine, ma che scorre come acqua fresca: l’autrice è stata bravissima in quanto dalle prime pagine ci fa intendere si tratti di un romanzo incentrato sulla leggerezza dell’amicizia tra Willem, aspirante attore, Malcom, futuro architetto, J.B., improntato alla carriera artistica, e Jude, spietato avvocato in erba… tuttavia ben presto l’attenzione verrà spostata solo sulla figura di quest’ultimo e sulle dolorose vicende che lo hanno accompagnato sin dalla più tenera età.

Tuttavia anche i dolori che hanno segnato l’esistenza di Jude vengono snocciolati un po’ alla volta, con molta parsimonia, in maniera tale da indurre il lettore a proseguire la lettura, un capitolo dopo l’altro e nonostante la lunghezza notevole di ciascuno di essi, per cercare di comprendere la psiche di quello che oramai si è compreso essere il protagonista.

Non è nemmeno un romanzo sull’omosessualità in quanto abbiamo a che fare con un personaggio etero che dà più spazio a ciò che prova per Jude, a costo di subire un’etichetta di omosessualità che potrebbe anche mettere a repentaglio una carriera faticosamente costruita, mentre dall’altra parte abbiamo Jude, assolutamente non in grado di provare nulla più di quanto abbia appreso in seguito a quanto gli è stato inflitto dal genere maschile . Del resto Jude è il peggior nemico di se stesso, dipendente dall’autolesionismo e, successivamente, dall’amore verso chi si prenderà cura di lui in età adulta.

Non è neanche un romanzo sul dolore, ma sulla coesistenza con esso, sul toccare il fondo quando la solitudine si unisce al bruciore della perdita, quando la disperazione toglie il fiato, quando si superano gli atti di autolesionismo facendosi ancora più male e precipitando verso il punto di non ritorno.

C’è chi ha pianto molto, specie leggendo gli ultimi due capitoli, il che mi ha portata ad avere un’aspettativa diversa da quanto realizzatosi, soprattutto in virtù del fatto che io sia una persona dalla lacrima facile… e invece no, nulla, assolutamente nessuna reazione emotiva tranne l’apprezzamento per un libro veramente molto bello, che ho voluto leggere, che ho cercato a lungo ad un prezzo decente e che però ho già rivenduto nonostante mi sia stato riferito che per lungo tempo tende a rimanere nel cuore.

Si tratta comunque di una lettura che proporrei assolutamente, la cui trama non ho voluto snoccciolare in questo post perché sarebbe stato un vero peccato: è da leggere, è delicato, privo di volgarità, è intriso di dolcezza e sono certa non ve ne pentirete! Buona lettura 🧡

Link affiliato Amazon Una vita come tante

Letture

“La nona casa” di Leigh Bardugo

Questo è un momento in cui cerco di leggere quanto più mi sia possibile, organizzandomi il poco tempo che ho al meglio, per soddisfare questo desiderio pressante di accoccolarmi con un libro tra le mani.

Sicuramente l’aver cambiato la libreria, il che ha comportato il doverla vuotare completamente, ha smosso quella voglia di eliminare alcuni romanzi e di acquistarne di nuovi, da affiancare a quelli già presenti nel mio lettore Kindle, ma soprattutto con la voglia di esplorare nuovi generi narrativi.

“La nona casa” è un fantasy per adulti che si poggia su un contesto realmente esistente ed è proprio grazie all’innesto su una realtà presente che l’impianto narrativo funziona bene: Yale esiste realmente e presenta i propri riferimenti geografici che, almeno nel nostro immaginario, hanno una percezione che rende credibile la narrazione.

Tuttavia l’autrice ha avuto la bravura di creare, al di sopra e parallelamente al contesto reale, un universo magico in cui l’invenzione ci conduce nella magia, in cui veniamo accompagnati un passo alla volta, permettendoci di comprendere alcuni passaggi non scontati, da Galaxy, detta Alex, anch’essa neofita del campus, ma soprattutto della magia che vi aleggia.

Alex arriva al campus grazie ad una borsa di studio che la salva da una vita pericolosa e decadente, che le offre quindi una possibilità di redenzione in cambio dell’aiuto che può offrire grazie alla propria capacità di entrare in contatto con le anime, punto centrale che si inizia a comprendere nel momento in cui si fa riferimento alle attività propiziatorie degli Aruspici, nonostante non si tratti di un passaggio molto chiaro, a meno che non lo si abbia appreso grazie a degli studi precedenti.

