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Viaggiare con il palato

Etniche/ Primi/ Ricette vegetariane

Finalmente i soba (con il risucchio!)

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Da lungo tempo nella mia dispensa risiedevano alcune confezioni di soba, ultimo ricordo di una meraviglioso pacco di golosità etniche regalatemi da mio cugino, legato al Giappone oramai da anni a seguito di un matrimonio internazionale e che conosce bene la mia passione per il cibo tipico di tale paese.

Ci ho pensato tantissimo perché temevo di sbagliare la cottura, pur avendo avuto da lui la ricetta da utilizzare, poi alla fine,  come al solito, ho fatto a modo mio, in particolar modo in vista della prossima scadenza del prodotto.

I soba sono una sorta di spaghettini marroncini realizzati con la farina di grano saraceno, vengono confezionati a mazzetti (le dosi citate in ricetta), tant’è che solitamente si considera un mazzetto a testa: noi siamo in tre e prima di sentirmi dire che son pochi ne ho usati quattro 🙂

Avendoli preparati caldi ho usato la versione “zupposa”, ma  si tratta fondamentalmente di un piatto da gustare freddo e quindi perfetto per l’estate, oltretutto  ogni boccone andrebbe accompagnato da una sorta di risucchio per gustare al meglio anche la parte brodosa, che a noi sembra comico, ma nella cultura orientale ha un significato, legato al gradimento, più profondo; io l’ho voluto preparare caldo e anche un po’ a modo mio,  secondo i miei gusti, pur senza stravolgere alcuni degli ingredienti cardine della cucina nipponica.

La mia è una preparazione un po’ occidentalizzata per carenza di materiale, tuttavia andrebbero serviti sugli zaru, una sorta di piccoli vassoi in bambù, e accompagnati da una teiera cubica contenete l’acqua di cottura da utilizzare, a termine del pasto, per allungare ciò che rimane del condimento e farne un brodo leggero molto gustoso da bere.

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Ingredienti:

4 dosi di soba

1 porro (ho utilizzato la sola parte bianca perchè era molto grosso, ma personalmente trovo che anche quella verde stia benissimo)

2 cucchiai di semi di sesamo

3 cucchiai di salsa di soia

2 cucchiaio di aceto di riso

4 cucchiai di olio di sesamo

acqua q.b.

Procedimento:

Cuocere i soba in acqua non salata per il tempo indicato sulla confezione (la mia indicava quattro minuti), nel frattempo tostare i semi di sesamo in un padellino antiaderente, poi metterli da parte e affettare il porro; nel frattempo, in una ciotola, mescolare la salsa di soia, l’olio di sesamo, l’aceto di riso e un po’ di acqua per ottenere la parte liquida (se fossero stati preparati freddi ne sarebbero bastate un paio di cucchiaiate); scaldare il wok e versarvi il condimento in cui andremo a far saltare il porro affettato, successivamente vi aggiungeremo i soba e, solo da ultimo, il semi di sesamo. Far saltare ancora un po’ sino ad amalgamare gli ingredienti e servire.

PS: ho beccato il marito che, zitto e nascosto, tentava di grattugiarci sopra il parmigiano!

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Arte, storia ed architettura/ Pizze e pane/ Un po' del mio mondo/ Vini e bevande

Un altro sabato da foodblogger alla scoperta delle eccellenze friulane

Già mi sento professionale....

Già mi sento professionale….

Ancora non ci credo di avercela fatta, di esser riuscita ad andarci nonostante la mia “vita spericolata” che puntualmente riesce ad ingarbugliarmi le giornate: a dire il vero un po’ ci avevo rinunciato, ma la caparbietà di Cristina ha fatto sì che questa volta ci fossi anch’io (mi ha presa alla sprovvista, siamo onesti 🙂 )!

