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San Martino della Battaglia e Pastrengo: oggi piccole tappe immerse in un paesaggio meraviglioso!

Salendo verso i vitigni

Stamani lasciamo temporaneamente l’area di sosta di Peschiera, alla volta di alcune piccole tappe di interesse storico che mio marito ha inserito nel programma, per me di ben poco interesse ma immerse in un paesaggio meraviglioso, sotto un sole cocente e passeggiando tra filari di viti e campi di ulivi. Ovviamente le cagnoline hanno apprezzato moltissimo la giornata rurale, mentre dal canto mio vi lascio solo dei piccoli “morsi” casomai foste interessati agli aspetti storici del luogo.

La prima tappa, a pochi chilometri da Peschiera, l’abbiamo fatta a San Martino della Battaglia, con l’obiettivo di visitare l’Ossario (eh sì, un altro tocco di macabro) e la Torre, quest’ultima purtroppo disattesa vista la chiusura della stessa nonostante il sito ufficiale la desse aperta sino a sera, il che ci ha portato anche ad una discussione con un addetto, il quale sosteneva il contrario nonostante l’evidenza del sito (ah… la trasparenza, questa sconosciuta!)

La Torre “impossibile “
La chiesetta sede dell’Ossario
Gli interni

Lasciando perdere la pessima figura fatta dalla gestione del complesso, abbiamo goduto di una bellissima passeggiata tra i filari di viti, costeggiando alcune cascine, purtroppo in pessime condizioni, protagoniste delle vicende belliche svoltesi in tale località, tra le quali vi segnalo quella della foto, in quanto in essa vi nacque l’odierna Croce Rossa.

La cascina in cui nacque l’odierna Croce Rossa

Lasciato San Martino abbiamo raggiunto Pastrengo, dove abbiamo raggiunto l’ennesimo forte passeggiando tra gli ulivi (sì, di tutte queste tappe storiche non me ne interessava mezza, ma il panorama è davvero affascinante e adatto a delle scampagnate in famiglia): si tratta del Forte Degenfeld, datato 1861, ed attualmente in una parziale ristrutturazione interna.

Forte Degenfeld
L’ingresso
Gli interni

L’ultima passeggiata l’abbiamo fatta per raggiungere la sede del Telegrafo Ottico, ovviamente non visitabile all’interno ma stupendamente situato in mezzo agli ulivi, sulla sommità del colle di San Martino, a 263 m., costruito nel 1865 a difesa della zona mediante un sistema di trasmissione in alfabeto Morse molto rudimentale, costituito unicamente da pannelli in legno e funi.

La salita tra gli ulivi
Il Telegrafo Ottico

Terminata anche quest’ultima visita siamo rientrati a Peschiera per una serata in relax prima del ritorno a casa… ma per poco perché stiamo già progettando un altro giretto a breve!

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Ossario di Custoza e Peschiera del Garda

La giornata di ieri è proseguita con la sospirata visita all’Ossario di Custoza, monumento in ricordo dei caduti costituito da un edificio con obelisco ed una cripta; visita che ci ha causato un po’ di problemi a causa dei disservizi causati dal maltempo. Infatti in tarda mattinata è scesa tanta di quell’acqua, spazzata da un vento violentissimo, che ha causato dei blackout al monumento, purtroppo non notificati in tempo al pubblico dei visitatori, quindi tra mail e telefonate siamo riusciti ad accedere all’edificio più di un’ora dopo l’orario previsto. Ne è valsa la pena, assolutamente, sia per interesse storico sia per la cripta “a vista” (nel senso che i teschi che vedete nella foto non sono coperti da alcuna teca, tant’è che ho pensato a lungo se pubblicare la foto o meno, poi ho ragionato sul fatto che online si trova ovunque e che non avrei arrecato alcun effetto macabro ); siamo stati accompagnati da Irene, bravissima guida che ci ha concesso l’ingresso gratuitamente, completando il tutto con tour guidato, anch’esso gratuito, quale ristoro per il disservizio subito, quindi il gruppo creato è stato esiguo e fortemente interessato, il che ha permesso una notevole interazione con chi ci ha spiegato veramente ogni cosa inerente il sito.