Sempre rimanendo sul piano della dicotomia realtà e finzione, si ricorda che le otto case, la cui ultima (la nona) casa è proprio la Lethe, sede alla quale è assegnata Alex, in realtà a Yale esistono e non sono altro che otto delle società segrete dell’ateneo e che qui vengono tramutate in potenti nodi magici in mano a soggetti ricchi e potenti con la pretesa di decidere le sorti del mondo.

La narrazione è arricchita dalla ricerca della verità in merito ad un delitto, che alla fine si infittisce di mistero grazie a magia, spettri, trucchi e segreti e che, nell’arrivare ad una soluzione, stende la trama per la risoluzione del secondo caso, alla sparizione nel nulla di Darlington, mentore di Alex e che ci accompagna al secondo volume.

Ma nel frattempo leggete questo, rilassandovi pur se con attenzione perché i salti continui dalla realtà alla magia non sono proprio sempre così scontati, c’è un continuo lavoro di equilibrismo che non consente distrazioni!

Link affiliato Amazon La nona casa

Letture

“Sirene” di Laura Pugno

Questo è un breve romanzo distopico, post apocalittico, che vede, quali indiscusse protagoniste, le sirene, affascinanti creature descritte con terminologia da biologi, sia in merito al loro aspetto che relativamente ai comportamenti; in queste poche pagine sono contrapposte, nella loro purezza, alla bestialità umana, alla schiavitù delle passioni che contraddistingue l’uomo che, in questa narrazione, vive oramai in un mondo distrutto dalla ferocia della luce del sole e condannato alla morte in caso di esposizione alla stessa.

È un romanzo feroce, cattivo, graffiante, centotrentaquattro pagine di miseria umana, di prevaricazione, di tradimento, ma che dimostra come l’essere umano, nel perseguire la soddisfazione dei propri egoismi, sia destinato all’autodistruzione, senza possibilità di redenzione alcuna, mentre alle sirene, nella propria purezza, venga offerta una via di fuga e la speranza di una nuova vita.

Il romanzo si incentra sulle figure di Samuel, sorvegliante di una vasca di sirene, e di Mia, essere mezzosangue nato dall’unione del primo con una delle sirene sorvegliate e che, pur mantenendo i tratti distintivi ittici, assume alcuni aspetti genetici umani, dando quindi origine ad una nuova razza, quale una sorta di passaggio del testimone ad un’altra razza, ad una diversa intelligenza alla quale affidare la gestione del mondo, una sorta di “fuga dall’uomo “.

Il finale è assolutamente espiatorio e rappresentativo delle inevitabili sorti destinate alla miseria umana.

Si legge facilmente, in maniera scorrevole nonostante per qualcuno possa essere un pugno nello stomaco, ma merita di essere preso in considerazione!

Link affiliato Amazon Sirene laura pugno

Letture

“Gli sdraiati” di Michele Serra

Foto dal web

Tra un libro impegnativo ed una sfornata di biscotti, mentre preparo contenuti “alimentari” come da tempo non ne vedete mi sono approcciata a questo volumetto, un po’ per curiosità e un po’ per rilassarmi. Ancora non so se parlarne bene o sentirmi un po’ presa in giro per la quasi banalità, io comunque ve lo propongo con obiettività in maniera tale che possiate trarne le vostre conclusioni.

Premetto che l’autore sa scrivere dannatamente bene e penso questo sia il pregio del libro, che alla fine io ho letto in una giornata, il cui fulcro è il rapporto tra autorità ed autorevolezza, analizzato da quello che si definisce un “dopopadre”, un padre che nel difficile rapporto con il figlio prova un senso di fallimento.

I figli sono gli sdraiati, perennemente spalmati su un divano tra testi scolastici, videogiochi, cuffiette alle orecchie, sigarette, merende, briciole, trascuratezza e abiti sformati, quelli che i padri non comprendono e che, nel caso di specie, non solo non interagiscono con la figura genitoriale ma che, pur invitati a partecipare ad un’attività in condivisione ne rifiutano anche il solo pensiero.

Infatti i capitoli sono intervallati dalle richieste, sempre più pressanti, del genitore per la condivisione di una salita al monte Nasca, con un’urgenza che rasenta la supplica, una metafora che solo alla fine ne chiarirà lo scopo.