Sabato 10 ottobre, otto del mattino e si parte alla volta di Trivignano, piccolo borgo della campagna friulana, in compagnia di Cristina, organizzatrice della spedizione, di Barbara e di Gabriella… e poi ci sono anch’io, ancora travolta dai dubbi e dal (piccolo) senso di colpa per aver lasciato a casa da solo un figlio quasi-ammalato con la gastroenterite: quaranta minuti dopo siamo a destinazione, pronte e gasate per la visita al Molino Moras, da me già conosciuto in precedenza grazie al punto vendita di Trieste Unsaccomoras, ma che qui devo dire che ha dato il meglio di sé grazie ad una egregia introduzione in merito alle varietà di grano e alle relative proprietà organolettiche, cui è seguita la visita all’antico molino per poter toccare con mano quella che sino a quel momento era solo mera teoria. Oltretutto l’intervento del “lievitista” (eh sì… per tutte quelle che, come la sottoscritta, impastavano un po’ a casaccio, è stato uno shock sapere che esiste tale figura professionale) Giovanni Gandino mi ha resa edotta su aspetti chimici di tutta la faccenda che mi hanno letteralmente fatta cadere dal pero!

Ho avuto modo di apprendere molte nozioni in merito alla farina, che naturalmente io non distinguevo più di tanto non andando molto al di là della solita divisione tra grano tenero, grano duro e Manitoba, il tutto arricchito dalla mia ammirazione per una professionalità che ho apprezzato molto, grazie all’attenzione dimostrata dall’azienda per le caratteristiche del prodotto iniziale, che deve entrare in produzione in condizioni di umidità e di percentuale di sali minerali assolutamente ottimali e vista la poca serietà che negli ultimi anni aleggia nella produzione globale non è certo di poco conto: qui ci sono innanzitutto persone e solo successivamente piccoli imprenditori, pertanto il prodotto finale risulta essere assolutamente d’eccellenza e di altissima qualità! Posso dire anche la mia? Un aspetto che solitamente sfugge, ma io ho fatto una prova: il peso! Ho pesato un chilo di farina Moras e il risultato lordo era di 1200 g., esattamente la farina al netto più la tara della confezione, oltre al fatto che la farina rende al 100% nell’impasto. La farina della grande distribuzione, pesata al lordo, risultava pari a 980 g., tolta la tara restano 960-970 g. al massimo di prodotto, che nell’impasto non rende altrettanto, tant’è che per ottenere il mio pane quotidiano con una ricetta che prevede 500 g. di farina ne devo usare almeno 550 per non ottenere una pappa. E allora io premio la qualità ma anche l’onestà! E questa è gente che lavora sodo con onestà e trasparenza.

 

Inizia il tour...

Inizia il tour…

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Inizia l’apprendimento…

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Ed ecco il risultato finale!

Ed ecco il risultato finale!

 

Il processo produttivo è altamente meccanizzato

Il processo produttivo è altamente meccanizzato

 

Un giretto nei magazzini...

Un giretto nei magazzini…

 

Si passa all'aspetto pratico...

Si passa all’aspetto pratico…

 

e alle prime ghiottonerie!

e alle prime ghiottonerie!

 

Questo è anche un anno particolarmente importante per il Molino

Questo è anche un anno particolarmente importante per il Molino

 

Dopo la visita dello stabilimento di Trivignano, intervallato da una sacra e gustosa merenda accompagnata dalle tisane “Coccola Tè” dell’azienda Ferri dal 1905 (e voi non immaginate il profumo di vaniglia…),  c’è stato il trasferimento a Percoto, dove è situata l’azienda Dentesano, produttrice di ottimi insaccati realizzati a livello artigianale e con attenta e precisa cura nella scelta della materia prima e delle relative procedure di lavorazione, come ci è stato dato modo di testare nel corso dell’aperitivo offerto al nutrito gruppo di bloggers affamate e del successivo pranzo, tenutisi ambedue presso un casolare che era la fine del mondo! Il tutto è stato innaffiato dai vini della azienda Masùt da Rive: uno spettacolo! E non sono una persona che si accontenta di poco, da degna nipote di viticoltore, e giuro che un Sauvignon così non l’avevo mai bevuto prima….

La presentazione dell'azienda

La presentazione dell’azienda

 

E del menu che ci attende (la fame inizia a farsi sentire)

E del menu che ci attende (la fame inizia a farsi sentire)

 

Il "viaggio" nel mondo degli insaccati inizia dalla produzione dei wuerstel

Il “viaggio” nel mondo degli insaccati inizia dalla produzione dei würstel

 

Qui è una cosa "da sbavo"... mi sarei seduta sotto quei prosciutti e avrebbero dovuto portarmi via con la forza bruta... slurp!