L’Ossario
La stupenda volta interna della cappella

La riesumazione dei resti dei caduti è iniziata nell’agosto del 1876 e ha interessato tutti coloro i quali sono caduti a Custoza nel 1848 e nel 1866, portando all’esumazione di 1894 corpi, trattati con rispetto e delicatezza e cercando quanto più possibile di mantenere integri anche gli oggetti rinvenuti, ottenendo alla fine un corridoio circolare letteralmente rivestito di ossa. Può fare un po’ impressione, ma la guida è riuscita a farci apprezzare l’aspetto criminologico ed antropologico del sito, facendoci notare i fori di proiettile nei crani, le striature di colore dovute ai materiali di contatto come il terreno o oggetti ferrosi e addirittura la muffa sorta su alcune superfici ossee.
A me personalmente ha affascinato molto (saranno le reminescenze di antropologia criminale che sono riemerse…), ma vi porto avanti prima che mi molliate tra le ossa 😀.

La cripta

Dopo la visita all’Ossario abbiamo fatto tappa merenda a Corte Vittoria, azienda casearia vicinissima a Custoza, ricca di formaggi a prezzi onestissimi ed un gelato che è la fine del mondo: ve lo raccomando se ne avete la possibilità!

L’ingresso di Corte Vittoria
Vi assicuro ne vale la pena! 😋
La sera accarezza i vitigni mentre raggiungiamo Monzambano

La sera abbiamo fatto tappa all’area di sosta di Monzambano, bellissima e collegata ad un piccolo parco con laghetto dove poter passeggiare con i cani, anche se noi ovviamente eravamo di corsa e la mattina seguente ci è toccato fuggire alla volta di Peschiera del Garda.

L’ingresso al centro storico di Peschiera per il tramite di Porta Brescia
Alcune vestigia romane visibili nel centro di Peschiera

Peschiera è stata inserita nel tour da mio marito in seguito alla presenza di alcune vestigia storiche, ma io me la sono goduta così com’è, in tutta la sua bellezza di cittadina lacustre, sotto un sole che finalmente scottava, tra una pizza ottima a pranzo, un aperitivo ed una passeggiata al porto dove, seduta in cima al molo, ho goduto della pace e della meraviglia dell’acqua.

Ponte dei Voltoni, costruito dalla Serenissima Repubblica di Venezia secondo il metodo veneziano delle palafitte lignee
Interno di Porta Verona
Porta Verona

Vi lascio alle foto perché di Peschiera davvero non serve altro!

I monti innevati oltre il molo
Mentre scende la sera sull’acqua…
…ed è subito poesia!
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La storia in Veneto: Villafranca di Verona

Il castello di Villafranca

Inaspettatamente ci siamo ritrovati un weekend lungo da poter sfruttare, tempo pessimo, dubbi tanti ma anche moltissima voglia di staccare dopo mesi di vita casalinga. Quando il tempo è poco si cerca di non allontanarsi troppo dalla propria città, quindi nuovamente scegliamo il Veneto, già protagonista di viaggi precedenti e che ci ha colpiti per la bellezza inaspettata che regala.

Partiamo il sabato poco prima dell’ora di pranzo, sempre a bordo di Chewbecca (il nostro fido camper, oltretutto appena ritirato al volo dall’officina), ci fermiamo per un po’ di spesa e pranziamo nel parcheggio della Lidl in letteralmente quindici minuti per ripartire alla volta di Villafranca, scelta un po’ a caso con lo scopo di visitare il suo castello.

Arrivati a destinazione decidiamo per un giretto esplorativo in centro e rimaniamo sorpresi per la vitalità che contraddistingue la cittadina, tant’è che sostiamo per un aperitivo a buffet libero (in stile “all you can eat” per capirci), di una bontà infinita e grazie al quale io di fatto ho cenato con i soli €4,50 dello spritz Campari 🤣.

Tappa al “Bar Enosteria Il Duomo”
Buffet a profusione …

Prima della sosta aperitivo abbiamo avuto modo di fare una breve visita al museo (gratuito) del Palazzo Bottagisio, non tanto per la mostra in sè in quanto racchiude solo storia locale, quanto per poter ammirare almeno una parte degli interni dell’edificio, oltretutto ospitante alcuni dipinti di ottima fattura. È valsa una visita anche alla Parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo di Villafranca, dal maestoso aspetto esteriore ed estremamente interessante dal punto di vista architettonico degli interni.

