Malinverno è un romanzo strano, anomalo, breve ma intenso, ma è anche il nome del protagonista, Astolfo Malinverno, la voce narrante di un uomo che riveste la figura di bibliotecario e, ben presto, anche quella di guardiano del cimitero di Timpanara, piccolo centro nato dalla fantasia dell’autore in cui si conoscono tutti.
Astolfo, in conseguenza all’infortunio subito dal guardiano del cimitero locale, riceve l’incarico di sostituirlo, in affiancamento al preesistente lavoro alla biblioteca, mansione che lo colpisce con fastidio e preoccupazione, tant’è l’attaccamento alla biblioteca, ma che ben presto inizierà ad affascinarlo, soprattutto grazie alla foto affissa su una lapide anonima e che egli ribattezza con il nome di Emma, stante la somiglianza con Emma Bovary, immaginandola ed innamorandosene lentamente, al punto di procurarsi una copia dell’immagine che la raffigura.
Nel mentre nella sua vita appare una donna le cui sembianze sono quelle della sconosciuta defunta, ma avvolta dal mistero, da inquietanti silenzi, che lo avvicina e che sembra affezionarglisi, portando i sentimenti di Astolfo ad un livello purissimo, ma della quale nulla aggiungo per non incorrere nel pericolo di spoiler.
Astolfo Malinverno è un uomo sensibile, umile, assolutamente empatico, segnato dalla sensibilità e da problemi di salute, ma capace di sentimenti immensi, è un atipico bibliotecario che riesce a trovare un punto d’incontro tra i due incarichi assegnatili arrivando a dare una degna sepoltura ai volumi irrecuperabili in un angolo del camposanto, ma anche in grado prendersi cura di chi soffre e di regalare conforto disinteressato.
Ho faticato all’inizio della lettura di questo volume, lo ammetto, perchè lento, atipico, perchè non capivo dove volesse andare a parare, ma alla fine si tratta di una riflessione sul rapporto tra la vita e la morte, una riflessione che riesce a sublimare anche il momento più doloroso del trapasso; ammetto che la fatica che ho provato è dovuta anche al mio pessimo rapporto con la morte, al terrore che mi attanaglia ogni qualvolta un evento mi sfiora, alla repulsione pura che ho per i cimiteri e per tutto quanto vi abbia a che fare, ma è valsa la pena leggere la scrittura di Domenico Dara, una scrittura colta, ineccepibile, assolutamente perfetta, mai ridondante nonostante la cura di ogni termine, anche se ricercato. Un libro che è una piccola chicca, non perdetevelo.
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Ipasticciditerry
24 Gennaio 2025 at 15:26Mi hai fatto conoscere un nuovo libro. Non mi era mai capitato di “incontrarlo”. Grazie