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Egitto

Abu Simbel, Kom Ombo Temple e Crocodile Museum

Abou Simbel, la maestosità dell’opera umana

Dopo la lettura del libro che vi ho suggerito nel post precedente torno a parlarvi dell’Egitto: abbiate pazienza per la tempistica, questa volta abbastanza discutibile, ma la quantità vastissima di cultura che mi è stata illustrata necessita di un ampio periodo di metabolizzazione.

L’alba nel deserto

Nel cercare di accelerare la descrizione di tutta la bellezza che ci ha fatto venire gli occhi a cuoricino, oggi iniziamo con una pietra miliare: Abu Simbel.

Un caffè nel deserto a suggellare l’incanto di un istante magico
Il luogo del nostro pit-stop

La sveglia è alle 3.30 del mattino, facciamo una colazione veloce e alle 4.30 partiamo per Abu Simbel, località ancora più a sud e sita in prossimità del confine con il Sudan, tant’è che i controlli militari sono stati molto pressanti: imbocchiamo la vecchia diga di Aswan e iniziamo ben presto a percorrere l’autostrada, che sorge nel mezzo del deserto, è ancora buio ma assistiamo ad una delle albe più belle della nostra vita, tant’è che ci fermiamo per un caffè nel deserto, per riprenderci un po’ prima della tirata finale.

La maestosità dell’ingresso
Dalle pareti riccamente decorate

Il sito di Abu Simbel vede sorgere il Tempio di Ramses e quello della bellissima moglie Nefertari, sulle rive del lago Nasser: si tratta di uno dei monumenti più interessanti della storia e della cultura egizia, specie se facciamo riferimento all’epoca faraonica, risalente a circa tremila anni fa e che sorge sulla riva occidentale del Nasser. Venne eretto da Ramses II, il più grande dei faraoni, direttamente scolpito nella roccia e ancor oggi marca il confine meridionale dell’antico impero egizio con la Nubia, ovvero il punto di massima espansione risalente al Nuovo Regno. L’effetto è impressionante, letteralmente da togliere il fiato, grazie alla presenza delle ben note statue faraoniche di dimensioni imponenti e che vengono riproposte anche nell’edificio adiacente, in parte dedicate al faraone e in parte alla consorte; per il mezzo di tali raffigurazioni si intendeva trasmettere i poteri dei sovrani d’Egitto e devo ammettere che tutt’oggi incutono un effetto non di poco conto.

Il primo corridoio interno
Le stanze
Il rango del cavallo reale che sovrasta anche il leone
Nicchie dove trovavano posto i libri

Il tempio del faraone presenta trenta metri di altezza e trentatre di lunghezza, mentre quello della consorte risulta essere ovviamente di dimensioni inferiori in quanto il faraone non poteva essere offuscato in alcun modo. Il sito venne scoperto nel 1813 dallo svizzero Johann Ludwig Burckhardt, sommerso dalle sabbie desertiche e riemerso a seguito dei lavori di scavo; ad oggi esso fa parte del patrimonio UNESCO dal 1979.

Una curiosità è data dal cosiddetto “miracolo del sole”: trattasi di un fenomeno che accade due volte l’anno, il 22 febbraio e il 22 ottobre, quando i raggi del sole, all’alba, entrano nel tempio illuminando la camera del faraone, grazie alla costruzione effettuata nel rispetto della nota corrispondenza tra l’allineamento degli edifici e la disposizione di costellazioni e pianeti, a testimonianza del legame tra i fenomeni celesti e terrestri nonché della forte influenza del Sole. Particolare degno di nota è che la luce del sole illumina il faraone, lasciando però sempre in ombra il dio delle tenebre. Questo fenomeno esiste ancora oggi, limitatamente alle sole due date citate, in quanto l’edificio è stato spostato, blocco per blocco, a seguito della costruzione della nuova diga di Aswan.

Il tempio prende il nome da quello di un bambino, in quanto si narra che gli scienziati rinvenirono il luogo in cui scavare grazie al suo suggerimento, dopo che il tutto fu distrutto da un terremoto e dalle inondazioni.

Sono evidenti i monumenti dedicati a Ramses e alla sua sposa, tuttavia entrambi i templi sono dedicati a tutte le divinità venerate dalla loro civiltà, tra le quali Ramh e Hathor.

Il ritorno ad Aswan è stato lunghissimo, sotto un sole cocente per poi ritrovarsi nel mezzo di una tempesta di sabbia, molto disturbante perché la visibilità era ridotta a pochi metri, ma il colore dell’aria era incredibile per chi non ha mai assistito ad un evento del genere!

