Letture

“La vita di chi resta” di Matteo B.Bianchi

“Quando tornerai a casa non ci sarò più…” e pensi alla fine di un rapporto, ad una partenza, non che quello che è stato un amico, un amante ed un compagno si sia tolto la vita e che l’abbia fatto a casa del proprio compagno, facendo quindi partire la narrazione dalla fine e portando l’autore a procedere a ritroso, percorrendo molti passi indietro, tra cadute nell’abisso del dolore, pentimenti, frammenti di sopravvivenza.

E’ un libro doloroso, autobiografico, scritto con un coraggio che fa quasi paura per la lucidità con cui l’autore ha messo alla pubblica gogna non solo il proprio dolore ma anche la sua omosessualità; si parla non solo di lutto ma di suicidio, un grande tabù ancor oggi e che per chi vi sopravvive oscilla tra la mancanza di rispetto e una concatenazione di se e di ma.

Il gesto dell’ex compagno lascia il protagonista in uno stato di sensi di colpa per non aver voluto ascoltare quella che era forse una richiesta di aiuto, rinchiuso com’era nel proprio ego, lo lascia in una serie di dubbi: poteva salvarlo? Avrebbe potuto fermarlo? Esistono delle responsabilità a carico di chi è rimasto? Nessuno potrà mai fornirgli queste risposte, tuttavia non è possibile tornare indietro e la confusione fa da padrona ad alimentare il rimorso. E se vi sono delle colpe quale potrebbe essere il loro grado di gravità? In realtà è palese che di colpe non ce ne sono, nonostante sia una verità difficile da accettare, ma è ciò che un’uscita di scena così repentina instilla in coloro i quali hanno vissuto accanto al suicida, i quali si tormentano, si dilaniano l’anima in domande continue, in pensieri distruttivi, in un dolore immenso che non trova riposo.

Qui si comprende come la dipartita, il gesto estremo, abbia lasciato dietro di sè tanta distruzione ma nel contempo anche tanto amore, tant’è che il romanzo risulta essere quasi consolatorio nel dimostrare il dolore nella sua interezza, con una trasparenza che di romanzato non ha nulla e che aderisce perfettamente a quella che potrebbe essere la realtà di chiunque.

La vita di chi resta è questo, è il buio del dolore più profondo, del rimorso e dei sensi di colpa, ma anche la luce della ripartenza, del perdono verso se stessi, di quella luce di speranza che viene infusa ai sopravvissuti; è un romanzo difficilissimo da descrivere in quanto contiene capitoli che volano velocissimi grazie alla delicatezza di scrittura dell’autore (bravissimo!), mentre si soffre in quelli che scorrono a fatica, nella lentezza di un dolore infinito, di inutili sedute psicoterapiche, di incontri con il mondo esoterico dei medium. Alla fine il dolore se ne va solo se ci si passa attraverso, questo l’ho capito da me quando me lo sono trovato davanti, ed alla fine è ciò che ci insegna questa lettura, perchè se anche all’esterno si indossa una maschera dentro di sè si è lacerati, fino a che non viene elaborato il dolore che ci attanaglia, dolore che l’autore è riuscito a sublimare nella scrittura.

Nota di interesse: il romanzo è vincitore del Premio Stresa e del Premio Orbetello.

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