Ero solo una bambina, ma il suo ricordo è ben vivo, nonostante lei non fosse dotata di una particolare personalità, di quelle che si ricordano, nè di un piglio tale da rimanere impresso nel tempo… ma la sua forza, la sua energia che tramutava il suo corpicino minuto in un uragano, quella sì che la rammento.
Era una donnina piccola, magra, pallida nonostante la pelle coriacea di chi vive dei frutti della propria terra, veniva da chiedersi come fosse riuscita a mettere al mondo due figli, di come riuscisse a tenere a bada un cane grosso il doppio di lei, di come riuscisse a mantenere vivi quattro terrazzamenti di campagna; la ricordo con il suo grembiulino, falcetto in mano, china su un appezzamento di radicchio, la ricordo sollevare a braccia il secchio dal pozzo, la rammento bella e vestita a festa, con la retina sui capelli, mentre si apprestava a farsi a piedi tutta la collina per assistere alla funzione della domenica, quella rigorosamente in lingua slovena, quella alla quale la accompagnavo e che seguivo a fatica a causa di una lingua a me ostile, poi premiata dalla visita al panificio e da un profumatissimo krapfen alla marmellata, lei che di spiccioli ne aveva ben pochi e che comunque è riuscita a mettermi da parte un bel gruzzoletto sin dalla mia più tenera età.
La ricordo in cortile, china sulla tinozza in legno, una tinozza enorme, con l’asse da bucato appoggiato al grembo mentre, in pieno inverno e con le mani nodose immerse nell’acqua gelida, faceva la “lissia” e strizzava le lenzuola in un modo tale che nemmeno la centrifuga più potente riesce ad eguagliare, la ricordo mentre spignattava sullo “spargher”, aggiungendo ciocchi di legna appena il calore scemava, la ricordo d’estate, seduta in cortile, mentre separava il radicchio dall’erba “matta”, sedeva sui gradini della veranda e teneva sulle ginocchia una tavoletta di legno marrone, poi la riappoggiava sul tavolo del cortile… era bianco il tavolo del cortile ed era sempre ricoperto di pagine del quotidiano che leggeva, era il “Primorski Dnevnik”, e veniva regolarmente riciclato per stendervi la pasta all’uovo ad essiccare.
Era buona la tua pasta all’uovo nonna… ne sento ancora il sapore e io non sarò mai brava come te, ma ci voglio provare… tutta per te, nonna Tona!
In effetti non è certamente un piatto difficile, ma, se presentato bene, fa davvero la sua bella figura, quindi ci ho provato unendo a 500 gr. di semola rimacinata un paio di cucchiaini di sale fino e 6 uova e impastando sino ad ottenere un bel composto omogeneo che ho fatto poi riposare; la fase di riposo è fondamentale per tutti i tipi di impasto per poterli poi lavorare meglio, anche se in questo caso la durata del riposo non è stata molto lunga, in quanto il tempo stringeva.
Comunque sia sono riuscita ad ottenere una pasta soda che ho steso con il mattarello il più sottile possibile, in quanto non possiedo un tirapasta che mi aiuti nel lavoro: ho ritagliato poi dei rettangoli nel mezzo dei quali ho posto una fogliolina di salvia, ho poi ripiegato su se stessa la sfoglia e l’ho tirata ancora un po’, rifilando poi bene i bordi del quadrotto. Io ho utilizzato un semplice coltello, ma anche con la rotellina seghettata l’effetto visivo è molto gradevole (confesso: non la trovavo….); a chi piace la pasta ripiena può essere un’ottima idea per farne dei ravioloni con una farcia a scelta, secondo me con la zucca ci sta da favola, ma non amo la pasta ripiena, quindi mi sono mantenuta sul semplice.
Ho cotto i quadrotti di pasta in acqua salata per cinque minuti e li ho conditi con un po’ di burro fuso, aromatizzato alla salvia e spolverizzato poi il tutto con un po’ di parmigiano: buonissimo nonostante la semplicità di esecuzione.
Questa vuole essere un’idea carina da utilizzare anche qualora si raccolga qualche erba selvatica commestibile, perchè con poco lavoro si ottiene davvero un piatto sfizioso!
Con la restante parte dell’impasto ne ho fatto comunque delle fettuccine poichè non a tutti in famiglia piace trovarsi la fogliolina nel piatto… buone, saporite, economiche e assolutamente sane!
Mai avrei pensato, da bambina, di ritrovarmi ad apprezzare tutte le belle cose che la mia nonna riusciva a realizzare con le proprie mani: è questa la realtà che amo, quella che profuma di famiglia e di focolare domestico.