La tempesta di sabbia

La visita seguente ha riguardato il Tempio di Kom Ombo, caratterizzato dalla presenza di due edifici sacri affiancati, uno dedicato al dio Sobek, con la testa di coccodrillo, e l’altro al dio Horus, il dio del Sole, dualismo che ritroviamo anche nella coesistenza del culto dedicato a due diverse triadi di divinità. La prima, più antica, era costituita da Sobek, Hathor e Khonsu, mentre la seconda, di epoca più tarda, era rappresentata da Haroeris, ossia Horo il Vecchio, manifestazione solare del dio falco, da Tasenet-Nofret, sorella di Horus e da Panebtani, il signore dei due paesi. Il tempio fu inizialmente edificato da Tolomeo VI agli albori del proprio regno e in seguito ampliato dai suoi successori, tra cui Tolomeo XIII che costruì le sale ipostile, sia interne che esterne. I due corpi che formano il complesso sono perfettamente simmetrici rispetto all’asse principale, con la conseguenza di avere due ingressi rispetto al muro esterno e due passaggi tra una stanza e l’altra. Il santuario di sinistra è dedicato al dio Horo, mentre quello di destra al dio Sobek, tuttavia i bassorilievi che decorano i due santuari tributano la medesima importanza alle due divinità. Gli interni sono ricchissimi di incisioni degne di nota e inutili da citare senza la possibilità di avere il tutto dinanzi a sé, tuttavia destano molto interesse alcuni bassorilievi raffiguranti l’arte medica e un complesso sistema di calendarizzazione.

I due ingressi
I sarcofagi in cui vennero rinvenuti i coccodrilli mummificati
Una traccia dei colori originari
Una porzione del calendario

Il tempio ha subito, nel corso del tempo, alcune inondazioni da parte delle acque del Nilo, terremoti, utilizzi diversi (anche quale cava) nonché un utilizzo quale chiesa copta ortodossa, il che ha permesso di rinvenirvi un discreto numero (circa trecento) di mummie di coccodrilli, alcune di esse ora esposte nel relativo museo.

Mummie di coccodrilli
Alcuni ancora intatti
E il benvenuto quotidiano lasciato dai camerieri ai piani 🤣

Egitto/ Viaggi

Monastero di San Simeone e Tombe dei Nobili

Alcuni dei contorni che ci hanno servito a pranzo (è pur sempre un blog di cucina, no?!)
Una tahine strepitosa

Il pomeriggio di questa giornata la ricorderò come una delle più faticose della mia vita, infatti dopo aver pranzato in un ristorante nubiano, pur essendomi mantenuta leggera, mi sono trovata ad affrontare il vero sole desertico, quello che ti manda fuori di testa. Inizialmente ci siamo avvicinati alla nostra prima visita navigando placidamente sulle acque del Nilo e godendo della brezza del fiume, per poi salire al Monastero a dorso di cammello, che già di per sé non stata una passeggiata (terrore puro, lo ammetto, nonostante il carattere mite e dolcissimo dell’inusuale mezzo di trasporto, che si è lasciato coccolare con estremo piacere a fine traversata).

Primo incontro con Ferrari, il mio dolcissimo mezzo di trasporto

Durante la navigazione abbiamo avuto modo di ammirare il famoso hotel Katarakt, conosciuto grazie ad “Assassino sul Nilo” di Agatha Christie, nonchè il mausoleo dell’Aga Khan, sotto il quale ancora sorge la villa di famiglia. Giunti a destinazione abbiamo raggiunto il Monastero copto di San Simeone a dorso di cammello: San Simeone, figlio di Cleofa e di Maria di Cleofa, oltre che, secondo la credenza generale, cugino di Gesù Cristo, era un ebreo leader del cristianesimo e, si narra, secondo vescovo di Gerusalemme, dopo Giacomo il Giusto, tant’è che ancora è venerato quale santo in tutta la cristianità.

Lo storico hotel citato da Agatha Christie
Il monastero dell’Aga Khan e la villa di famiglia
Navigando sul Nilo

Le rovine di tale monastero costituiscono il maggior esempio di architettura copta in Egitto e sorgono nel deserto di Aswan, a soli 700 metri dal Nilo, di fronte all’isola di Philae (File); tale edificio ha subito un gran numero di lavori di ricostruzione, tra cui l’erezione delle sue alte torri nella prima metà dell’XI secolo. Ben poco è rimasto del monastero, tuttavia ad oggi ancora genera notevole interesse tra gli architetti e gli archeologi, comunque all’interno del cortile vi sono ancora i resti di un affresco raffigurante il Cristo sul trono tra gli angeli.

Entriamo nel Monastero
La chiesa

Alcuni affreschi sono ancora visibili
I giacigli dei monaci ospitati del complesso
Soffitti decorati
Altri dormitori per i monaci che qui trovavano accoglienza
La tavola rotonda dove si consumavano i pasti
La macina e il forno
Le stalle

Adiacenti al monastero vi sono alcuni edifici sussidiari e delle grotte, nonché degli alloggi; del resto anche la terrazza superiore venne progettata quale complesso residenziale per i proprietari, oltre a prevedere delle celle monastiche, un refettorio, una cucina e delle officine. La chiesa costituisce l’esempio più rilevante delle prime chiese a cupola egiziane e delle fornaci di ceramica, infatti il monastero rappresenta anche un particolare interesse per lo studio della ceramica di Aswan, usata nell’Alto Egitto ed in Nubia durante il periodo romano, bizantino ed islamico; vi si possono notare anche frantoi di granito decorati da croci.

Il monastero venne costruito su un primo livello di pietra ed un secondo livello di mattoni di fango che ospitava fino a mille monaci, i cui giacigli ancora oggi sono visibili al visitatore.