Qui è una cosa “da sbavo”… mi sarei seduta sotto quei prosciutti e avrebbero dovuto portarmi via con la forza bruta… slurp!

 

I magazzini non sono da meno...

I magazzini non sono da meno…

 

Lo splendido scenario che ci ha ospitate per il momento più conviviale

Lo splendido scenario che ci ha ospitate per il momento più conviviale

 

Inizia il momento godurioso: cotto caldo in crosta con il kren

Inizia il momento godurioso: cotto caldo in crosta con il kren

 

Avvicinandoci timorosi all'abbeveramento

Avvicinandoci timorosi all’abbeveramento

 

...per gustare un Sauvignon fruttato che era la fine del mondo!

…per gustare un Sauvignon fruttato che era la fine del mondo!

 

Ecco i produttori di cotanta bontà...

Ecco i produttori di cotanta bontà…

 

Passiamo al salame "punta di coltello"?

Passiamo al salame Nonno Angelo in punta di coltello?

 

Meglio se accompagnato da un po' di focaccia...

Meglio se accompagnato da un po’ di focaccia…

 

C'è chi ci prova e mi conquista il cuore per la sua dolcezza (le mie pupe, al ritorno a casa, mi faranno la radiografia completa)

C’è chi ci prova e mi conquista il cuore per la sua dolcezza (le mie pupe, al ritorno a casa, mi faranno la radiografia completa)

 

Questi li memorizzo!

Questi li memorizzo!

 

Il pranzo è stato un momento di convivialità memorabile grazie alla simpatie delle bloggers e dalla semplicità dei titolari delle aziende: gente semplice, lavoratrice, abituata al lavoro in famiglia e al rapporto con la campagna con tutte le sue possibili variabili e difficoltà, persone molto alla mano e di un’umanità raramente rinvenibile in coloro i quali si trovano ai vertici aziendali.

Abbiamo avuto modo di assaggiare l’anatra all’arancia, splendido affettato accompagnato dai panini, anch’essi all’arancia, realizzati dal nostro mago del lievito con i prodotti del molino, il prosciutto di coniglio al tartufo (carne splendida!) con crackers di amaranto, il salame Nonno Angelo in punta di coltello accompagnato da una focaccia genovese, il prosciutto cotto in crosta con del buonissimo kren (rafano) grattugiato, tipico delle nostre zone e delicatamente adagiato su un crostino di filone e, tra i bocconcini caldi, lo stinco alla birra, accompagnato da deliziose patate (e meravigliosi grissini)… delicatissimo! Naturalmente per ogni piatto siamo stati coccolati con i relativi vini in maniera tale da esaltare i sapori grazie agli abbinamenti migliori: ho già scagliato una freccia in favore del Sauvignon, il bianco più buono mai bevuto, ma il bianco friulano non è stato da meno, per non tralasciare il Pinot nero, corposo al punto giusto, perfetto per gli insaccati ma non troppo “duro”.

Iniziamo il pranzo con l'anatra all'arancia e il profumatissimo pane agrumato abbinato

Iniziamo il pranzo con l’anatra all’arancia e il profumatissimo pane agrumato abbinato

 

Eccolo... panino all'arancia, una sciccheria!

Eccolo… il panino all’arancia, una sciccheria!

 

Coniglio e crackers all'amaranto

Prosciutto di coniglio al tartufo e crackers all’amaranto

 

No...dico...pure bellissimo da vedere!

No…dico…pure bellissimo da vedere!

 

Per accompagnare lo stinco alla birra

Per accompagnare lo stinco alla birra

 

E per sgranchirsi un po' le gambe si fa un giro ad ammirare la cucina

E per sgranchirsi un po’ le gambe si fa un giro ad ammirare la cucina

 

Bella eh?

Bella eh?

 

E volgendo gli occhi al cielo... uno splendore!

E volgendo gli occhi al cielo… uno splendore!

 

Prima di arrivare al momento del dessert, arricchito dai tipici dolci delle nostre zone a base di mele e frutta secca offerte dal Panificio Pasticceria Tondon,  c’è stato un altro intervento regalatoci dal Maestro di Arte Bianca Giuseppe Gandino che, oltretutto, è di una simpatia travolgente e ci ha fatte sbellicare dalle risate, oltre ad averci insegnato qualcosa sulla pasta madre, argomento per me abbastanza oscuro da sempre visto che da anni riesco a far morire qualsiasi lievito madre prima ancora di farlo diventare adulto… sia questa la volta buona che ce la farò?