L’esterno del Palazzo Bottagisio, sede della firma del Trattato di pace del 1859

Soffitti stupendamente affrescati
Presenti anche bellissimi dipinti
L’esterno della Parrocchiale
Un cenno alla struttura interna, ariosa e bellissima
Il Battistero

Rientrando al camper ripassiamo davanti al castello, illuminato in maniera curiosa e che sappiamo attenderci per l’indomani.

Che meraviglia, vero?

La mattina del giorno seguente diluvia in maniera esagerata, il che ci convince ad avvicinare il camper al castello per evitare di bagnarci fino al midollo, soffia un vento impetuoso e fa freddissimo, ma non desistiamo… e facciamo la scelta giusta! Il castello è stupendo, inoltre capitiamo in un fine settimana in cui è animato da un gruppo di appassionati in costumi d’epoca, oltretutto molto generosi nelle spiegazioni, sopra a tutti Stefano, che ci inonda di descrizioni della vita nel castello e ci accompagna fino al mastio, nonostante il vento fortissimo che lo sferza impietoso.

L’esterno del maniero
Romeo e Giulietta ci accolgono all’interno
Ma noi siamo meglio 🤣

Si tratta complessivamente di una visita che vale assolutamente la pena fare, con un biglietto di ingresso molto economico e pari a cinque euro a persona: all’ingresso siamo accolti da una scultura bronzea raffigurante Romeo e Giulietta, per poi entrare nell’edificio ed ammirare stanze curatissime ed ognuna dedicata ad illustrare oggetti d’epoca, a fornire spiegazioni in merito ai sistemi difensivi e alle vicende belliche che lo hanno visto coinvolto, il tutto prosegue da una stanza all’altra e da un piano all’altro, ugualmente lungo i livelli del mastio, sino a raggiungere il ballatoio superiore, all’aperto, dove si gela, dove il vento ti prende a ceffoni ma il panorama è mozzafiato!

E salendo ancora più su…
… arriviamo all’apice del mastio!
Dal mastio la visuale sul cortile sottostante è perfetta

Nel pomeriggio abbiamo previsto di dirigerci verso Custoza, sede dell’omonima battaglia, ma di questo ve ne parlerò nel prossimo post, ora rientriamo al calduccio del camper ad asciugarci!

Arte, storia ed architettura/ Viaggi

Un weekend per scoprire i Colli Euganei

Ogni anno trascorriamo la Pasqua lontani dalla nostra città, almeno sino a due anni fa, quando la nostra meta fu Budapest, poi purtroppo gli eventi ci hanno bloccati in casa mentre quest’anno ci siamo goduti il nostro primo weekend da sposini (vabbè, a parte le cagnolone che ci hanno accompagnati!), una Pasqua senza nostro figlio, per me un gran dispiacere ma aveva altri obiettivi 🙁

Avendo a nostra disposizione solo due giorni e mezzo, comprensivi di viaggio, abbiamo optato per un obiettivo relativamente vicino a casa: i Colli Euganei, con visita a Montagnana, Arquà Petrarca e Monselice, tre borghi bellissimi grazie alla cui bellezza medievale mi sono sentita come fossi tra le colline umbre.

La prima tappa è stata Montagnana, città fortificata del padovano, cui è stata conferita la Bandiera Arancione per la valorizzazione del territorio, nonchè facente parte dell’Associazione I Borghi più belli d’Italia: complesso fortificato tra i cui vicoli spiccano molteplici reminescenze rinascimentali, con un centro storico avvolto dalla cinta muraria di architettura medievale europea, ancora ben conservata nonostante i secoli dalla loro costruzione a difesa del castrum.

Montagnana più che descritta va vissuta passeggiando con la mappa tra le mani e il naso all’insù e con la voglia di arrampicarsi sull’enorme scalinata del mastio, dal quale si gode di una magnifica vista sulle zone limitrofe, che si stendono verdi oltre il fossato a protezione delle mura.

Cinta muraria

In cima al mastio

Panorama dal mastio

Sotto una delle porte di Montagnana

I comignoli particolarissimi di piazza Vittorio Emanuele II

La seconda giornata l’abbiamo dedicata ad Arquà Petrarca: un sogno! Mai avrei detto di trovarmi in Veneto, bensì tra i colli umbri… una distesa infinita di morbide colline disseminate di uliveti, un panorama spettacolare dominato dal paese fortificato, tra mura medievali e sentierini stretti che si inerpicano lungo il borgo.