Sotto un sole impietoso

Abbandonato il monastero siamo risaliti a bordo del cammello, personalmente dopo una breve sosta all’ombra, abbracciata alla borraccia dell’acqua, già sofferente e provata, prima di affrontare la peggior attraversata della mia vita, durante la quale ho letteralmente temuto di cadere dal cammello in preda ad un’insolazione.

Qui veniva posta la statua ad immagine del defunto
E qui veniva calato il corpo

Dopo mezz’ora di strenua lotta contro me stessa e di autocontrollo abbiamo raggiunto le Tombe dei Nobili, necropoli ricca di incisioni e di tombe di impiegati, capisquadra, sacerdoti, soldati, funzionari, visir, principi e comunque personaggi di rango elevato. Esse sorgono sugli alti pendii di fronte Aswan, a nord dell’isola di Kitchener, e si tratta di siti ancora in fase di scavo, tuttavia ad oggi sono visibile le tombe di Mykho e Sabni, padre e figlio, risalenti al lungo regno del faraone Babi della ventiduesima dinastia; alcune sculture site a Kabsabani narrano come l’esercito di Sabni e i relativi leaders si siano riuniti in Nubia allo scopo di punire la tribù responsabile dell’omicidio del padre e di recuperarne il corpo. Pochi cenni sulla struttura di tali sepolcri: essi erano composti da due parti principali, un luogo per le offerte oppure una cappella decorata, al livello del suolo, dove poter venerare la memoria del defunto, più una parte sotterranea dove riposava il corpo unita ente ai propri effetti personali.

I colori sono quelli originali

Solitamente sono una persona che, a costo si stringere i denti, non molla mai, ma l’ultima tomba l’ho vista solo dalle foto scattate da mio marito, con gran rammarico essendo stata la più bella, ma il caldo e il sole erano eccessivi ed onestamente un solo passo in più e sarei crollata.

Il ritorno verso l’aria condizionata 🤣

La discesa a piedi fino all’imbarcazione che ci avrebbe riaccompagnati all’hotel è stata durissima, ad ogni passo pensavo di crollare, tuttavia ammetto essere stata una delle esperienze più particolari della mia vita.

Egitto/ Viaggi

Il nostro Egitto sulle tracce della storia

La luce riflessa dalla sabbia

Rieccoci qua, i due vagabondi curiosi, questa volta sulle tracce della storia, senza cagnoline e senza Chewbecca al seguito. Quest’anno partiamo da Milano, esigenza che ci costringe a pernottare una notte a Malpensa a causa della scarsità di collegamenti ferroviari con Trieste (e tra due Frecciarossa e due hotel a Malpensa… una mazzata economica 🤬😭🤬).

È solo una parete dell’aeroporto, ma mi ha colpita moltissimo

Partiamo per Il Cairo e, successivamente, dopo circa tre ore di sosta, abbiamo il volo per Aswan: già l’arrivo nella capitale mi regala una sensazione strana, circondata da una luce polverosa e anomala, una luce diversa da quella cui sono abituata… e il fascino per una terra inesplorata ha inizio!

Isola Elefantina: il panorama dall’hotel direttamente sul Nilo

Arriviamo alla sera ad Aswan dove un delegato dell’agenzia viaggi ci accoglie per accompagnarci al nostro hotel, sull’isola di Elefantina, una vera meraviglia affacciata sul Nilo, una costante che ci accompagnerà per i prossimi nove giorni.

Ed eccoci al Tempio di File

La prima escursione è al Tempio di File, cui è dedicato questo post, visto che questa volta ho deciso di scindere il viaggio non per giornate ma per mete, un po’ a seguito delle complessità descrittive e anche perché sto redigendo i post “in differita”, avendo avuto molte difficoltà di connessione durante la permanenza in Egitto.

La maestosità

L’isola costituiva la frontiera meridionale del regno egizio, motivo per il quale i faraoni vi dislocarono una guarnigione militare, abitudine mantenuta anche dai Macedoni e dai Romani, ma l’isola rivestì una posizione di particolare rilevanza in quanto, essendo le cateratte spesso impraticabili, le merci viaggiavano via terra e, nel loro percorso verso sud, venivano sbarcate a File e reimbarcate ad Aswan (da noi conosciuta come Assuan) una volta superato il dislivello idrico, come del resto avveniva nel percorso inverso.

Bello eh? Ps. Non vi aspettate descrizioni degne di un egittologo, sia chiaro 🤣
Ma i capitelli a forma di papiro aperto? La bellezza…

L’isola riveste una notevole importanza anche dal punto di vista religioso e culturale, in quanto ritenuta uno dei luoghi di sepoltura di Osiride, pertanto sacra sia agli egizi che ai nubiani, tant’è che il primo edificio sacro, del quale oramai rimangono poche tracce, risale al faraone nubiano Taharqa, denominato “l’inavvicinabile” in quanto era ritenuto sacrilego l’avvicinamento di chiunque non fosse un sacerdote. Nel corso dei secoli sorsero altri templi sull’isola, dedicati ad Horus e Hathor e affiancatisi a quello di Iside; ciò aumentò il flusso di pellegrinaggio a tal punto che venne richiesto l’intervento del sovrano Tolomeo VIII al fine di porre un freno alla situazione caotica creatasi, richiesta ancora incisa sull’Obelisco di File.