Le foto scattate sono state più di cento e la scelta per la pubblicazione è stata molto dura: ve ne offro un po’… spero rendano bene l’idea della gioia provata nel corso della giornata!

Potevo non abbracciarmelo un po'? PS: mio marito ha visto la foto ululando "e questo chi è?"

Potevo non abbracciarmelo un po’? PS: mio marito ha visto la foto ululando “e questo chi è?”

 

Posso solo dire un grazie di cuore a Molino Moras, Salumificio Dentesano, QBquantobasta (goloso mensile che ha collaborato per l’organizzazione dell’evento), Masut da RiveFerri dal 1905, Panificio Pasticceria Tondon e al Maestro Gandino per la bellissima giornata e per i preziosi insegnamenti!

 

Etniche/ Primi/ Ricette vegetariane

A passi lenti sotto la pioggia

IMG_3196Il tempo è cambiato e, nonostante ci si stia affacciando appena al mese di agosto, in queste giornate di pioggia e di estrema variabilità sento già un pizzico di autunno incombente e con un po’ di tristezza mi rendo conto di essermi giocata giugno, il mese più bello, alle prese con i libri scolastici, e di essermi bruciata una parte di luglio, mese stupendo, a causa dell’eccessivo calore che mi ha tolto ogni briciola di energia.

Tra un mese sarò già lontana, finalmente a godermi le vacanze e al cui ritorno non potrò più nuotare nel mio mare: ecco l’aspetto che più mi deprime, non tanto la mancanza dell’estate in sé quanto quella dell’acqua salata, del profumo di alghe, del riemergere tra gli scogli evitando le cozze e gli anemoni, dell’aroma nel naso perché è vero che il mare profuma di estate e libertà.

Allora mi affaccio al panorama strano di questa giornata, sotto un cielo plumbeo in cui le nuvole scure rotolano incessantemente, sferzate da un vento insistente e gelido, e passeggio lentamente nonostante le goccioline di pioggia quasi autunnale, a passi lenti per arrivare all’autunno più tardi possibile perché l’estate voglio che duri ancora un po’, perché ho ancora bisogno di annusare il mare, perché un mese scarso voglio farlo durare almeno sessanta giorni.

Ho voglia di un comfort food che però non risulti autunnale, un qualcosa che mi coccoli più di una insalata estiva senza però farmi sentire pronta per l’inverno perché non lo sono affatto, un qualcosa che possa coniugare le verdure di cui sono ghiotta con il tocco esotico degli altri ingredienti usati, che sia di velocissima preparazione perché ho ancora tanta vita da godere e mi serve molto tempo libero, che sia leggero e che mi faccia sentire già un po’ in vacanza.

Ecco i miei noodles di riso semplici semplici ma pieni di sapore 🙂

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Ingredienti:

noodles di riso (le boccucce di casa mia richiedono 100 g. a testa)

zucchine (da qui in poi le quantità sono a gusto personale)

carote

aglio (uno spicchio)

zenzero (circa 1 cm)

buccia di lime (parte esterna)

erba cipollina

olio di sesamo

salsa d’ostrica (un cucchiaio)

Procedimento:

Far saltare in padella l’aglio tritato con lo zenzero in poco olio di sesamo e successivamente aggiungere le zucchine  e le carote a striscioline (le mie sono state tritate perché erano piccolissime e bitorzolute) facendole saltare appena il tempo di avere un minimo di cottura senza però che perdano la croccantezza; aggiungere da ultimo un po’ di buccia di lime tritata grossolanamente e una piccola quantità di salsa d’ostrica.

Lasciar rinvenire i noodles di riso nell’acqua calda non salata appena il tempo indicato sulla confezione, scolarli delicatamente e aggiungerli alle verdure, mescolando il minimo indispensabile per non scuocerli e rovinarli: impiattare con qualche filo di erba cipollina sminuzzata ad insaporire il tutto.

