Come di consueto tra una partenza e l’altra vi propongo qualche lettura per trascorrere al meglio le attese in aeroporto ed oggi voglio parlarvi di questo romanzo: intenso, struggente, bellissimo. L’autrice l’ho conosciuta grazie ad altri libri ma questa volta è riuscita ad intrecciare una trama di una bellezza assoluta: la storia si sviluppa attorno alle figure di Celeste, Pietro e Nadir, tre ragazzi legati indissolubilmente per tutta la vita grazie ad un fratello in comune e a tanto amore. Sono davvero simili come gocce d’acqua e per tutta l’infanzia si svolge un rapporto turbolento tra Celeste e Nadir, coetanei in lizza perenne per le attenzioni di Pietro, il fratello maggiore che li accomuna e per il quale provano una gelosia feroce.
Pietro rappresenta una figura carismatica, intelligente e la pazienza e la comprensione che prova verso i due ragazzini litigiosi sono esemplari, specie dopo la diagnosi che spiega i frequenti malesseri di Celeste, la quale solo grazie a Pietro trova un equilibrio con la malattia, Pietro che esprime tutta la propria delicatezza chiamandola “Riccio di mare”, nomignolo esemplificativo della fragilità interiore nonostante gli aculei caratteriali di Celeste.
Nadir è brutto, ruvido, indomabile, burrascoso, con Celeste scoppiano i litigi peggiori eppure per lei c’è sempre, sino ad instaurare un rapporto morboso di dipendenza affettiva, legati negli anni da un filo indissolubile nonostante l’assenza di legami di sangue. L’amore che li unisce è destabilizzante e a causa di ciò Nadir non riesce a mantenere nessun rapporto di coppia, tornando sempre a casa, da Celeste, per la quale continua ad esserci, nonostante tutto.
La scrittura è bellissima e diretta mentre scandaglia l’animo umano, mentre ci regala delle pagine emotivamente meravigliose; io l’ho iniziato la sera e terminato la mattina dopo, facendoci le ore piccole ed imponendomi una pausa di riposo, ma è stato totalizzante ed emozionante. Una di quelle letture che sono un dono raro.