Una croce copta, segno del passaggio dei cristiani
La chiave della vita, simbolo presente e ricorrente ovunque
Il Tempio di Hathor, facente parte del complesso architettonico, dedicato alla musica
Suonatori d’arpa

Nel VI secolo, per volere di Giustiniano I, i templi vennero chiusi e alcune strutture vennero utilizzate quali luogo di culto cristiano, almeno fino alla loro definitiva chiusura a seguito dell’invasione araba del VII secolo. Ad oggi, tra tante civiltà che hanno transitato su questa isola, ancora è visibile un’iscrizione celebrativa che così recita: «L’an 6 de la République, le 15 messidor,/ une armée française,/ commandée par Bonaparte,/ est descendue à Alexandrie./ L’armée ayant mis vingt jours après,/ les Mamelouks en fuite aux Pyramides,/ Desaix, commandant la première division,/ les a pousuivis au-delà des cataractes,/ où il est arrivé, le 13 ventôse de l’an 7./ Les généraux de brigade,/ Davoust, Friant et Belliard,/ Donzelot, chef de l’état-major,/ Latournerie, comm. des l’artillerie,/ Eppler, chef de la 21e légère,/ le 13 ventôse an 7 de la République,/ 3 mars, an de J.C. 1799./ Gravé par Castex sculpteur».

Di cembalo (o almeno così lo interpreto)
Strumenti a fiato
E il meraviglioso affaccio sul Nilo

Questo è un breve e conciso excursus storico relativo al sito, assolutamente doveroso, ma come ben avete imparato a conoscermi, io ho annusato l’aria, ho ammirato la sabbia infinita ovunque, mi sono beata delle acque scintillanti del Nilo, mi sono persa dinanzi l’immensità dei palmeti, ho parlato con la gente cercando di conoscere e capire una cultura così diversa da quella europea, nonostante il popolo egiziano non si consideri propriamente africano… siete pronti per seguirmi in questo incredibile viaggio di emozioni?

Arte, storia ed architettura/ Baviera/ Germania/ Viaggi

Ultimo giorno sotto una pioggia torrenziale!

Stamani ripartiamo dall’area di sosta che ci ha accolti per la notte mentre il tempo sta cambiando: si sta sollevando un vento violentissimo mentre il cielo non promette nulla di buono, tant’è che raggiungiamo la prima tappa di oggi sotto il diluvio.

La chiesa che ci si para davanti è quella di Marienberg, la Wallfahrtkirche Maria Himmelfahrt, chiamata anche la “Perla della valle del Salzach”, considerata una delle più belle chiese rococò della Baviera… e a ragione! Ma veniamo a qualche traccia storica perché vi assicuro che ne vale davvero la pena: la struttura a due campanili domina tutta la piana circostante dalla sommità di una collina sovrastante il corso della Salzach e quando i monaci Cistercensi trasferirono il proprio monastero a Raitenhaslach, sul Marienberg sorgeva unicamente una cappella. Nel corso del secoli il santuario, luogo di pellegrinaggio, venne rinnovato ed ingrandito sino a quando, nel settembre del 1760, la chiesa venne totalmente ricostruita, su commissione dell’abate Emanuel II Mayr, artefice anche del monastero di Raitenhaslach, al costruttore bavarese Franz Alois Mayr e al pittore Martin Heigl, allievo del rinomato Johann Baptist Zimmermann. L’edificio venne consacrato nel 1764 ma, in seguito alla secolarizzazione, esso venne chiuso e parte degli arredi venne trasferita nel vicino monastero. La chiesa era già destinata alla distruzione, tuttavia fortunatamente i residenti si opposero strenuamente a tale decisione appellandosi al futuro re di Baviera Ludvig I, che fortunatamente acconsentì alla richiesta.

Per accedervi si salgono cinquanta gradini, suddivisi in cinque rampe da dieci, quale simbolo delle Ave Maria del Rosario, lungo le quali sono presenti svariate lapidi in memoria dei caduti dei due conflitti mondiali, ma è appena si varca la soglia che si compie la magia: non vi tedio con ulteriori descrizioni in merito alle opere ivi contenute, vi basti qualche traccia storica per meglio comprendere le vicissitudini del luogo… ammiratela e basta, è stupenda!

Anche la serratura è un capolavoro di maestria

Lasciata la chiesa, mentre la pioggia intensifica ulteriormente la sua portata, raggiungiamo il monastero di Raitenhaslach, sopra già citato e che resistette alla secolarizzazione fornendo anche luogo di sepoltura ai membri della dinastia Wittelsbach, nonostante le alterne vicende che portarono, dopo la consacrazione del 1186, alla distruzione della basilica romana a tre navate allora presente, sino ad arrivare al capolavoro barocco odierno, nuovamente ad opera del predetto Mayr e che ad oggi rappresenta un luogo di formazione e cultura ove si distinguono il Neuen Kloster, l’Alter Kloster e la Wasser Turm, ma anche questa volta il pezzo forte è lei, la chiesa, meraviglioso gioiello barocco. A voi le immagini, da rimanere a bocca aperta ancora una volta!