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Antipasti e stuzzichini/ Autoproduzione/ Etniche/ Ricette vegetariane

Contaminazioni mediterranee

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Ogni viaggio per me diventa un’occasione per annusare il mondo, dove profumi e sensazioni si mescolano in un vortice di emozioni assolutamente inscindibili, dove incontro culture diverse e umanità di ogni tipo, da conoscere, da approfondire e dalle quali imparare sempre qualcosa di nuovo, in una commistione culturale che possa allargare i miei orizzonti e rendere la mia mentalità più aperta ed elastica.

Ogni viaggio diventa un’esperienza sensoriale prima di ogni altra cosa, prima di ciò che posso apprendere da chiese, palazzi e musei perché la cultura di un popolo passa innanzitutto per i profumi e i sapori della cucina… solo dopo aver annusato ed assaggiato le spezie di un mercato riesco a collegarle ai colori di un affresco o alle stuccature dorate di un palazzo, solo allora posso capirne le radici storiche, l’esegesi culturale, come solo dopo aver capito la storia di un popolo riesco ad entrarne nella relativa mentalità e ad assimilare tutto ciò che possa ampliare i miei limiti mentali.   

Quando lessi la ricetta pubblicata da Margherita iniziai a pensarci su, con la tentazione di provarci perché mi sembrava una cosa semplice e realizzabile, una bellissima idea fare il paneer in casa, poi comunque mi feci un giretto nel web per saperne di più perché alla fine io sono una curiosona! E ho appreso che si tratta di una ricetta sudasiatica (पनीर  in Hindi), diffusa in India e Pakistan, preparata senza l’uso del caglio, senza il sale e perfetta sia al naturale che come base per altre preparazioni, oltretutto molto diffusa anche in altri paesi in mille varianti e dai molteplici nomi… insomma, perfetta e versatile anche per i miei pasticci in cucina! Non che con un litro di latte ne esca molto, però alla fine si ottiene un ottimo formaggio spalmabile a basso costo, specie se si parte dal latte del discount che alla fine si acquista con pochi centesimi.

La preparazione è semplicissima in quanto è sufficiente far arrivare il latte a bollore, aggiungere 3/4 cucchiai di aceto bianco (o limone) e mescolare: il latte si caglierà subito e, non appena raffreddato, basterà versarlo in un colino rivestito con una pezza di cotone o di garza e strizzare la parte solida; il caglio rimasto potrà essere riciclato per una successiva cagliatura, anche se meno decisa rispetto a questa ottenuta con l’acidificazione oppure tenerlo da parte per la preparazione di crepes salate.

Una volta versato il paneer in una ciotola l’ho mescolato con del prezzemolo tritato (io ho usato quello del mio balcone, molto dolce e delicato), ma avendo del coriandolo penso si ottenga il massimo del risultato, poi ne ho fatto delle palline e le ho ripassate nella farina di pistacchio di Bronte, acquistata alla Vucciria di Palermo e dal sapore delicatissimo e particolare.

Volevo utilizzare alcune delle chicche acquistate in vacanza, ma l’idea di limitarmi a replicare delle ricette tipiche, che sicuramente i siculi preparano meglio di me, non mi interessava particolarmente… al contrario mi si sono illuminate le papille gustative quando ho conosciuto il pistacchio di Bronte, così versatile sia nei piatti salati che in quelli dolci.

Con il paneer si possono fare delle “biglie” dolci altrettanto strepitose e delicatissime, ma queste ve le preparerò la prossima volta!

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Ingredienti:

1 l. di latte intero (che sia fresco o UHT non cambia)

3 o 4 cucchiai di aceto bianco (dipende dal grado di acidità) o di limone

un mazzetto di prezzemolo

q.b. farina di pistacchi di Bronte

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Arte, storia ed architettura/ Un po' del mio mondo

Ho pazienza solo per l’amore

“Non ho pazienza per alcune cose, non perché sia diventata arrogante, semplicemente perché sono arrivata a un punto della mia vita in cui non mi piace più perdere tempo con ciò che mi dispiace o ferisce.
Non ho pazienza per il cinismo, critiche eccessive e richieste di qualsiasi natura. Ho perso la voglia di compiacere chi non mi aggrada, di amare chi non mi ama e di sorridere a chi non mi sorride. 
Non dedico più un minuto a chi mente o vuole manipolare.
Ho deciso di non convivere più con la presunzione, l’ipocrisia, la disonestà e le lodi a buon mercato.
Non tollero l’erudizione selettiva e l’arroganza accademica. 
Non mi adeguo più al provincialismo e ai pettegolezzi. Non sopporto conflitti e confronti.
Credo in un mondo di opposti, per questo evito le persone rigide e inflessibili. 
Nell’amicizia non mi piace la mancanza di lealtà e il tradimento.
Non mi accompagno con chi non sappia elogiare o incoraggiare.
I sensazionalismi mi annoiano e ho difficoltà ad accettare coloro a cui non piacciono gli animali.
Soprattutto, non ho nessuna pazienza per chi non merita la mia pazienza.”