Inevitabile porre l’accento sull’ultima dimora del poeta, maestosa anche se (a parer mio) eccessiva: un’arca marmorea che ne ospita le spoglie dopo la traslazione dall’interno della chiesa parrocchiale, per volere del genero, che tuttavia rendono l’idea della maestosità del personaggio e che, anche dall’aldilà, incute una certa soggezione a chi ne visita il monumento funerario.

Ben più gradevole è la casa di Petrarca, umile ma deliziosa dimora che l’ha ospitato nel corso degli ultimi anni della sua vita: un piccolo edificio a due piani, cui vi si accede per il tramite di una doppia scalinata che permette, dalla sommità, di godere di una vista incantevole sul giardino che la circonda, un’autentica oasi di pace e tranquillità che all’epoca ha allietato gli ultimi anni del poeta. Particolare burlone è il corpo di quella si dice fosse la sua gatta (è assodato che si tratti di una fictio), il quale giace incorniciato in uno dei saloni della casa: particolare che potrebbe sembrare macabro se non fosse che secondo me assomiglia più ad un coniglio privo di orecchie e tutto sommato dà un’impressione piuttosto grottesca.

Arquà è da girarsela tutta, tra vicoletti e angoli deliziosi, anche per scoprirne quello che a parer mio è un autentico gioiello gastronomico: il Brodo di Giuggiole, liquore delizioso a base di giuggiole, frutto che in zona abbonda, e dalla cui bontà nasce il detto “andare in un brodo di giuggiole”. Naturalmente per i meno alcoolizzati 🙂 c’è l’alternativa delle giuggiole sotto spirito, che rendono bene la golosità del frutto locale.

Accesso alla casa del Petrarca

Un angolino del giardino, che è disseminato di sentierini in ghiaia

Il giardino: spettacolare!

Particolare degli arredi interni

I soffitti cassettoni sono di una bellezza…

Vogliamo parlare della burla della gatta imbalsamata?

La piazza antistante il monumento funerario del poeta

La chiesa all’interno della quale ha riposato il Petrarca prima della traslazione e, avanti ad essa, il monumento marmoreo

Particolari delle antiche vie del borgo

Altri scorci stupendi

Gioco di luci ottenuto da una copertura trasparente: un tocco di modernità tra i vicoli medievali

Un tripudio di uliveti

Un ultimo saluto al borgo prima di avviarci alla volta di Monselice

Con gli occhi ancora pieni di bellezza lasciamo a malincuore Arquà e ci avviamo alla volta di Monselice, ultima cittadina della nostra breve vacanza: carina, un centro piccolo e a misura d’uomo, ma la meraviglia si spalanca quando si decide di salire al Castello e al Santuario delle Sette Chiesette.

Il Castello prevede una visita guidata, bellissima, ma decisamente troppo affollata e resa faticosa anche a causa dello scarso livello di educazione di alcuni visitatori, tuttavia il tour si snoda tra i vari locali e il cortile del palazzo, non solo meraviglioso, ma anche conservato alla perfezione: qui non posso mostrarvi granchè a causa del divieto di scattare foto, ma ci è stato accordato il consenso di immortalare le cucine… una chicca!

Il Castello

Le cucine

Le cucine

Particolare del cortile

Il Santuario delle Sette Chiesette è costituito da un grazioso percorso lungo il quale si snodano sei cappellette che hanno ottenuto dal papa Paolo V l’attribuzione delle medesime indulgenze spettanti ai pellegrini che si recavano in pellegrinaggio presso le sette principali basiliche di Roma; ‘ultimo santuario è quello maggiore, l’Oratorio di San Giorgio, costruito su di una pianta circolare concentrica rispetto alla muratura interna e ospitante le spoglie mortali di figure di spicco della chiesa cattolica, tra cui San Valentino.

Una delle sei cappelle

Il timpano caratterizzante tutte le sei cappelle del percorso

Particolare della volta interna di una delle cappelle

Particolare dell’Oratorio di San Giorgio

Volta dell’Oratorio di San Giorgio

Esterno dell’Oratorio di San Giorgio

Uno dei leoni posti all’ingresso dell’area sacra

Interno di una villa storica sita lungo la salita che porta al colle dell’area sacra

Ancora un angolo delizioso anche nella parte moderna di Monselice

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