Anche le acquasantiere seguono il medesimo stile architettonico
Ma quanto è carino l’Insektenhotel posto nel giardino?

Le specie ospitate

Sempre sotto un cielo gelido invernale raggiungiamo Tittmoning, piccolo centro molto carino ma, essendo un sabato pomeriggio di tempo impietoso, letteralmente deserto; raggiungiamo il castello grazie ad una salita abbastanza abbordabile, ma che non presenta alcun tratto di interesse storico o architettonico.

Il ponte che conduce al castello
Un particolare dell’ingresso

Rientrando sulla strada verso il parcheggio che ci ospita notiamo una curiosa fontana sovrastata da una cicogna e scopriamo che si tratta della Storchenbrunnen, realizzata intorno al 1625, raffigurante una cicogna con una serpe chiusa nel becco e rappresentante la vittoria del bene sul male; si narra, inoltre, che se si desidera un figlio sia necessario passarvi davanti e poi voltarsi…

La Storchenbrunnen

E con questo post vi lascio sino alla settimana prossima… devo proprio lasciarvi una buonissima ricetta dolce, facile e di effetto!

Baviera/ Germania/ Viaggi

Burghausen: una bellissima cittadella all’interno di una fortificazione

La fontana e la torre dell’orologio

Stamani ci dirigiamo con calma verso Burghausen mentre il tempo volge al meglio e la pioggia di ieri viene sostituita da un sole cocente ed un cielo meraviglioso! Raggiungiamo il castello e lasciamo tutto il giorno il camper parcheggiato al di fuori delle mura vista la posizione comodissima anche per raggiungere il centro cittadino.

Ingresso nella cittadella fortificata
Anche qui alcune casette sono riccamente decorate
Passeggiando lungo le stradine interne ricche di alberi fioriti

Attraverso le antiche mura si entra in quella che è una vera e propria cittadella, ancora abitata, verdissima, fiorita e stupenda! Si tratta infatti del più lungo complesso fortificato in Europa, utilizzato sino al tardo Medioevo dal Duca della Bassa Baviera quale seconda residenza, nonché sede educativa dei bambini e anche del tesoro, qui custodito. Il fortilizio subì vari rimaneggiamenti ed ampliamenti nel corso dei secoli sino all’aspetto odierno, concluso sotto l’egida del Duca Giorgio il Ricco, nel periodo compreso tra il 1479 e il 1503, venendo utilizzato per vari scopi, tra i quali ricordiamo quello di fortezza, di prigione, di abitazione per ranghi elevati di lavoratori nonché di residenza.

La Torre delle Streghe: qui avvenne l’ultimo processo per stregoneria nel 1751, mentre l’ultima esecuzione per spada risale al 1831

La passeggiata all’esterno è lunga e gradevole, il panorama sovrasta il corso della Salzach e la sottostante cittadina, che raggiungeremo più tardi, si attraversano svariati cortili attraverso porte turrite, per raggiungere il cuore del castello, mantenuto in ottime condizioni e bellissimo, parzialmente visibile mentre la restante parte ospita il museo, che purtroppo abbiamo dovuto disattendere in quanto ci avrebbe portato via circa un’ora e mezza e non avremmo potuto portare con noi le nostre famigliari “pelose”.

Da un cortile all’altro
Il ponte levatoio che conduce all’anima del castello
Un particolare dell’ingresso
Nei cortili interni
La sala del tesoro

Dal castello siamo scesi direttamente in centro, molto piccolo ma delizioso, consistente nella parte principale, ricca di palazzi meravigliosamente decorati e localini, tra i quali la birreria Augustiner, dove abbiamo goduto di un pranzo di ottimo livello innaffiato dalla consueta birra favolosa che solo l’Augustiner sa offrire.

Il palazzo più bello in assoluto
Particolari nelle decorazioni dei palazzi
La sede municipale

Costeggiando la lunga fila di palazzi coloratissimi si attraversa una porta, anch’essa decorata, che conduce al Grüben, zona ricca di botteghe antiquarie in cui trovare letteralmente di tutto, nonostante molte siano oramai chiuse.

L’ingresso del Grüben
Tra botteghe antiquarie

La città presenta anche una forte cultura per il jazz in quanto sede di alcune manifestazioni ad esso dedicate, oltre alle targhe sparse in tutto il Grüben e dedicate ai maggiori jazzisti della storia musicale.

E targhe commemorative… potevo non immortalare quella di Dizzy Gillespie?

Siamo poi risaliti al castello (un po’ impegnativo ma ci si sbriga in pochi minuti) per risalire a bordo del nostro Chewbecca e raggiungere la prossima tappa, l’ultima, che sarà oggetto del post di domani sera!