Di fatto è la narrazione di un divario generazionale incentrato sull’involuzione della specie contrapposta alla possibile evoluzione della società futura, la cui voce narrante è quella di un padre che, sotto il peso del fallimento, cerca un punto di incontro con il figlio, un dialogo che stenta a decollare nonostante gli sforzi del genitore.

I tratti distintivi e comuni di una generazione vengono tratteggiati con ironia e sagacia, si sorride spesso e, se il lettore ha esperienza genitoriale con la citata fascia di età, può comprendere al meglio la problematica esposta e sentirsi meno solo; detto questo la tematica non è assolutamente noiosa bensì attuale, c’è chi ha demolito queste poche pagine forse a causa di un monologo che può annoiare, mentre io l’ho apprezzato per lo stile ironico, intelligente, per la disamina feroce e graffiante di un gap generazionale forse più profondo di quelli precedenti.

Alla fine, dopo una tirata critica e priva di speranza in merito alla generazione millenial qualcosa accade e si termina l’ultima pagina con il sorriso.

Lo consiglio? Non lo so in merito alla tematica (che io ho brillantemente e faticosamente superato da qualche anno), per quanto concerne la scrittura però è un sì pieno!

Link affiliato AmazonGli sdraiati

Letture

“Il mare senza stelle” di Erin Morgenstern

Quest’anno ho sentito la necessità di contestualizzare le mie letture in base alla stagione e, nonostante le temperature siano tutto fuorché autunnali, affacciandomi alla finestra vedo le foglie cadere e i boschi ammantarsi di rosso, accompagnandomi per mano verso la stagione più “cozy” dell’anno quando, tra zucche e fantasmi, ci si prepara a decorare la casa in perfetto mood Halloween 🎃 e comunque aleggia questo sentimento “stregoso” anche in libreria.

Ho acquistato vari volumi, dei quali vi parlerò se varrà la pena la lettura, tant’è che inizio con “Il mare senza stelle”, romanzo tra l’onirico e il fantastico che mi ha regalato momenti di puro piacere.

Premetto che in questo caso una descrizione è complessa da mettere in atto, trattandosi di un’esperienza totalizzante in cui immergersi, in quanto si tratta di un libro da vivere, di un viaggio straordinario attraverso mondi paralleli, inimmaginabili, tra il potere delle storie e l’amore per i libri.

Zachary Ezra Rowlings è uno studente del Vermont che, tra le pagine di un libro rinvenuto nella biblioteca universitaria, si trova davanti ad un episodio della propria infanzia, dando il via ad una catena di enigmi nei quali si ritrova protagonista, tra feste in maschera in una New York evanescente, in un club segreto, tra mari sterminati, simboli che si ripetono in ogni dove, messaggi sotto le porte e storie bisbigliate. La presenza di Mirabel, pittrice dai capelli rosa, non è scontata, mentre accompagna Zachary in un viaggio alla scoperta della verità sul misterioso libro e portandolo a scoperchiare dei mondi inimmaginabili.

L’impianto narrativo l’ho trovato unico nel suo genere, mentre si inizia la conoscenza di Zachary, personaggio che da subito genera un forte attaccamento emotivo, protagonista che si accompagna alla personalità di Dorian, nonostante i momenti di compartecipazione siano pochi… un vero peccato visto il filo di sensualità che da subito nasce tra i due.

Nello snodarsi delle pagine vi sono narrate moltissime storie, delicate, tormentate, apparentemente slegate l’un l’altra ma che alla fine si riannodano tra porte disegnate da scegliere, tra libri ovunque, tra scelte in ogni istante che vanno ad incidere sul momento successivo.

Da brividi la narrazione del primo incontro tra Zachary e Dorian, sensuali, bellissimi, raffinati, dei sussurri nell’ombra, tant’è che sembra di sentire la voce vellutata di quest’ultimo e di provare il turbamento del primo, un romanzo intimo, profondo ed elegante, un viaggio suggestivo nella fantasia, assolutamente indimenticabile, fino alla commozione delle ultime battute.

Link affiliato Amazon (se decideste di acquistarlo dal mio link a voi non cambierà nulla mentre aiuterete il blog a crescere un pochino):
Fantasy e magia

Letture

“Tre” di Valérie Perrin

“L’infanzia odora d’asfalto, di camere d’aria, di zucchero filato, del disinfettante delle aule, del fuoco di caminetto che emana dalle case nei giorni freddi, del cloro delle piscine comunali, del sudore che impregna le tute quando si torna dalla palestra in fila per due, dei chewing-gum Malabar in bocca, della colla che fa i fili sulle dita, delle caramelle mou Carambar appiccicate ai denti, di un albero di Natale piantato nel cuore”.

