Tra un libro impegnativo ed una sfornata di biscotti, mentre preparo contenuti “alimentari” come da tempo non ne vedete mi sono approcciata a questo volumetto, un po’ per curiosità e un po’ per rilassarmi. Ancora non so se parlarne bene o sentirmi un po’ presa in giro per la quasi banalità, io comunque ve lo propongo con obiettività in maniera tale che possiate trarne le vostre conclusioni.
Premetto che l’autore sa scrivere dannatamente bene e penso questo sia il pregio del libro, che alla fine io ho letto in una giornata, il cui fulcro è il rapporto tra autorità ed autorevolezza, analizzato da quello che si definisce un “dopopadre”, un padre che nel difficile rapporto con il figlio prova un senso di fallimento.
I figli sono gli sdraiati, perennemente spalmati su un divano tra testi scolastici, videogiochi, cuffiette alle orecchie, sigarette, merende, briciole, trascuratezza e abiti sformati, quelli che i padri non comprendono e che, nel caso di specie, non solo non interagiscono con la figura genitoriale ma che, pur invitati a partecipare ad un’attività in condivisione ne rifiutano anche il solo pensiero.
Infatti i capitoli sono intervallati dalle richieste, sempre più pressanti, del genitore per la condivisione di una salita al monte Nasca, con un’urgenza che rasenta la supplica, una metafora che solo alla fine ne chiarirà lo scopo.
Di fatto è la narrazione di un divario generazionale incentrato sull’involuzione della specie contrapposta alla possibile evoluzione della società futura, la cui voce narrante è quella di un padre che, sotto il peso del fallimento, cerca un punto di incontro con il figlio, un dialogo che stenta a decollare nonostante gli sforzi del genitore.
I tratti distintivi e comuni di una generazione vengono tratteggiati con ironia e sagacia, si sorride spesso e, se il lettore ha esperienza genitoriale con la citata fascia di età, può comprendere al meglio la problematica esposta e sentirsi meno solo; detto questo la tematica non è assolutamente noiosa bensì attuale, c’è chi ha demolito queste poche pagine forse a causa di un monologo che può annoiare, mentre io l’ho apprezzato per lo stile ironico, intelligente, per la disamina feroce e graffiante di un gap generazionale forse più profondo di quelli precedenti.
Alla fine, dopo una tirata critica e priva di speranza in merito alla generazione millenial qualcosa accade e si termina l’ultima pagina con il sorriso.
Lo consiglio? Non lo so in merito alla tematica (che io ho brillantemente e faticosamente superato da qualche anno), per quanto concerne la scrittura però è un sì pieno!
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2 Comments
Daniela
22 Dicembre 2023 at 9:03Serra mi piace come intellettuale..forse a volte un tantino radical chic(ma appena appena..molto meno di altri ) ma sempre colto educato e molto saggio…lo ascolto da Formigli dove spesso è ospite e approvo quasi tutto quello che esprime.il libro sembra attualissimo e maledettamente vero..
La tua presentazione come sempre puntuale sincera ed invoglia anche questa volta a leggerlo
Tatiana
23 Dicembre 2023 at 21:07Io non lo conoscevo granché perché non accendo mai la televisione ma la sua scrittura mi ha rapita, al di là del contenuto del libro che è comunque ineccepibile. L’ho un po’ banalizzato perché sono appena uscita da anni di lotta adolescenziale e quindi già ferrata in materia, ma che bello leggere una scrittura così bella, specie in un periodo in cui gli strafalcioni spadroneggiano, tra “h” inesistenti a corredo del verbo avere e congiuntivi assassinati ovunque.