Arte, storia ed architettura/ Baviera/ Germania/ Viaggi

Verso la Baviera: prima tappa a Laufen

Vecchie botteghe

Ci siamo lasciati pochi giorni fa in Veneto ma vi avevo promesso una nuova ripartenza: stamattina siamo di nuovo seduti in camper alla volta della Baviera. Il tempo che troviamo sui Tauri è pessimo, del resto sulla zona montuosa è la normalità, ma il cielo nero e l’acqua a catinelle ci accompagnano fino a Laufen.

In realtà questa zona ve l’avevo già introdotta a dicembre, quando arrivammo sotto una bufera di neve, tuttavia oggi siamo riusciti a fare una passeggiata un po’ più approfondita nonostante il maltempo, scoprendo un piccolo centro ricco di case bellissime, purtroppo molto trascurato e lasciato andare a molteplici chiusure commerciali e all’incuria.

Palazzi riccamente decorati, questa è la Haus Pauli
L’apice della volta del
ponte sulla Salzach

Il vecchio municipio

La cittadina fa parte del Berchtesgadener Land, in Baviera, ma non sono riuscita a trovare maggiori notizie in merito, né sulle guide turistiche né online, quindi mi limito a lasciarvi qualche scatto, soprattutto per le bellissime insegne che campeggiano lungo le viuzze e per il ponte, stupendo, quello che già mi colpì a dicembre e che collega la Baviera alla vicina Austria (non siamo lontani da Salisburgo).

La chiesa della cittadina, maestosa, stupenda…
La struttura ariosa degli interni, in netto contrasto con l’esterno, possente e massiccio
Le volte che percorrono il perimetro esterno dell’edificio
Il ponte sulla Salzach
Di là c’è l’Austria
Ma quanto bello è?

Rientriamo al camper, lasciato in un parcheggio dedicato, gratuito e senza servizi, per sostarvi la notte, bagnati fradici e bisognosi di un ambiente riscaldato, una birra ed una fetta di torta, dopo tanti chilometri e tanta pioggia. Per domani speriamo in un tempo un po’ migliore, nel mentre ci riposiamo e ci organizziamo per una nuova tappa!

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San Martino della Battaglia e Pastrengo: oggi piccole tappe immerse in un paesaggio meraviglioso!

Salendo verso i vitigni

Stamani lasciamo temporaneamente l’area di sosta di Peschiera, alla volta di alcune piccole tappe di interesse storico che mio marito ha inserito nel programma, per me di ben poco interesse ma immerse in un paesaggio meraviglioso, sotto un sole cocente e passeggiando tra filari di viti e campi di ulivi. Ovviamente le cagnoline hanno apprezzato moltissimo la giornata rurale, mentre dal canto mio vi lascio solo dei piccoli “morsi” casomai foste interessati agli aspetti storici del luogo.

La prima tappa, a pochi chilometri da Peschiera, l’abbiamo fatta a San Martino della Battaglia, con l’obiettivo di visitare l’Ossario (eh sì, un altro tocco di macabro) e la Torre, quest’ultima purtroppo disattesa vista la chiusura della stessa nonostante il sito ufficiale la desse aperta sino a sera, il che ci ha portato anche ad una discussione con un addetto, il quale sosteneva il contrario nonostante l’evidenza del sito (ah… la trasparenza, questa sconosciuta!)

La Torre “impossibile “
La chiesetta sede dell’Ossario
Gli interni

Lasciando perdere la pessima figura fatta dalla gestione del complesso, abbiamo goduto di una bellissima passeggiata tra i filari di viti, costeggiando alcune cascine, purtroppo in pessime condizioni, protagoniste delle vicende belliche svoltesi in tale località, tra le quali vi segnalo quella della foto, in quanto in essa vi nacque l’odierna Croce Rossa.

La cascina in cui nacque l’odierna Croce Rossa

Lasciato San Martino abbiamo raggiunto Pastrengo, dove abbiamo raggiunto l’ennesimo forte passeggiando tra gli ulivi (sì, di tutte queste tappe storiche non me ne interessava mezza, ma il panorama è davvero affascinante e adatto a delle scampagnate in famiglia): si tratta del Forte Degenfeld, datato 1861, ed attualmente in una parziale ristrutturazione interna.

Forte Degenfeld
L’ingresso
Gli interni

L’ultima passeggiata l’abbiamo fatta per raggiungere la sede del Telegrafo Ottico, ovviamente non visitabile all’interno ma stupendamente situato in mezzo agli ulivi, sulla sommità del colle di San Martino, a 263 m., costruito nel 1865 a difesa della zona mediante un sistema di trasmissione in alfabeto Morse molto rudimentale, costituito unicamente da pannelli in legno e funi.

La salita tra gli ulivi
Il Telegrafo Ottico

Terminata anche quest’ultima visita siamo rientrati a Peschiera per una serata in relax prima del ritorno a casa… ma per poco perché stiamo già progettando un altro giretto a breve!