Meryl Streep

 

Eppure, nonostante la pazienza sia latitante, ho trascorso l’ultima settimana con l’amica di sempre, quella perduta trent’anni fa e da poco ritrovata, quella che mi ha invaso la casa con i bagagli e il cuore con l’affetto che non ha mai perduto nelle sue peregrinazioni e nelle difficoltà che ha incontrato lungo il cammino: una settimana faticosa a gestire lei e il suo caro figliolo, ad accogliere anche il figlio maggiore appena ha trovato due giorni per raggiungerci, tutti strizzati in una casa che proprio grande non è: ho cucinato tanto, tantissimo, ho parlato molto, moltissimo… e ancora una volta ho capito che davvero non ho più tolleranza alcuna per chi manipola le persone, per chi sfrutta una donna per poi lasciarla da sola a crescere dei figli, senza un lavoro e con una casa che cade a pezzi, facendole la guerra e rovinandole l’esistenza.

Lei ora è ripartita mentre la sto aiutando a ritornare a casa, casa sua, la nostra città, chissà se ci riusciremo con l’unione di cuori che ci ha sempre contraddistinte, come quando avevamo quindici anni e ci divertivamo con nulla, quando contavamo gli spiccioli per un gelato al mare… ci spero davvero perché lei è dolcissima e già mi manca….

Appena lei è uscita ho incontrato un’altra cara ragazza, che conoscevo appena, in grosse difficoltà con il compagno e che si è trovata in mezzo alla strada, senza soldi né biglietto di ritorno a casa, sola in compagnia del suo cane e dei bagagli… potevo lasciarla nei guai? Ovviamente no, non me la sono proprio sentita, quindi (grazie alla collaborazione di un marito splendido) ce l’abbiamo fatta anche questa volta. E di nuovo posso ribadire di aver ricevuto più soddisfazione dall’amore che mi hanno regalato queste due persone rispetto ai rapporti fatui ed evanescenti con chi del mio tempo non merita nemmeno un minuto, con chi parla molto eppure non ti lascia nulla nel cuore, con chi ti elogia solo per mera convenienza: in pochi giorni ho ritrovato un’amica che credevo perduta e ne ho incontrata un’altra, ho imparato di più asciugando le sue lacrime che non ascoltando finti discorsi accademici e l’abbraccio che mi ha regalato ieri sera è valso più di mille parole.

Sono stanca, molto stanca…ma felice!

E ora finalmente riesco a condividere qualche scatto delle mie vacanze: mi sono fatta attendere, lo so, ma ne è valsa la pena investire il mio tempo regalando un pezzo del mio cuore perché la valanga di amore che ho ricevuto è stata incredibile, perché stringere lei in lacrime e faticare per non versarne altrettante è stata dura, ma so di aver fatto la scelta giusta e che la rifarei mille volte ancora!

Le foto che ho scattato sono moltissime, quindi inizio con quanto più mi ha colpito: i pescatori di Sciacca, perchè il legame che ho con il mare è indissolubile!

Le ceramiche erano un sogno

Le ceramiche erano un sogno

Specie se incorniciate dai colori del tramonto

Specie se incorniciate dai colori del tramonto

12)Sciacca,visita della cittadina,granita col pan caldo e acquisto pesse direttamente dai pescadori (39)

Quando siamo arrivati scendeva una sera meravigliosa…

L'indomani mattina  abbiamo atteso il rientro dei pescatori

L’indomani mattina abbiamo atteso il rientro dei pescatori

12)Sciacca,visita della cittadina,granita col pan caldo e acquisto pesse direttamente dai pescadori (59)

Abbiamo fatto scorta di pesce freschissimo

12)Sciacca,visita della cittadina,granita col pan caldo e acquisto pesse direttamente dai pescadori (54)

Abbiamo riempito il congelatore del camper

Per poi fare colazione con pane caldo e granita al limone..