Me l’avevano detto, mentre scrivevo di “Cambiare l’acqua ai fiori “ che il successivo era ancora migliore. Mi sembrava strano da tanto mi era piaciuto, ero scettica. Eppure la curiosità mi ha ripagata con un libro meraviglioso.

La colonna sonora che accompagna il lettore è quella dell’adolescenza dei tre protagonisti, tre come il titolo del libro, tre come la loro band, tre come l’album degli Indochine, presenza costante nelle loro vite. Ci si immerge nel ventennio degli anni 80 e 90, nella Francia tra Lione e Parigi, sempre accompagnati dalla loro musica, non quale elemento accessorio bensì come colonna portante ad evidenziare quella che è la spina dorsale del romanzo.

Si narra di una generazione, di promesse, di desideri, di vite smarrite che nell’amicizia trovano la stabilità, di un legame fortissimo tra tre vite che nel tempo si perdono, il tutto strutturato su due piani temporali, su quello dell’adolescenza degli anni 80 e quello dell’età adulta del 2017, ossia l’anno in cui il tutto viene messo a soqquadro dal ritrovamento di una macchina nelle acque del lago di La Comelle.

La voce narrante di Virginie ci accompagna lungo la vita e gli eventi che hanno visti protagonisti Adrien, Étienne e Nina sin da quando, all’età di dieci anni, si sono trovati per non lasciarsi più, uniti in un rapporto che va al di là di una semplice amicizia e in cui Nina è il collante che tiene insieme Étienne, bellissimo quanto scansafatiche, ed Adrien, timido ed intelligente. I tre ragazzi sono accomunati dall’assenza genitoriale, ognuno a modo proprio, eppure ad un certo punto si pone l’accento sull’enigma alla base della loro separazione, oltre al costante quesito di chi sia realmente Virginie.

L’identità di quest’ultima si appalesa verso la fine del romanzo, lo si inizia ad intuire se si è dei lettori attenti alle sfumature, ma per comprendere quale sia stato l’elemento di frattura di un rapporto così totalizzante è necessario arrivare alle ultime pagine e all’evento che cambierà completamente, ancora una volta, la vita dei tre protagonisti.

In queste pagine si legge di rapporti familiari, di sessualità, di mistero e di violenza, talora con cinismo ma con indubbia maestria di narrazione tant’è che personalmente ho divorato più di cinquecento pagine in pochissimi giorni, rubando ore al sonno ma incapace di abbandonare la trama.

La narrazione è meravigliosa come nelle opere precedenti dell’autrice, se avete pressapoco la mia età vi ritroverete nelle ambientazioni degli anni ottanta, nell’evocazione delle emozioni vissute nel corso nella propria adolescenza, con un pizzico di malinconia…

Letture

“Dio di illusioni “ – Donna Tartt

Dopo la lettura de “Il cardellino” ho voluto approfondire lo stile meraviglioso di Donna Tartt, questa volta affrontando la sua prima opera, pubblicata una trentina d’anni fa ma sempre attuale. Non si tratta di una lettura facile nè leggera, tuttavia formativa, che tocca vari argomenti tra cui un’ottima conoscenza della cultura classica, una società ricca viziata da sesso, droga e alcool, da segreti e tradimenti, che convivono con un elevato livello culturale.
La narrazione si dipana dalla voce di Richard Papen, squattrinato ma ambizioso protagonista con mire elitarie nell’ambito di un piccolo e raffinato college del Vermont che, sin dalle prime pagine e grazie ad un epico monologo, mette il lettore dinanzi all’omicidio compiuto ai danni di uno studente, ritenendosi oltretutto parte in causa dell’evento.

L’ambientazione tipicamente da Dark Academia ci accompagna in un romanzo di formazione, in un thriller psicologico, in un mistery, in una voragine di dissolutezza, di ricchezza e di eleganza gotica in cui l’amore per la cultura classica si spinge ad un tal punto da portare all’alienazione dalla realtà, alla perdita dei valori etici basilari, alla menzogna, ai culti proibiti del passato intrisi di alcool, di estasi e di follia. In questo ottundimento sensoriale si inizia a perdere la ragione dando il via ad una sequenza di eventi che cambieranno tutti, a partire dal narratore che, affascinato da un ristretto gruppo di studenti di greco, finirà con l’essere travolto dalla loro dissolutezza e dalla pavidità dello stesso docente del corso.