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Ossario di Custoza e Peschiera del Garda

La giornata di ieri è proseguita con la sospirata visita all’Ossario di Custoza, monumento in ricordo dei caduti costituito da un edificio con obelisco ed una cripta; visita che ci ha causato un po’ di problemi a causa dei disservizi causati dal maltempo. Infatti in tarda mattinata è scesa tanta di quell’acqua, spazzata da un vento violentissimo, che ha causato dei blackout al monumento, purtroppo non notificati in tempo al pubblico dei visitatori, quindi tra mail e telefonate siamo riusciti ad accedere all’edificio più di un’ora dopo l’orario previsto. Ne è valsa la pena, assolutamente, sia per interesse storico sia per la cripta “a vista” (nel senso che i teschi che vedete nella foto non sono coperti da alcuna teca, tant’è che ho pensato a lungo se pubblicare la foto o meno, poi ho ragionato sul fatto che online si trova ovunque e che non avrei arrecato alcun effetto macabro ); siamo stati accompagnati da Irene, bravissima guida che ci ha concesso l’ingresso gratuitamente, completando il tutto con tour guidato, anch’esso gratuito, quale ristoro per il disservizio subito, quindi il gruppo creato è stato esiguo e fortemente interessato, il che ha permesso una notevole interazione con chi ci ha spiegato veramente ogni cosa inerente il sito.

L’Ossario
La stupenda volta interna della cappella

La riesumazione dei resti dei caduti è iniziata nell’agosto del 1876 e ha interessato tutti coloro i quali sono caduti a Custoza nel 1848 e nel 1866, portando all’esumazione di 1894 corpi, trattati con rispetto e delicatezza e cercando quanto più possibile di mantenere integri anche gli oggetti rinvenuti, ottenendo alla fine un corridoio circolare letteralmente rivestito di ossa. Può fare un po’ impressione, ma la guida è riuscita a farci apprezzare l’aspetto criminologico ed antropologico del sito, facendoci notare i fori di proiettile nei crani, le striature di colore dovute ai materiali di contatto come il terreno o oggetti ferrosi e addirittura la muffa sorta su alcune superfici ossee.
A me personalmente ha affascinato molto (saranno le reminescenze di antropologia criminale che sono riemerse…), ma vi porto avanti prima che mi molliate tra le ossa 😀.

La cripta

Dopo la visita all’Ossario abbiamo fatto tappa merenda a Corte Vittoria, azienda casearia vicinissima a Custoza, ricca di formaggi a prezzi onestissimi ed un gelato che è la fine del mondo: ve lo raccomando se ne avete la possibilità!

L’ingresso di Corte Vittoria
Vi assicuro ne vale la pena! 😋
La sera accarezza i vitigni mentre raggiungiamo Monzambano

La sera abbiamo fatto tappa all’area di sosta di Monzambano, bellissima e collegata ad un piccolo parco con laghetto dove poter passeggiare con i cani, anche se noi ovviamente eravamo di corsa e la mattina seguente ci è toccato fuggire alla volta di Peschiera del Garda.

L’ingresso al centro storico di Peschiera per il tramite di Porta Brescia
Alcune vestigia romane visibili nel centro di Peschiera

Peschiera è stata inserita nel tour da mio marito in seguito alla presenza di alcune vestigia storiche, ma io me la sono goduta così com’è, in tutta la sua bellezza di cittadina lacustre, sotto un sole che finalmente scottava, tra una pizza ottima a pranzo, un aperitivo ed una passeggiata al porto dove, seduta in cima al molo, ho goduto della pace e della meraviglia dell’acqua.

Ponte dei Voltoni, costruito dalla Serenissima Repubblica di Venezia secondo il metodo veneziano delle palafitte lignee
Interno di Porta Verona
Porta Verona

Vi lascio alle foto perché di Peschiera davvero non serve altro!

I monti innevati oltre il molo
Mentre scende la sera sull’acqua…
…ed è subito poesia!
Viaggi

La storia in Veneto: Villafranca di Verona

Il castello di Villafranca

Inaspettatamente ci siamo ritrovati un weekend lungo da poter sfruttare, tempo pessimo, dubbi tanti ma anche moltissima voglia di staccare dopo mesi di vita casalinga. Quando il tempo è poco si cerca di non allontanarsi troppo dalla propria città, quindi nuovamente scegliamo il Veneto, già protagonista di viaggi precedenti e che ci ha colpiti per la bellezza inaspettata che regala.

Partiamo il sabato poco prima dell’ora di pranzo, sempre a bordo di Chewbecca (il nostro fido camper, oltretutto appena ritirato al volo dall’officina), ci fermiamo per un po’ di spesa e pranziamo nel parcheggio della Lidl in letteralmente quindici minuti per ripartire alla volta di Villafranca, scelta un po’ a caso con lo scopo di visitare il suo castello.

Arrivati a destinazione decidiamo per un giretto esplorativo in centro e rimaniamo sorpresi per la vitalità che contraddistingue la cittadina, tant’è che sostiamo per un aperitivo a buffet libero (in stile “all you can eat” per capirci), di una bontà infinita e grazie al quale io di fatto ho cenato con i soli €4,50 dello spritz Campari 🤣.

Tappa al “Bar Enosteria Il Duomo”
Buffet a profusione …

Prima della sosta aperitivo abbiamo avuto modo di fare una breve visita al museo (gratuito) del Palazzo Bottagisio, non tanto per la mostra in sè in quanto racchiude solo storia locale, quanto per poter ammirare almeno una parte degli interni dell’edificio, oltretutto ospitante alcuni dipinti di ottima fattura. È valsa una visita anche alla Parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo di Villafranca, dal maestoso aspetto esteriore ed estremamente interessante dal punto di vista architettonico degli interni.

