Rieccoci qua, i due vagabondi curiosi, questa volta sulle tracce della storia, senza cagnoline e senza Chewbecca al seguito. Quest’anno partiamo da Milano, esigenza che ci costringe a pernottare una notte a Malpensa a causa della scarsità di collegamenti ferroviari con Trieste (e tra due Frecciarossa e due hotel a Malpensa… una mazzata economica 🤬😭🤬).
Partiamo per Il Cairo e, successivamente, dopo circa tre ore di sosta, abbiamo il volo per Aswan: già l’arrivo nella capitale mi regala una sensazione strana, circondata da una luce polverosa e anomala, una luce diversa da quella cui sono abituata… e il fascino per una terra inesplorata ha inizio!
Arriviamo alla sera ad Aswan dove un delegato dell’agenzia viaggi ci accoglie per accompagnarci al nostro hotel, sull’isola di Elefantina, una vera meraviglia affacciata sul Nilo, una costante che ci accompagnerà per i prossimi nove giorni.
La prima escursione è al Tempio di File, cui è dedicato questo post, visto che questa volta ho deciso di scindere il viaggio non per giornate ma per mete, un po’ a seguito delle complessità descrittive e anche perché sto redigendo i post “in differita”, avendo avuto molte difficoltà di connessione durante la permanenza in Egitto.
L’isola costituiva la frontiera meridionale del regno egizio, motivo per il quale i faraoni vi dislocarono una guarnigione militare, abitudine mantenuta anche dai Macedoni e dai Romani, ma l’isola rivestì una posizione di particolare rilevanza in quanto, essendo le cateratte spesso impraticabili, le merci viaggiavano via terra e, nel loro percorso verso sud, venivano sbarcate a File e reimbarcate ad Aswan (da noi conosciuta come Assuan) una volta superato il dislivello idrico, come del resto avveniva nel percorso inverso.
L’isola riveste una notevole importanza anche dal punto di vista religioso e culturale, in quanto ritenuta uno dei luoghi di sepoltura di Osiride, pertanto sacra sia agli egizi che ai nubiani, tant’è che il primo edificio sacro, del quale oramai rimangono poche tracce, risale al faraone nubiano Taharqa, denominato “l’inavvicinabile” in quanto era ritenuto sacrilego l’avvicinamento di chiunque non fosse un sacerdote. Nel corso dei secoli sorsero altri templi sull’isola, dedicati ad Horus e Hathor e affiancatisi a quello di Iside; ciò aumentò il flusso di pellegrinaggio a tal punto che venne richiesto l’intervento del sovrano Tolomeo VIII al fine di porre un freno alla situazione caotica creatasi, richiesta ancora incisa sull’Obelisco di File.
Nel VI secolo, per volere di Giustiniano I, i templi vennero chiusi e alcune strutture vennero utilizzate quali luogo di culto cristiano, almeno fino alla loro definitiva chiusura a seguito dell’invasione araba del VII secolo. Ad oggi, tra tante civiltà che hanno transitato su questa isola, ancora è visibile un’iscrizione celebrativa che così recita: «L’an 6 de la République, le 15 messidor,/ une armée française,/ commandée par Bonaparte,/ est descendue à Alexandrie./ L’armée ayant mis vingt jours après,/ les Mamelouks en fuite aux Pyramides,/ Desaix, commandant la première division,/ les a pousuivis au-delà des cataractes,/ où il est arrivé, le 13 ventôse de l’an 7./ Les généraux de brigade,/ Davoust, Friant et Belliard,/ Donzelot, chef de l’état-major,/ Latournerie, comm. des l’artillerie,/ Eppler, chef de la 21e légère,/ le 13 ventôse an 7 de la République,/ 3 mars, an de J.C. 1799./ Gravé par Castex sculpteur».
Questo è un breve e conciso excursus storico relativo al sito, assolutamente doveroso, ma come ben avete imparato a conoscermi, io ho annusato l’aria, ho ammirato la sabbia infinita ovunque, mi sono beata delle acque scintillanti del Nilo, mi sono persa dinanzi l’immensità dei palmeti, ho parlato con la gente cercando di conoscere e capire una cultura così diversa da quella europea, nonostante il popolo egiziano non si consideri propriamente africano… siete pronti per seguirmi in questo incredibile viaggio di emozioni?
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