Nella lettura si è accompagnati dal gruppo di studenti colti, belli e dannati, le cui vite scorrono tra giochi erotici, traduzioni, droghe e presunzione che però attraggono Richard il quale, sedotto, si renderà conto che dietro alla fascinazione emerge una realtà inquietante, pericolosa, seducente pur se accompagnata dalla figura del professor Julian Morrow, mentore apparentemente positivo e circondato da un’aura divina ed elitaria, nonché abile manipolatore.

Ad un certo punto ci si imbatte nel crollo delle illusioni che altro non è che il ritorno alla realtà… e qui mi fermo per lasciarvi la curiosità di affrontare un romanzo lungo, elegante, scritto divinamente… e se ogni tanto vi troverete arenati non mollate e proseguite nella lettura perché ne sarà valsa la pena!

Letture

“Fisica della malinconia” – Georgi Gospodinov

Rieccomi con il capitolo dedicato alla lettura, questa volta con un libro stranissimo, non è un romanzo, non è una raccolta di racconti, ma un inanellarsi di storie legate alla personalità del personaggio, un ragazzo affetto da una sindrome molto particolare: egli soffre di empatia, ossia della capacità di immedesimarsi nelle storie e nelle vite altrui.

Non è un libro che si possa descrivere bensì solo vivere, tant’è che sto faticando a parlarne, soprattutto perché può bloccare anche il lettore più avvezzo a opere complesse ma anche essere amato.

L’inizio è stato destabilizzante, tuttavia ho voluto proseguire nella lettura con cocciutaggine perché è scritto molto bene, ha dei passaggi che mi hanno riportato alla filosofia, materia che non ho mai amato particolarmente in quanto sono una persona molto razionale e concreta.
Però è bello e induce alla lettura, una lettura che ci scaraventa in un mondo in cui un bambino si immedesima nelle esperienze altrui, vivendole sulla propria pelle come fossero proprie, il tutto descritto in brevi paragrafi che cambiano direzione continuamente e nei quali il protagonista entra nella vita del proprio nonno, per poi divenire animale, persone, sensazioni astratte…

Ad un certo punto della sua vita adulta questo meccanismo empatico si inceppa e per poter vivere le vite altrui egli si trova a dover comperare le storie che gli vengono raccontate, diviene semplicemente un mercante di storie per poter sopperire all’empatia scomparsa, forse guarendo o probabilmente ammalandosi di una mancanza di comprensione che risultava invece naturale nell’età dell’innocenza.

Nel mentre le pagine scorrono velocemente tra un susseguirsi di metafore, anche di digressioni che personalmente mi hanno mandata un po’ fuori fase, ma soprattutto di emozioni.

La figura cardine dell’opera è il minotauro, come quel labirinto in cui vive e che alla fine è sempre in agguato anche per noi e non solo per il minotauro, che, a dispetto dell’apparenza, non è un mostro bensì lo siamo noi. Perché il minotauro non è il carnefice quale viene descritto dalla cattiveria umana, ma solo la vittima di un sistema che ci vuole soli e impotenti dinanzi alle nostre emozioni.

Sostanzialmente in questo labirinto tutto il mondo viene rovesciato, l’empatia serve ad opporsi alla violenza e la malinconia diventa forza… ci ho riflettuto parecchio prima di capirlo o almeno questo è quanto io ho compreso.

Ho faticato molto, moltissimo, perché leggere questo libro è come nuotare nella tempesta, c’è un continuo cambio di direzione, riferimenti alla filosofia greca, ai grandi classici, inoltre è stata la prima volta in cui mi sono addentrata nella letteratura bulgara.

È un sì? Non lo so, non ancora. Se lo leggete datemi le vostre opinioni.

Autoproduzione/ Letture

“La custode del miele e delle api” di Cristina Caboni

Immagine tratta dal web

Immagine tratta dal web

Ho perso la strada.
Ma l’erica mi dona coraggio.
Con l’acacia ritrovo la forza.
Perché il miele è la mia casa.

Molte bloggers lo conoscono già molto bene, vista l’iniziativa legata al libro risalente allo scorso settembre, che io ovviamente mi sono persa in quanto ero all’estero priva di connessione wifi, ma la tentazione è stata talmente tanta che alla fine ho preso l’ebook, senza assolutamente pentirmene.