L’esterno del Palazzo Bottagisio, sede della firma del Trattato di pace del 1859

Soffitti stupendamente affrescati
Presenti anche bellissimi dipinti
L’esterno della Parrocchiale
Un cenno alla struttura interna, ariosa e bellissima
Il Battistero

Rientrando al camper ripassiamo davanti al castello, illuminato in maniera curiosa e che sappiamo attenderci per l’indomani.

Che meraviglia, vero?

La mattina del giorno seguente diluvia in maniera esagerata, il che ci convince ad avvicinare il camper al castello per evitare di bagnarci fino al midollo, soffia un vento impetuoso e fa freddissimo, ma non desistiamo… e facciamo la scelta giusta! Il castello è stupendo, inoltre capitiamo in un fine settimana in cui è animato da un gruppo di appassionati in costumi d’epoca, oltretutto molto generosi nelle spiegazioni, sopra a tutti Stefano, che ci inonda di descrizioni della vita nel castello e ci accompagna fino al mastio, nonostante il vento fortissimo che lo sferza impietoso.

L’esterno del maniero
Romeo e Giulietta ci accolgono all’interno
Ma noi siamo meglio 🤣

Si tratta complessivamente di una visita che vale assolutamente la pena fare, con un biglietto di ingresso molto economico e pari a cinque euro a persona: all’ingresso siamo accolti da una scultura bronzea raffigurante Romeo e Giulietta, per poi entrare nell’edificio ed ammirare stanze curatissime ed ognuna dedicata ad illustrare oggetti d’epoca, a fornire spiegazioni in merito ai sistemi difensivi e alle vicende belliche che lo hanno visto coinvolto, il tutto prosegue da una stanza all’altra e da un piano all’altro, ugualmente lungo i livelli del mastio, sino a raggiungere il ballatoio superiore, all’aperto, dove si gela, dove il vento ti prende a ceffoni ma il panorama è mozzafiato!

E salendo ancora più su…
… arriviamo all’apice del mastio!
Dal mastio la visuale sul cortile sottostante è perfetta

Nel pomeriggio abbiamo previsto di dirigerci verso Custoza, sede dell’omonima battaglia, ma di questo ve ne parlerò nel prossimo post, ora rientriamo al calduccio del camper ad asciugarci!

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Berchtesgaden, con qualche delusione 😥

Ripartiamo per la terza tappa di questa brevissima vacanza, sotto un cielo incerto ma sempre circondati da tanta, tantissima neve e temperature glaciali, pur con il nostro consueto entusiasmo di viaggiatori curiosi.

Arriviamo, dopo mezz’ora di guida e una tappa al supermercato, a Berchtsgaden, centro abbastanza grande che dà il nome a tutto il Berchtsgadenland quindi non proprio cippe ma… risulta impossibile fermarsi con il camper! Nessuna area di sosta, nessun campeggio (li detestiamo ma se proprio non si offrono alternative ce lo facciamo andar bene), nessun parcheggio privo del consueto avviso di divieto camper. Chiaramente siamo anche disponibili a spostarci per il pernottamento, ma quello che più ci pesa è dover percorrere delle strade innevate dopo il tramonto in quanto potrebbe risultare poco sicuro, ma tant’è… tentiamo un parcheggio in un vicolo a fondo cieco almeno per il tempo di una visita, ovviamente nel giro di pochissimi minuti riceviamo una visita della Polizei anche se, grazie al cielo, non ci creano problemi, dopo di che ci spostiamo con pochi minuti di passeggiata verso il centro della città e verso un delizioso mercatino, abbastanza esteso ma sempre a misura d’uomo, anch’esso con una ricca offerta di artigianato locale e senza le cianfrusaglie che “allietano” molte bancarelle nazionali (almeno nella mia città sono la norma, tra cinesate ed imbonitori che strillano al vento).
Ci godiamo il Glühwein di rito, il che ci farebbe sembrare degli ubriaconi patentati, ma vi assicuro con con le temperature di questi giorni scendono come acqua fresca, il che ci ritempra almeno per un’altra mezzoretta, il tempo di acquistare qualche pensierino per le persone che ci stanno nel cuore, per poi rientrare molto velocemente visto che oggi abbiamo portato con noi anche le cagnoline e sinceramente fa davvero troppo freddo per le loro zampette.

Vi lascio qualche scatto di un centro delizioso, ricco di case decorate e di un dedalo di vie carinissime… peccato per la scarsa accoglienza nei confronti dei camperisti che, pur disponibili a pagare sempre per una buona area di sosta e per i relativi servizi, lasciano volentieri buona parte dello stipendio in una città che viene loro incontro (piccolo momento polemico)!

Una delle mie pupette che annusa l’albero… 😀

Ovviamente siamo rientrati, per la notte, all’area sosta di Bad Reichenall!

Domani rientreremo a casa con la speranza, finalmente, di ritornare un po’ ai fornelli e alla mia amata pasticceria… ci vediamo alla prossima!

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