Per poi fare colazione con pane caldo e granita al limone..

Il signor Aurelio, artigiano della granita, che ci ha fatti rincasare con una bella scorta di limoni

Il signor Aurelio, artigiano della granita, che ci ha fatti rincasare con una bella scorta di limoni

Etniche/ Pesce

Sono ritornata!

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In questo lungo periodo alcune di voi si sono preoccupate per la mia prolungata assenza, quindi mi sembra doveroso almeno motivarla: innanzitutto mio figlio ha seriamente rischiato una bocciatura a causa di un docente che lo ha preso di mira, quindi ho fatto l’impossibile per dedicarmi a lui e cercare di aiutarlo il più possibile, anche a scapito di molte ore di permesso chieste sul lavoro e che ora mi trovo a dover recuperare in quanto il mio contratto non prevede permessi retribuiti. Da ultimo il mio portatile, già più volte riparato, ha definitivamente ceduto: contavo di acquistarlo a fine luglio, ma a mio figlio  era stato promesso un regalo per la promozione e quindi che regalo sia…. rimandando ulteriormente l’acquisto del computer perchè le mie possibilità economiche sono limitate.

Ora sto faticosamente postando per il tramite di una ciofeca di notebook la cui tastiera salta in continuazione e la cui connessione è lenta da far paura, ma stasera ho realizzato un piattino talmente veloce e saporito che non potevo non proporlo!

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Ingredienti:

una porzione di filetto di pollock dell’Artico

1 cucchiaio di salsa di ostriche

3 cucchiai di salsa di pesce

olio evo q.b.

una manciata di semi di sesamo

una spruzzata di vino bianco secco

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Procedimento:

ho riscaldato la padella con poco olio evo e ho fatto dorare, da ambedue i lati, il filetto di  pollock, ho poi versato il vino proseguendo la cottura a fuoco lento e a pentola coperta per alcuni minuti, ho successivamente aggiunto le salse e i semi di sesamo, ho atteso che il tutto si amalgami e ho impiattato.

Il risultato è stato una pietanza dal sapore orientale, come piace a me, magra e saporita; perfetto è l’accompagnamento con il riso tuttavia io ho intinto nel sughetto della rucola appena raccolta ed era deliziosa… almeno non ho esagerato con i carboidrati!

Un bacione e spero di rifarmi viva quanto prima!

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Etniche

Voglia d’Oriente con un riso quasi cantonese

2013-11-28 20.31.09

Non c’è nulla da fare, non ci sono cure… ogni tanto mi prende una voglia irrefrenabile di cibo orientale, ci vado matta, devo avere qualche alterazione nel Dna che mi porta a sbavare davanti ad un rotolino di sushi, a perdermi un una zuppa di alga nori, a chiudere gli occhi con aria sognante davanti ad un gamberone al vapore, ma questa volta proprio non c’era nulla di “cinesizzabile” in dispensa, a parte l’onnipresente salsa di soia dolce, che in casa mia non manca mai!

Ho lessato del riso in acqua rigorosamente priva di sale e, nel frattempo, ho cotto al vapore un pezzetto di speck a dadini, quattro mini wuerstel tagliati a cubetti e quattro foglie di verza tagliate a listarelle, andando anche un po’ ad occhio, mentre in un altro contenitore cuocevo al vapore due uova leggermente sbattute con un pizzico di sale.

Al termine di questa (complicatissima 🙂 ) procedura mi sono limitata a dare un colpo di lama (del mixer, del Bimby, del frullatore…vedete voi) alla frittata e a mescolare il tutto con il riso e con la salsa di soia…. buono, buono davvero, anche se non era certamente un riso cantonese molto ortodosso, ma ogni tanto bisogna far lavorare la fantasia e accontentarsi!

Ingredienti:

200 g. di riso basmati

un pezzetto di speck o pancetta affumicata

quattri piccoli wuerstel (o prosciutto cotto a dadini)

quattro foglie (esterne, nel mio caso) di verza

2 uova

un pizzico di sale

salsa di soia q.b.

2013-11-28 20.30.56(0)

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