Mi sono quindi imbattuta in una lettura diversa dal solito, molto delicata e poetica, la cui protagonista è Angelica che, sin da quand’era una bambina, ha un rapporto speciale con le api, tant’è che ne ha fatto una professione itinerante in quanto viaggia ovunque con il proprio camper al fine di dispensare consigli agli apicoltori: in sua compagnia le api danzano perché lei le rispetta, mai ha prelevato più miele di quello che avanza all’alveare per la propria sopravvivenza, lei modula un canto e le api la seguono con una poesia ammaliante.

La meraviglia di quest’opera risiede nei riti antichi, nei luoghi intatti  dell’infanzia di Angelica, del contatto costante con il mare e della sua perseveranza nel difendere a tutti i costi la natura incontaminata dalla speculazione edilizia: lei sa opporsi con tutta l’anima al potere del denaro, essendo in grado di vivere solo grazie ai regali che le api le forniscono periodicamente, e alla fine trova sostegno proprio in Nicola, amore del passato mai dimenticato nonostante le loro vite abbiano preso delle strade divergenti ma che, inizialmente, sembra invischiato nei torbidi interessi finanziari e speculativi del fratello.

Nicola prende le distanze da tutto ciò, difendendo a spada tratta Angelica e il suo amore per l’ambiente, per le api, per l’origine di tanta bellezza che ammanta l’isola sarda in cui il romanzo è ambientato, perché capisce la passione della donna che ancora ama, perché comprende la poesia della natura che li circonda… ed è grazie alla sua caparbietà che l’ecosistema non subirà alcun danno lasciando le api al loro posto e il cuore di Angelica sereno.

La storia narrata è particolare, diversa dalle solite banali trame stereotipate, le parole dell’autrice scorrono dolcemente e con tanta poesia come solo una donna sarebbe in grado di fare, è un romanzo femminile a tutto tondo, ma ciò che più mi ha colpita è stato il rapporto ancestrale che si sviluppa tra la protagonista e i ritmi della natura, nonché la descrizione stessa dell’ambiente, di una magnifica terra bagnata dal mare; è un libro che profuma davvero di cera e di miele poiché la descrizione è talmente intensa da sentirne l’aroma tra le pagine e per rendere al meglio quanto potente sia la forza della natura ci vengono lasciate anche alcune ricette a base di miele e di cera d’api.

Già all’epoca avevo proposto queste preparazioni, ma ora ho voluto approfondire con una delle ricette proposte in calce al libro… visto che quale foodblogger non ho potuto partecipare all’iniziativa legata al romanzo, ho voluto interpretare in maniera un po’ diversa l’accostamento a quest’opera così bella.

Di solito sul viso uso solo una goccia di olio extravergine di oliva e devo ammettere che è meglio di qualsiasi crema vi sia in commercio: è adatto ad ogni tipo di pelle, anche tendente al grasso, perché riequilibra alla perfezione il suo aspetto; lo uso anche sul corpo, sui capelli… potevo non essere attirata da questa ricetta?

Crema per il viso (io ho raddoppiato tutte le dosi):

un cucchiaio di cera d’api purissima

un cucchiaino di miele (ho usato il millefiori)

qualche goccia di olio vegetale (ho usato l’extra vergine di oliva)

Procedimento:

sciogliere la cera a bagnomaria e poi aggiungere il miele e l’olio.

Crema per il viso

Naturalmente ho provato anche questa crema per le mani (raddoppiando anche qui le dosi), sempre in alternativa alla mia solita autoprodotta:

un cucchiaino di cera d’api

qualche goccia di miele (sempre millefiori)

un cucchiaio di olio extravergine di oliva

due gocce di olio essenziale di limone (che avevo terminato, quindi ho usato l”arancio amaro che con il millefiori si sposa alla perfezione)

Procedimento:

sciogliere la cera a bagnomaria e poi aggiungere il miele, l’olio e, da ultimo, l’olio essenziale.

Crema per le mani: uno scatto al volo prima che solidificasse perchè il giallo oro è splendido!

 

In questa nebbiosa giornata grigia la luce era pochissima per avere delle belle foto, ma il colore della cera e del miele è riuscito a dare un po’ di calore e a regalare un raggio di sole….

This site is protected by wp-copyrightpro.com